VOCI ED ESPERIENZE DI UNA SCUOLA DADA. L’esempio dell’I.S.C. Nereto Sant’Omero Torano Nuovo: dallo spazio didattico alla personalizzazione del curricolo

di Laura D’Ambrosio, Dirigente Scolastico I.S.C. Nereto Sant’Omero Torano Nuovo

Le motivazioni di una scelta

L’evoluzione della società ha posto la scuola a fronteggiare nuove sfide educative le quali includono l’integrazione efficace delle tecnologie in classe, l’acquisizione, da parte degli studenti, di competenze del ventunesimo secolo come il pensiero critico e la risoluzione dei problemi, l’adattamento a stili di apprendimento diversificati e la promozione dell’equità nell’accesso all’istruzione.

Gli educatori, inoltre, devono affrontare il compito di predisporre un ambiente inclusivo per studenti provenienti da diversi contesti culturali e socioeconomici e trovare un equilibrio tra  tradizione e innovazione per garantire un apprendimento significativo volto al successo formativo di ciascuno studente.

Negli ultimi anni, molte scuole hanno introdotto l’uso, nella pratica didattica, di computer, tablet, lavagne, monitor interattivi e visori per la realtà aumentata; strumenti tecnologici finalizzati al miglioramento dell’esperienza di apprendimento. Gli studenti possono così accedere a risorse online, partecipare a lezioni virtuali e sviluppare competenze digitali.

Affascinata e contaminata dalle numerose esperienze di visiting  in diverse scuole europee dal 2005 ad oggi, ho trasmesso la passione per i contesti scolastici europei nella scuola che attualmente dirigo: l’Istituto Comprensivo Nereto Sant’Omero Torano Nuovo. Ho sentito la necessità di importare alcune best practices, ben conscia che l’introduzione delle nuove ITC non era bastante a questo scopo. La sintonia che si è creata con alcuni anime affini, individuate in seno al corpo docente, ha permesso di “importare” un esempio di innovazione, di matrice anglosassone, già sperimentato personalmente nel Vard Gymnasiet di Sundsta  a Karlstad, Svezia nel 1997, beneficiaria del progetto Socrates in qualità di assistente italiana all’estero.

Dal 2020, la scuola secondaria di Sant’Omero ha adottato, dunque, grazie alla forza propulsiva di un gruppo di docenti che ivi vi opera, il modello DADA. Esso rappresenta lo spirito di innovazione e miglioramento che anima i docenti motivati e attenti a recepire i bisogni del contesto e della realtà che vivono quotidianamente. Incuriositi dai fondamenti didattici e organizzativi che sottendono questa innovazione, hanno contattato gli ideatori del modello DADA in Italia: Lidia Cangemi e Ottavio Fattorini, entrambi dirigenti scolastici.

La stipula  dell’accordo di rete con le scuole capofila romane e altre realtà scolastiche nazionali, ha posto la scuola secondaria di Sant’Omero tra le prime realtà scolastiche in Abruzzo ad adottare il modello DADA. I docenti e la comunità educante entusiasti hanno proposto di applicare lo stesso modello nella scuola secondaria di Nereto (TE) e gli organi collegiali hanno avallato questa idea. La decisione adottata è quella di utilizzare i fondi del PNRR per l’acquisto di arredi innovativi e la realizzazione di aule laboratorio e per la formazione di docenti entusiasti e protagonisti del cambiamento da mettere in atto.

Il cambiamento nato da una prospettiva bottom up, promosso dai docenti e dalla comunità educante, è la strada da percorrere per il miglioramento delle condizioni lavorative, del benessere organizzativo, tenuto conto, debitamente, dei bisogni educativi degli alunni e dell’innovazione di un segmento scolastico quale quello della secondaria di primo grado, ancorato al passato,  quasi immutato nel tempo e ancor troppo legato, nella prassi didattica, ad una logica trasmissiva del sapere.

Si può affermare che benché il Ventesimo secolo sia stato attraversato da correnti pedagogiche e di pensiero generative di trasformazione di comunicazione e di relazione discente/docente, portando alla luce il tema dello spazio di apprendimento e della personalizzazione della didattica, la scuola italiana, secondo il nostro sentire, necessita di dinamicità e prontezza nell’accogliere e promuovere quella che per noi, situati alla periferia dell’Europa e dei maggiori centri italiani è innovazione e che  in altre realtà risulta essere un modello consolidato e testato.

La Scuola DADA

La Scuola improntata sul modello DADA, ispirata alle teorie costruttiviste,  introduce un nuovo paradigma educativo, in cui le tradizionali aule scolastiche vengono trasformate in laboratori dedicati o veri e propri atelier, assegnati a ciascun docente o due docenti appartenenti al medesimo dipartimento disciplinare.

Questo approccio permette agli insegnanti di personalizzare gli spazi e creare ambienti di apprendimento flessibili, stimolanti, adattati alle specifiche esigenze dei diversi argomenti e delle diverse attività che si andranno a proporre. Gli alunni, a loro volta, hanno l’opportunità di muoversi liberamente tra i vari laboratori, gestiscono in maniera autonoma e responsabile la loro giornata scolastica, scandita dal suono della campanella, sperimentano una didattica interattiva e coinvolgente la quale  favorisce l’apprendimento e la loro partecipazione attiva, privilegiando la didattica del fare, permettendo, in tal modo, di esplorare gli argomenti in modo pratico e creativo.

Nella scuola DADA ogni studente ha il proprio spazio dedicato per riporre gli ausili didattici e impara a gestire in modo autonomo gli strumenti di studio, sviluppando così competenze di organizzazione e responsabilità e di crescita personale.

Un ulteriore pilastro a fondamento del modello DADA è la valorizzazione del lavoro di gruppo e del peer tutoring che favorisce la costruzione della conoscenza a beneficio di pratiche riflessive.

Nel contesto internazionale europeo, il progetto ricalca il modello scandinavo. Sparisce l’aula concepita come spazio omologato e “in serie”, sempre uguale nel corso dell’anno e per tutte le materie, in cui l’alunno entra la mattina ed esce dopo le canoniche ore di lezione, ma si trasforma in un ambiente accogliente, in cui il movimento è libero e la tecnologia è indispensabile perché è in grado di offrire approcci diversificati al sapere: supporto nella realizzazione di lavori propri, di produzione di video o presentazioni multimediali, di utilizzo di dispositivi personali, di interazione in spazi virtuali.

Il progetto DADA rappresenta, nelle scuole italiane, una virtuosa fusione fra il modello di stampo nordico e quello italiano.

Si tratta, da un lato, di una concezione dello spazio scolastico elaborato attraverso la valorizzazione delle aule e di una nuova organizzazione logistica che risponda alla dinamicità e potenzialità delle TIC. Gli studenti si muovono fra le classi in base all’orario delle lezione e raggiungono i docenti nelle aule della materia: gli spazi vengono allestiti ed arredati secondo il gusto e il profilo professionale e culturale dell’insegnante e in base alla materia di insegnamento. Negli spostamenti tra le varie aule didattiche i ragazzi, fortemente responsabilizzati, si dimostrano via, via sempre più attivi e autonomi: sanno che ad ogni cambio dell’ora devono avvicinarsi in tempi brevi verso l’aula della lezione successiva. 

Questo approccio fluido e vitale del metodo viene percepito come uno stimolo, in linea con alcuni studi neuro-scientifici che dimostrano che la regola aurea per mantenere attiva la mente è stimolare il corpo al movimento, secondo il ben noto principio di mens sana in corpore sano. Il metodo di insegnamento e i contenuti di stampo tradizionalmente italiano, con una fondamentale apertura verso l’uso delle tecnologie.

In un’intervista Ottavio Fattorini, preside del Liceo Labriola e Guido Benvenuto, docente di Pedagogia Generale presso l’Università Sapienza nonché esperto incaricato del monitoraggio del progetto, sostengono che il modello DADA si fonda su tre pilastri: “responsabilizzazione, identità e continuità “. I primi effetti della sperimentazione, nelle scuole italiane, rilevano, infatti, una maggiore attenzione e cura da parte dei docenti nella gestione e nella personalizzazione dell’aula non solo da un punto di vista estetico (più cartelloni, poster e colore) ma anche nella creazione di un rapporto di continuità fra lezioni e programma scolastico.

Il nuovo modello DADA rispecchia, inoltre, perfettamente il concetto indicato di “competenze chiave” dalla Commissione Europea che promuove una visione attiva del processo di apprendimento ed esalta il modello di aula intesa come laboratorio polivalente in cui gli studenti, attraverso l’uso della tecnologia e i lavori di gruppo, possono esprimere al meglio le proprie capacità in un ambiente accogliente e costituito da un’identità forte e percepibile.


Lo sostengono numerose ricerche universitarie: innovare il setting organizzativo delle classi aiuta gli studenti a collaborare e ad apprendere meglio, come affermava il pedagogista Loris Malaguzzi: “ lo spazio didattico è come un terzo insegnante”.

Quando si parla di didattica “innovativa”, si fa riferimento solo ai nuovi e alternativi metodi di insegnamento, trascurando quanto sia fondamentale, per l’apprendimento dei ragazzi, una giusta e meditata organizzazione delle classi. 
Secondo una ricerca inglese fatta dall’Università di Salford (Manchester), il rendimento degli alunni migliora se l’aula in cui studiano è bella, vivibile e colorata. Le aule ben progettate, afferma la ricerca, possono aumentare l’apprendimento negli alunni fino al 16% in un solo anno. Tutti indizi che fanno riflettere su come il giusto setting organizzativo dello spazio e l’arredamento possano aiutare gli studenti ad apprendere meglio e con più coinvolgimento. E quindi: spazi aperti, arredi flessibili, classi colorate, banchi con le ruote, schermi interattivi e sedie scorrevoli diventano gli elementi di una nuova idea di classe, che abbandona lo spazio e il setting tradizionale e favorisce un coinvolgimento da parte degli studenti, non più semplici uditori ma protagonisti attivi delle lezioni in aula. Le teorie pedagogiche di Célestin Freine supportano la predisposizione di questi spazi: banchi disposti a isole per il lavoro di gruppo e  condivisione del materiale didattico: penne, matite, colori, gomme, pennarelli.

L’efficacia di tale modello risiede nel fatto che gli studenti hanno la possibilità di lavorare in gruppo e non singolarmente e di poter sfruttare spazi liberi. All’interno della scuola migliora la socialità e si apprezzano le diversità di ognuno. Il fatto di condividere il materiale scolastico permette ai ragazzi di avvicinarsi ai concetti di condivisione e di convivenza.

Dalla metodologia per ambienti didattici di apprendimento alla personalizzazione del curricolo

La metodologia per ambienti didattici di apprendimento promuove l’utilizzo di strategie e approcci utilizzati nell’ambito dell’istruzione per favorire l’apprendimento degli studenti. Questi metodi includono l’uso di tecnologie educative, la personalizzazione dell’apprendimento, l’inclusione di diverse risorse multimediali e il coinvolgimento attivo degli studenti nel processo di insegnamento e apprendimento.

L’obiettivo è creare un ambiente stimolante e adatto alle diverse esigenze degli studenti per favorire il loro successo formativo.

L’evoluzione delle tecnologie digitali ha aperto nuove opportunità nell’ambito dell’istruzione, consentendo l’implementazione di metodologie didattiche innovative per ambienti di apprendimento.

Il ruolo dei docenti diventa sempre più determinante nella costruzione di tali spazi in quanto, in questo nuovo assetto lavorativo, il docente ha la possibilità di influenzare lo spazio educativo apportando modifiche all’aula laboratorio e miglioramenti alla pratica didattica oltre che sperimentare metodologie innovative anche tramite l’utilizzo di tecnologie che permeano e influenzano la vita della maggior parte degli studenti. Il docente diviene il costruttore di un ambiente di apprendimento pensato per orientare gli studenti verso l’apprendimento attivo (Wilson 1996). Sebbene l’allievo sia al centro del processo di apprendimento/insegnamento, la collaborazione tra pari, la comunità di pratiche docenti/alunni e professionali sono concepite come dinamiche relazionali in quanto alla base dell’apprendimento stesso.

Questo modello evidenzia la crescente importanza di adottare una visione del processo di insegnamento centrata maggiormente sul soggetto che apprende, facilitando gli studenti nel processo di apprendimento, preferibilmente significativo e costruzione del proprio sapere, ponendosi nel ruolo di insegnante “facilitatore” secondo la definizione di Carl Rogers. La prassi educativa si focalizza sul coinvolgimento attivo degli studenti per ottimizzare il loro processo di apprendimento.

Nella pratica didattica, il docente mette in atto una serie di azioni che sono condizionate da fattori pedagogici, relazionali e organizzativi in uno spazio pensato e agito come elemento esso stesso funzionale all’apprendimento.

Altro riferimento pedagogico e filosofico fondamentale al metodo DADA è quello di J. Dewey, padre dell’attivismo pedagogico. Quella che lui ipotizza nei suoi scritti, è una scuola aperta alla sperimentazione, ai laboratori, all’apprendimento attraverso il fare con attività pratiche in grado di suscitare il desiderio di conoscenza nel soggetto e stimolare una forma di pensiero riflessivo antidoto al conformismo.

La scuola dovrebbe promuovere la conoscenza del mondo e di sé stessi in relazione al proprio vissuto e nell’interazione con il gruppo dei pari e degli educatori. L’apprendimento personalizzato, quale successivo passaggio che si intende promuovere nella scuola, è inteso a valorizzare il potenziale cognitivo di chi apprende, la sua biografia, l’intelligenza, la sensibilità e le competenze cognitive e metacognitive che caratterizzano ciascun individuo in quanto persona, al fine di raggiungere una forma di eccellenza cognitiva, sviluppando tutte le proprie attitudini, capacità e talenti. I risultati e gli obiettivi di apprendimento saranno quindi diversi per ciascuno studente e non sarà possibile stabilirli dall’inizio dell’apprendimento. Non è tanto la tipologia di competenze da acquisire ad influire sui risultati ma il diverso grado di abilità nell’utilizzo di queste stesse competenze.

Nella scuola svedese in cui ero assistente di lingua italiana,  gli studenti del  Gymnasiet sottoscrivono un piano di studio contenente le nozioni e gli obiettivi da apprendere; ciascuno è libero di organizzare la propria settimana scolastica, frequentando i laboratori che offrono livelli differenziati di complessità rispetto agli obiettivi didattici ed educativi da raggiungere. In definitiva, gli studenti non hanno classi e la destrutturazione di queste permette di sviluppare, in tempi e modalità personalizzati, le proprie potenzialità e coltivare i propri interessi e le proprie inclinazioni. Inoltre, favorita in molte scuole europee è l’introduzione di una metodologia per progetti che sfocia in un apprendimento per scoperta in maniera collettiva, privilegiando il lavoro di gruppo o applicando scientemente la metodologia del cooperative learning per attività didattiche aderenti e applicabili maggiormente alla vita reale (compiti autentici e compiti di realtà). In una dimensione collaborativa di progettazione e discussione, si sviluppa non solo la creatività del singolo individuo ma quella dell’intero gruppo come sostengono molti esponenti dell’attivismo pedagogico. Da qui l’esigenza di utilizzare lo spazio fisico interno e/o esterno alla scuola, come spazio apprenditivo flessibile appunto perché via, via rispondente alla discussione, alla ricerca guidata e autonoma degli oggetti di conoscenza (learning objects). 

Il clima della classe

Nel progettare l’ambiente di apprendimento, il docente deve assemblare diversi elementi: l’organizzazione degli spazi interni e/o esterni per favorire le interazioni tra gli studenti e le attività collaborative e di socializzazione, il clima di classe che facilita, senza dubbio, l’esperienza apprenditiva ed inoltre, la metodologia, gli strumenti e i tempi che si andranno ad adottare.

Un clima di classe e non solo di classe favorisce la crescita cognitiva ed emotiva se si stimola alla discussione dei propri punti di vista (focus group), la definizione e la condivisione di regole di convivenza civile e di procedure per risolvere i conflitti. Il clima che si instaura in classe va ad influire sugli aspetti motivazionali di tutti gli attori coinvolti.

L’apprendimento cooperativo risulta più efficace perché permette a ciascun individuo, di apportare un contributo specifico e originale alla costruzione del sapere.

La variabile docente

L’insegnamento e l’apprendimento sono due processi che si influenzano reciprocamente e sono condizionati dal clima relazionale che si instaura tra docenti e alunni. Questa relazione rappresenta una delle variabili che condiziona e determina, in maniera rilevante, la motivazione e la soddisfazione professionale oltre al successo formativo dell’alunno.

Una delle priorità degli Stati Membri dell’Unione Europea è quella di creare profili docenti altamente professionalizzati e di conseguenza di valorizzare il docente ed intenderlo come risorsa significativa per la scuola. Si dovrebbe porre l’attenzione sulle condizioni lavorative adeguate quali: realizzazione delle aspettative, autonomia decisionale e professionale, benessere organizzativo. Spesso invece, il docente, in special modo nei primi anni di insegnamento, si trova ad affrontare varie criticità: gestione della classe, relazione con i colleghi, sovraccarico lavorativo, assilli burocratici e temporali, stipendi inadeguati rispetto ai costi della vita.

Una delle sfide della scuola attuale è dunque quella di garantire un livello di benessere e di soddisfazione professionale affinché il proprio operato possa contribuire ed influire efficacemente all’evoluzione della società.  I fattori legati all’organizzazione del tempo scuola e degli spazi, il supporto delle famiglie e della dirigenza, contribuiscono ad aumentare la soddisfazione professionale dei docenti, il loro impegno lavorativo e ciò il senso di autoefficacia che secondo Berman P. è “la misura in cui l’insegnante crede di avere la capacità di influire sulle prestazioni degli allievi”. Un’alta percezione di autoefficacia è alla base della creazione di ambienti di insegnamento e apprendimento efficaci (OECD 2009).

Il docente facilitatore tiene conto degli stili cognitivi, delle caratteristiche soggettive e motivazionali ed in questo utilizza lo strumento dell’osservazione empirica e dell’empatia cognitiva. Solo tenendo conto di questi aspetti, il docente può gestire il processo di apprendimento appunto perché individua i bisogni, attiva le potenzialità di ogni alunno, accresce le competenze emotive, sociali, cognitive, scolastiche, stimola gli studenti ad innovare, pensare e riflettere.

Una didattica efficace osservabile e misurabile tramite l’uso di indicatori qualitativi e che registri una maggiore motivazione o miglioramento dei risultati di apprendimento degli studenti o implementi strategie di lavoro valide e incrementi la percezione di efficacia da parte dei docenti stessi.

Tra le pratiche didattiche che coinvolgono maggiormente l’attivazione cognitiva vi sono tutte quelle attività che necessitano la mobilitazione dei processi mentali quali: valutare, integrare, applicare conoscenze anche la capacità di integrare le Tic nei processi di apprendimento/insegnamento.

Queste pratiche, dagli studi emersi, contribuiscono a motivare e stimolare gli studenti e li incoraggiano a trovare soluzioni creative e alternative per la risoluzione dei problemi.

La nostra esperienza DADA

Il presente contributo nasce all’interno di un percorso di sperimentazione e di monitoraggio del modello DADA, applicata e in via di applicazione in due scuole secondarie dell’I.S.C. Nereto Sant’Omero (TE); un modello che ha il suo perno sullo spazio didattico quale setting educativo, ambiente di apprendimento flessibile supportato dalle tecnologie innovative che assumono nei tempi correnti, sempre più un ruolo chiave. 

Il modello DADA trae origine nell’ambito del paradigma socio-costruttivista e attivista con particolare attenzione agli studiosi che nel novecento hanno teorizzato modelli basati su un ripensamento complessivo degli spazi scolastici.

Si vogliono porre in evidenza, alcune considerazioni concernenti  il ruolo dei docenti nella costruzione dell’ambiente di apprendimento, fornendo esempi di best practice nella valorizzazione di contesti innovativi e di implementare tale modello con una maggiore applicazione dell’autonomia didattica, estendendo la proprietà flessibile del curricolo con  gli stili di apprendimento, tracciando percorsi di apprendimento personalizzati che rispondano in maniera sempre più  aderente e puntuale ai bisogni cognitivi, relazionali e di crescita di ciascun alunno.

Di seguito, intendo raccogliere alcune testimonianze pervenute da parte dei docenti e degli alunni e due esperienze significative.

Voci dalla scuola: il punto di vista dei docenti

Dall’anno in cui la scuola secondaria di primo grado di Sant’Omero ha aderito alla Rete Nazionale di Scuole DADA sottoscrivendo il “Manifesto delle scuole Modello DADA”, redatto e promosso dai licei “A. Labriola” di Ostia e “J.F. Kennedy” di Roma, all’interno del plesso, le aule sono state   ideate e realizzate per ciascuna disciplina e non sono, dunque, assegnate alle classi, bensì ad uno o più docenti. Ogni aula è divenuta laboratorio in cui risulta stimolante applicare metodologie didattiche innovative e specifiche. Gli alunni, in tempi rapidi, si recano da un’aula all’altra al suono della campanella che scandisce il cambio di lezione; gli spostamenti degli studenti sono funzionali al processo di insegnamento-apprendimento e alla concentrazione, come testimoniato da accreditati studi neuro scientifici che ci indicano come il miglior modo per attivare le capacità cognitive sia quello di mantenere in movimento, anche leggero, il corpo.

L’ arricchimento e la personalizzazione degli spazi comuni e la caratterizzazione di spazi tematici, artisticamente decorati e funzionalmente allestiti, sono stati obiettivi al cui perseguimento hanno contribuito numerosi stakeholder: l’Amministrazione Comunale di Sant’Omero, La Proloco, privati cittadini, imprese locali e, non ultimi, i genitori.

I ragazzi hanno accolto con entusiasmo l’iniziativa e hanno dimostrato in questi anni di essere responsabili ed autonomi nella gestione dei flussi di movimento oltre a praticare, de facto, il civismo, collaborando alla manutenzione ed al ripristino del decoro degli spazi.

Nel contempo, tra noi docenti, si sono create le condizioni tese a valorizzare le professionalità attraverso la possibilità di autonoma personalizzazione delle aule intese come “spazi emozionali”, sempre più funzionali e adattabili alla disciplina e ai propri stili di insegnamento/apprendimento.

Così, ad esempio, si entra nel laboratorio di italiano come si varcasse la soglia di un luogo sacro, accolti dall’invito socratico “Conosci te stesso”. L’obiettivo che, in questo caso, si vuole raggiungere è alto: è quello di far trovare a ciascun alunno la felicità, non quella promessa a buon mercato, bensì l’eudaimonia, quella di cui parla Aristotele nel primo libro dell’Etica cioè la “buona riuscita del tuo demone”, della tua virtù, della tua capacità. La filosofia viene utilizzata nella scuola DADA per aiutare i ragazzi a realizzare sé stessi e a raggiungere la propria felicità: il primo passo per fare ciò è proprio la conoscenza di se stessi. Ed ecco allora che l’ invito scritto sulla porta del laboratorio diventa chiaro: si entra per tirar fuori il meglio di sé in un’azione maieutica favorita da letture appositamente selezionate, film, canzoni, riflessioni, dibattiti.

La scuola DADA è motivante e stimolante: i ragazzi vengono  volentieri e ogni giorno all’ingresso sono accolti dal meraviglioso murale che hanno loro stessi realizzato dipingendo il mondo di “Alice nel paese delle meraviglie” ed incorniciando l’opera con la frase “è impossibile se solo pensi che lo sia”!

Anche il laboratorio di matematica è pensato innanzitutto come luogo in cui docente e studenti possano relazionarsi in modo positivo e gioioso in un clima di fiducia, rispetto reciproco e confronto costruttivo.

I banchi sono disposti, abitualmente, ad isole per facilitare il cooperative learning, in modo tale che gli studenti possano aiutarsi reciprocamente e sentirsi corresponsabili degli apprendimenti, seguendo un percorso matematico teso a stimolare motivazione ad apprendere, curiosità ed interesse.

Fonte d’ispirazione dei docenti è Emma Castelnuovo, un’insegnante e una matematica che ha contribuito in maniera significativa alla didattica della matematica, rivoluzionando il modo di insegnare questa disciplina; gli alunni sono quindi indirizzati verso una matematica attiva che nasce dalla realtà e che viaggia per scoperte e per riflessioni.

Il vero protagonista è, dunque, il singolo alunno, che costruisce le proprie conoscenze insieme agli altri in maniera attiva e dinamica e che sviluppa l’amore per la ricerca, il gusto di apprendere e di mettersi alla prova, di formulare ipotesi ed eventualmente di analizzare l’errore, inteso come punto di partenza per un nuovo confronto e una nuova sperimentazione. Il lavoro è indirizzato verso un clima cooperativo, dove vengono accolte le idee e le ipotesi di ciascuno, superando blocchi mentali ed ostacoli e permettendo agli alunni di esprimersi senza la paura di sbagliare.(testimonianza delle professoresse M. Quaglia e F. Marziale).

Emma Castelnuovo suggeriva una didattica in grado di rispettare i tempi dell’alunno; “Lasciate ai ragazzi il tempo di perdere tempo” sosteneva, al fine di garantire loro l’opportunità di costruire soluzioni autonomamente. Questa frase ha fortemente colpito i nostri docenti, spingendoli a mettere alla prova gli alunni per sviluppare l’osservazione, l’intuizione, il senso critico, ma offrendo loro tutto il tempo per riflettere, per ipotizzare e per costruire conoscenze. Conoscenze che vengono costruite attraverso attività pratiche, di manipolazione di materiali semplici e di riciclo, come cannucce, carta, elastici, spaghi; anche la tecnica dell’origami nello studio della geometria è ampiamente utilizzata, perché facilita la creazione di dinamiche educative inclusive, come ad esempio il Learning by doing e il Visual thinking ed inoltre favorisce un approccio all’argomentazione e il successivo passaggio alla dimostrazione. Vengono progettate inoltre delle attività laboratoriali che abbinano la piegatura della carta all’uso di software di matematica dinamica come GeoGebra o il sito internet Mathigon.

Monitoraggio dell’esperienza DADA: questionario somministrato

In seno al collegio è stato ideato un questionario, somministrato al volgere dei primi tre anni di sperimentazione del modello DADA, ai principali attori del cambiamento messo in atto: docenti e alunni.

Questionario docenti.

Cosa ha apportato di nuovo nella didattica?:

– Maggiori attività laboratoriali;

– Didattica orientativa;

– Utilizzo diversificato di più strategie didattiche: circle time, problem solving;

-Organizzo in maniera più efficace le lezioni.

Su cosa interverresti per migliorare la Scuola DADA?

-La gestione degli armadietti e gli spostamenti da un laboratorio all’altro;

– Incrementare l’allestimento e l’arredo dei laboratori;

– Maggior condivisione e rispetto delle regole nella gestione degli armadietti e durante gli spostamenti.

Questionario studenti:

Consiglieresti la Scuola DADA ad un amico?

– Sì perché sul corridoio possono incontrare amici durante il cambio laboratorio e scambiare due chiacchiere per quel breve tempo che si ha a disposizione;

-Sì, la consiglierei per dare agli alunni una possibilità di imparare a responsabilizzarsi;

– I laboratori così belli e arredati permettono di appassionarti alla materia

– Sì perché ci sono più pause e mi permette di riposare la mente dopo le lezioni;

– Sì perché non restiamo immobili per 5 ore consecutive;

-é un modello che permette un metodo apprenditivo più divertente, stimolante e dinamico;

– la scuola DADA mi permette di ritrovare la concentrazione;

– La nostra scuola ha aule colorate e personalizzate, classi che si trasformano in attivi e stimolanti laboratori e studenti sempre in movimento fra una classe e l’altra. Somiglia ad una scuola americana, una vera e propria scuola alternativa.

In definitiva, analizzando i dati emersi dal monitoraggio si può affermare che l’atteggiamento degli studenti nei confronti dell’apprendimento di gruppo migliora con il comfort e la facilità fisica di comunicazione all’interno del gruppo e i docenti per quanto soddisfatti della scelta adottata, devono ancora lavorare per superare alcune criticità riscontrate e in special modo, approdare alla didattica personalizzata che “si sostanzia attraverso l’impiego di una varietà di metodologie e strategie didattiche, tali da promuovere le potenzialità e il successo formativo in ogni alunno” (La didattica personalizzata  nelle Linee Guida della Legge 170 allegate al DM 12 luglio 2011).

Didattica Innovativa e nuovi spazi didattici: esempi

La guerra delle campane: fare Cinema a Scuola ispirandosi a Gianni Rodari

Un’esperienza di apprendimento, portata a compimento nel laboratorio di cinema, è stata quella proposta del Prof. Ursini Casalena volta a promuovere “una cittadinanza digitale intesa quale capacità di un individuo di avvalersi consapevolmente e responsabilmente dei mezzi di comunicazione virtuali” (cfr. Legge 20 agosto 2019, n.92, art,.5)

L’importanza dell’alfabetizzazione al linguaggio audiovisivo è riconosciuta e promossa a livello nazionale ed europeo mediante investimenti in formazione, eventi e bandi. Il Piano Nazionale Cinema e Immagini per la scuola prevede una serie di iniziative per introdurre il linguaggio cinematografico e audiovisivo nelle scuole, come strumento educativo in grado di facilitare l’apprendimento ed essere utilizzato trasversalmente nei percorsi curriculari.

É proprio dalla formazione come “Operatori di Educazione visiva a scuola” ricevuta da esperti del settore, nell’ambito del Piano Nazionale CiPS, che è nata l’idea di sviluppare negli ultimi due anni le seguenti proposte rivolte alla scuola secondaria dell’Istituto Comprensivo di Nereto-Sant’Omero:

Progetto My Movies

  • Attività di laboratorio a scuola e realizzazione del trailer “Affetti speciali”
  • Visita guidata al Nuovo Cinema Piceno di Ascoli Piceno
  • Visione del film “Gagarine – Proteggi ciò che ami” presso il Nuovo Cinema Piceno di Ascoli Piceno

Progetto Abruzzo in Fabula

  • Attività di laboratorio a scuola, nell’ambito della Rete Faro Abruzzo per la realizzazione di brevi video legati a leggende e storie fantastiche della nostra tradizione locale

Progetto Cinema di Animazione

  • Attività di laboratorio a scuola e realizzazione di un cortometraggio in stop motion ispirato al racconto di Gianni Rodari “La guerra delle campane”
  • Visita e laboratori didattici a Cinecittà (Roma)

Progetto Extracinema

  • Esercizi video e realizzazione di un cortometraggio finale dal titolo “Pari o dispari”
  • Matinée al cinema (visione e analisi di film)
  • Formazione docenti sulla didattica dell’audiovisivo

Il “Cinema di animazione” ha interessato e coinvolto in maniera  trasversale gli alunni della nostra scuola secondaria di primo grado. Il prodotto finale realizzato è stato proiettato a scuola  e l’aula e l’ingresso si sono trasformati in una vera sala proiezione aperta al pubblico con tanto di biglietteria. Il cortometraggio ha ricevuto il premio Gianni Ciak della XIV Edizione del Concorso Gianni Rodari. “Non lasciare la tua creatività in vacanza, partecipa al nuovo progetto My Movies” è stato il claim dello spot promozionale realizzato per stimolare la curiosità degli alunni e informare della proposta didattica che si sarebbe avviata nei primi mesi di scuola, appena rientrati dalle vacanze estive. Il progetto ha inteso  dare agli studenti la possibilità di poter approfondire e imparare a studiare il cinema come linguaggio, come un processo stimolante e creativo che si costruisce in maniera collaborativa.

Alcuni screenshot dello spot promozionale del progetto

Il gruppo di alunni iscritti al progetto ha potuto scoprire i segreti del Cinema di animazione e realizzare un cortometraggio facendo uso di una particolare tecnica di animazione chiamata stop-motion [Barry JC Purves (2015), Animazione Stop Motion, Logos Edizioni, Modena.].  Questa tecnica, risalente agli albori del cinema, aiuta a capire il mistero dei fotogrammi che, in sequenza, creano l’illusione del movimento. Si presta bene nell’uso scolastico in quanto il processo creativo è semplice e controllabile, i tempi di lavorazione sono gestibili in modo flessibile e gli strumenti necessari sono accessibili a tutti.

Il racconto per immagini è stato possibile dalla combinazione di attività pratiche e il ricorso a tools, piattaforme digitali e device personali (BYOD) che hanno reso più agevole e soprattutto più coinvolgente il percorso dei giovani filmakers.

La creazione del filmato in stop-motion ha consentito una serie di vantaggi in ambito pedagogico:

  • comprendere meglio aspetti tecnici e processi di produzione del cinema vivendoli in prima persona;
  • attivare competenze in diversi ambiti disciplinari come arte (creazione personaggi e scenografie), musica (sonorizzazione e musiche), italiano (saper raccontare) e uso di strumenti digitali;
  • sviluppare competenze trasversali come la collaborazione, la comunicazione e il pensiero creativo;
  • attivare e far emergere risorse personali e di gruppo che in un contesto standard e poco motivante rimarrebbero nascoste;
  • valorizzare le potenzialità delle tecnologie e il loro uso consapevole ed efficace.

Il percorso è stato arricchito da un viaggio d’istruzione a Cinecittà (Roma) con lo scopo di sperimentare i mestieri del cinema e vedere dal vivo come nasce un film.

Il primo giorno è stato fondamentale per anticipare il lavoro da svolgere e soprattutto per avviare un processo di team building, essenziale per creare un gruppo di lavoro formato da persone collaborative e unite dalla fiducia di raggiungere un obiettivo comune.

La fase di conoscenza e presentazione individuale ha avuto inizio con la consegna del proprio nome, un esercizio rompighiaccio preso in prestito dal teatro [Beneventi P., Conati D. (2010), Nuova guida di animazione teatrale, Edizioni Sonda, Casale Monferrato.] per aiutare i partecipanti a sentirsi a proprio agio, ed è continuata con un lavoro a coppie, formate dal docente con alunne e alunni che non si conoscevano. Il compito è stato di intervistarsi reciprocamente, utilizzando come stimolo alcune domande: Quanto ne sai del cinema di animazione? Qual è il tuo cartone preferito? Ti piace disegnare? Gli alunni hanno occupato tutto il piano terra della scuola, cercando il luogo migliore per creare l’intimità necessaria e cogliere quelle informazioni e sensazioni che sarebbero servite più tardi non per presentare se stessi, ma il compagno o la compagna intervistata. Solo, in seguito, si è passati a parlare di Cinema di animazione e delle sue caratteristiche che lo rendono affascinante ai bambini e agli adulti. Un secondo lavoro in piccolo gruppo ha riguardato un’attività di Webquest su alcuni personaggi e parole chiave che sarebbero state utili nel proseguimento del corso. I gruppi hanno prodotto una breve presentazione su storyboard, cinema di animazione, silouhette, stop-motion, pixilation, claymation e Gianni Rodari. Dopo una pausa abbiamo visto insieme gli strumenti da utilizzare (smartphone, tablet, treppiedi e supporti vari, piano luminoso, luci led RGB, microfono a condensatore USB, plastilina e cartone) e filmato insieme qualche secondo di animazione in stop-motion.

Al successivo incontro sono state discusse assieme le ricerche svolte, ampliandole con la visione di filmati [Alcuni dei video mostrati sono tratti dal portale www.mediatecatoscana.it e dal ricco programma di educazione all’immagine e al linguaggio audiovisivo denominato Lanterne Magiche] e la proiezione di una serie di slide sulla storia del cinema di animazione [ Giurlando D. (2017), Fantasmagoria. Un secolo (e oltre) di cinema d’animazione, Marsilio Editori, Venezia].

Le attività laboratoriali sono state precedute da una dimostrazione sull’utilizzo della versione gratuita dell’applicazione scelta per creare le animazioni: Stop Motion Studio (https://play.google.com/store/apps/details?id=com.cateater.stopmotionstudio&hl=it&gl=US&pli=1. La funzione più utile del programma consiste nel farci vedere l’immagine precedentemente scattata per controllare il posizionamento di oggetti e personaggi nella nostra scena e ottenere così maggior realismo dell’animazione.

A ciascuno è stato chiesto di portare il proprio device, con pre-caricato l’app Stop Motion Studio, e un giocattolo preferito da utilizzare come protagonista nell’animazione. Prima di girare le scene ognuno ha presentato agli altri questo oggetto, descrivendone caratteristiche e particolarità, oltre ai motivi che lo hanno reso il preferito. Con la massima libertà creativa, dopo aver ideato una semplice sceneggiatura, realizzato i personaggi con la plastilina e allestito la scena, sono iniziate le riprese dei primi video in stop-motion. È stato interessante osservare le capacità di problem solving messe in atto per gestire situazioni complesse come ad esempio l’animazione di oggetti o personaggi di plastilina che si deformano o per realizzare “effetti speciali” come il volo o le esplosioni.

Coerente alla metodologia BYOD, tramite una piattaforma di apprendimento basata sul gioco Kahoot [https://kahoot.com/], estremamente interessante e coinvolgente, è stato misurato lo stato di avanzamento del percorso di apprendimento. La verifica è stata somministrata sia a metà che a fine corso tramite un quiz interattivo composto da 28 domande sugli argomenti trattati. I report restituiti dalla piattaforma  hanno evidenziato in sintesi una media del 70% di risposte corrette e, in particolare, cinque alunni si sono distinti conseguendo una percentuale superiore al 90%.

Con l’introduzione della figura di Gianni Rodari è stato presentato il lavoro finale basato sul suo racconto dal titolo “La guerra delle campane”. La scelta è stata influenzata dalla necessità di riflettere sui recenti avvenimenti legati al conflitto tra Ucraina e Russia e la speranza di sensibilizzare le coscienze di tutti.

Il testo è tratto da un’edizione illustrata [Rodari G., illustrato da Pef (2011), La guerra delle campane, Edizioni EL, Trieste] del racconto che ha rappresentato un vero e proprio storyboard da seguire per raggiungere l’obiettivo di realizzare un cortometraggio animato de “La guerra delle campane”. Tutto il materiale e le varie presentazioni sul cinema di animazione sono state condivise con gli alunni tramite una Google classroom dedicata.

Stabiliti e comunicati in modo chiaro gli obiettivi da raggiungere, le attività da implementare e i tempi di svolgimento, sono state fornite le spiegazioni richieste e i materiali necessari, inoltre sono stati assegnati ruoli e compiti per ciascuno in base alle attitudini dimostrate. Questa impostazione è stata necessaria per strutturare forme di interdipendenza positiva tra gli alunni e avviare concretamente un’efficace progetto cooperativo fondato sulla metodologia del learning by doing.

Mentre si è iniziato a lavorare sulle scenografie e la costruzione dei personaggi con la plastilina, la registrazione di tutte le tracce audio (voce narrante e dialoghi) ha permesso di valutare la durata delle varie scene. Nel frattempo ci si è occupati delle grafiche, delle luci, delle locandine, delle riprese per il backstage e di quanto fosse necessario per portare avanti le attività con un dialogo costante tra i gli alunni. Alcuni di loro si sono occupati della colonna sonora scegliendo i suoni e le musiche più adatte alle varie scene e registrando dal vivo con chitarra e tastiera un tema musicale originale utilizzato per i titoli di coda.

L’emozione e il tipico suono del ciak ha dato avvio alle riprese. Ognuno ha potuto sperimentare vari mestieri del cinema e tra questi quello del regista in quanto, per ottimizzare i tempi, abbiamo deciso di registrare contemporaneamente più scene. Questo ha comportato la necessità di occupare differenti spazi della scuola, in maniera flessibile, adattandoli alle necessità dettate dallo storyboard e alla creatività dei giovani registi nel mettere in scena la storia. I ragazzi hanno imparato che animare e registrare le scene non è affatto così scontato come può sembrare. È importante, ad esempio, scegliere la migliore inquadratura, l’uso della luce, il giusto equilibrio tra luci e ombre, i vari piani e campi di ripresa. Inoltre per animare una scena di qualche minuto in stop-motion sono necessari moltissimi fotogrammi!

Dopo un primo momento di sconforto, l’incoraggiamento fornito dai docenti e l’entusiasmo nel vedere i risultati raggiunti di volta in volta hanno fatto da stimolo per riuscire a completare le riprese nei tempi previsti. Man mano che i video digitali venivano esportati su un computer è stato fatto il montaggio con la versione gratuita del software di video editing Hitfilm[ https://fxhome.com/product/hitfilm ]. La scelta di utilizzare questo programma è dovuta al desiderio di avvicinare gli alunni a strumenti semi-professionali. Attraverso il software si è avviata la realizzazione del cortometraggio finale montando le scene in sequenza, effettuando tagli dove necessario per dare ritmo e continuità alla storia, aggiungendo le musiche e il sonoro per enfatizzare la narrazione ed equalizzare i volumi.

Infine sono stati inseriti i titoli iniziali e di coda, facendo attenzione a non dimenticare nessuno! In alcune parti dell’animazione è stato deciso di inserire degli effetti speciali intervenendo sui video registrati mediante l’uso di un tablet e l’applicazione Flipaclip [https://play.google.com/store/apps/details?id=com.vblast.flipaclip&hl=it&gl=US].


Momenti di registrazione di scene in contemporanea Dopo un primo momento di sconforto,

Un prodotto cinematografico ha senso in relazione al suo pubblico e ad un momento di presentazione. Così durante il montaggio del corto, mentre alcuni si sono occupati di scrivere una recensione, altri hanno creato una serie di locandine grafiche. Agli alunni è stato chiesto di immaginarsi nei panni del pubblico e di guardare il proprio lavoro “dall’esterno”.

Per l’anteprima abbiamo allestito una vera sala cinema, con biglietteria e pop corn. Abbiamo ripercorso e riflettuto sulle attività proposte e redatto un book del progetto da mostrare al pubblico che, prima di entrare in sala, ha attraversato una piccola esposizione di materiali, oggetti, disegni e scenografie realizzate per fare le riprese.

Il corto è stato presentato ad alcuni concorsi e festival dedicati al cinema nelle scuole, Premio Gianni Ciak e Sottodiciotto Film Festival, ottenendo un importante riconoscimento che ha valorizzato ancora di più tutto il lavoro svolto.

Tramite una rubrica di autovalutazione è stato chiesto ai partecipanti di esprimere un’opinione sul progetto e rispondere ad un breve sondaggio anonimo, realizzato tramite Google Moduli, per raccogliere unitariamente idee e suggerimenti. Le risposte ricevute hanno confermato le finalità del progetto, cioè di accrescere le conoscenze e la curiosità rispetto al linguaggio cinematografico e di aumentare la possibilità di incontrare e socializzare con nuovi amici.

Di seguito alcune risposte date alla seguente domanda: Immagina di dover raccontare la tua esperienza ai compagni di classe. Descrivi le tue aspettative, le emozioni che hai provato e prova a dare un giudizio sul tuo percorso svolto.

“Per me questo progetto è stato molto educativo e divertente, abbiamo collaborato e socializzato con le altre classi, accettando le idee degli altri facendone uscire un progetto bellissimo ed emozionante per ognuno di noi.”

“Ci siamo divertiti ed è stata un ‘esperienza migliore rispetto a quella dell’anno scorso. Inizialmente non sapevo cosa avremmo fatto di preciso, pensavo facessimo dei fotogrammi su tavoletta grafica che poi sarebbero diventati i film, ma comunque sono rimasto soddisfatto, anche perché ci ho messo del mio scrivendo ed eseguendo la colonna sonora del corto che poi sarebbe stata proposta nei titoli di coda. ”

“Su questa esperienza avevo basse aspettative di imparare qualcosa invece mi sono ricreduto. Mano a mano che andavo avanti invece diventava sempre più coinvolgente ed in conclusione mi sono divertito moltissimo.”

“Per me è stato un progetto molto creativo, mi è piaciuto creare una storia e raccontarla in un modo nuovo. Il lavoro è venuto bene e il giudizio finale è ottimo.”

“Ho iniziato sapendo poco di quello che avremmo fatto, il prof. ci ha coinvolto spiegando e facendoci subito provare a fare video. Divertentissimo!”

“È stato molto elettrizzante seguire tutti i passaggi per creare un cortometraggio in stop motion e soprattutto vedere il risultato finale e sapere che hai dato il contributo a creare un qualcosa di stupendo.”

“Inizialmente pensavo che il prodotto finale non sarebbe stato un cortometraggio registrato ma un film interpretato da noi nonostante questo, durante tutti gli incontri ho imparato molte cose. Purtroppo non ho fatto subito amicizia con gli altri, ma quando finalmente ho trovato un gruppo accogliente il progetto è risultato ancora più divertente e interessante perché l’ho condiviso con altri. Il finale è stato davvero emozionante perché riuscivo a percepire l’agitazione e l’adrenalina come se fossimo veramente alla prima di un film di Hollywood. Sono stata molto sorpresa dal lavoro creato perché con pochissimi dispositivi siamo riusciti a creare un cortometraggio fantastico. Grazie mille a tutti.”

(contributo del Prof. Ursini Casalena)

“Note di strada” e “Contemporary Art”: le aule espanse

Quello realizzato negli ultimi anni non è “solo” un progetto ma è un’esperienza di vita, un percorso di crescita del singolo alunno, del gruppo e anche per i docenti stessi.

Nel decidere di progettare un Service Learning non ci si pone più davanti agli alunni ma si sta al loro fianco vivendo insieme l’esperienza che diventa sotto i nostri occhi concretamente competenza. Questa metodologia non è fine a sé stessa, e quindi relegabile a poche ore extracurriculari, bensì ha una finalità ben precisa e che si concretizza in un reale contributo alla soluzione di un problema della collettività locale: nello specifico il progetto “Note di strada” mira a valorizzare e riqualificare un angolo del paese poco conosciuto con un elaborato pittorico e un evento musicale che attingono dall’identità culturale e promuovono il senso di appartenenza alla propria terra.

Entrambe le esperienze didattiche di “Note di strada” e “Contemporary Art”, sono incentrate sui linguaggi universali, musicale e artistico, aperti alla collaborazione con gli enti territoriali per promuovere competenze in materia di consapevolezza ed espressione culturale. L’obiettivo principale è stato quello di cercare di “riqualificare” un angolo poco frequentato del paese attraverso un intervento creativo e concreto, capace di mettere al centro di questo processo ogni singolo alunno coinvolto. La musica aveva unito il paese nel periodo del primo lockdown ed è sembrato doveroso alle docenti far conoscere e riflettere gli alunni sullo spessore culturale di alcuni artisti attraverso lo studio e l’analisi dei testi, delle loro scelte musicali e stilistiche.

Arte e Musica, un binomio speciale che ha consentito di valorizzare la scalinata omaggiando, dapprima un grandissimo artista come Ivan Graziani, il cui volto è ritratto accanto ad un frammento del noto testo “Monna Lisa” Ivan Graziani, cantautore di origini teramane, di cui non si parla mai abbastanza, che ha raccontato anche spaccati della vita di “provincia” con uno stile personale e mai manierista. Successivamente, le altre due scalinate sono state dedicate alla grande interprete Mia Martini ed al noto cantautore Rino Gaetano, i cui testi riprodotti hanno consentito agli alunni di riflettere su tematiche sociali e di impegno civico.

Prospettive future

La Scuola DADA è pronta, nei prossimi mesi, ad essere sperimentata nel Comune di Nereto, portando con sé un’innovativa metodologia didattica, che ha già riscosso ampi consensi nella scuola secondaria di primo grado Sant’Omero, tra le prime in Abruzzo ad adottare il progetto nel 2019.

Grazie al programma di interventi di competenza del Ministero dell’Istruzione previsti dal PNRR, saranno implementate le infrastrutture e le risorse tecnologiche necessarie, con l’obiettivo di creare un ambiente educativo all’avanguardia che possa preparare gli studenti alle sfide del futuro. L’organizzazione degli spazi, l’uso di colori, luci e materiali stimolanti così come l’attenzione all’ergonomia, contribuiscono a creare un ambiente accogliente che favorisce la concentrazione, l’apprendimento efficace e il benessere degli alunni, come emerso anche dalle recenti scoperte nel campo delle neuroscienze.

L’attuazione del modello DADA rappresenta un passo significativo verso un’istruzione innovativa, più coinvolgente e allineata alle esigenze dei nostri studenti. Siamo entusiasti di questa nuova avventura e siamo certi che la Scuola DADA offre un’esperienza di apprendimento unica, arricchente e stimolante.

Verranno esplorate le tecnologie educative più significative, come la realtà virtuale, l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, che hanno dimostrato di potenziare l’apprendimento e la comprensione degli studenti. Saranno forniti esempi di come queste tecnologie possono essere integrate efficacemente all’interno di contesti educativi. Molte sono le sfide che ci vedono coinvolti per implementare il modello attuato e in fase di attuazione: benessere lavorativo, percezione di autoefficacia, strategie di insegnamento più efficaci al successo formativo, predisposizione al cambiamento e infine formazione degli insegnanti.

Il lavoro da affrontare nei prossimi mesi è quello di tracciare un percorso che sviluppi strategie per adattare i materiali didattici, i ritmi di apprendimento e gli approcci di insegnamento alle esigenze degli studenti, migliorando così l’efficacia del processo educativo e nel contempo, le metodologie didattiche basate sull’apprendimento esperienziale, come l’apprendimento basato su progetti e competenze al fine di promuovere la creatività, il pensiero critico e la capacità degli studenti di risolvere problemi del mondo reale.

Ed inoltre, creare Ambienti di Apprendimento Interattivi e Collaborativi anche grazie all’esplorazione di diverse piattaforme e strumenti digitali disponibili per favorire l’interazione e la collaborazione tra studenti e docenti e implementare efficacemente questi strumenti nell’ambiente didattico.

Saranno presentate pratiche pedagogiche per coinvolgere attivamente gli studenti nel processo di apprendimento, come l’apprendimento cooperativo, la gamification e le attività di problem-solving di gruppo.

Verranno discussi i diversi tipi di valutazione e come possono essere utilizzati per evidenziare il progresso degli studenti e guidare il processo di insegnamento.

Sarà spiegato come raccogliere e analizzare i dati sull’apprendimento degli studenti per migliorare costantemente la metodologia didattica e adattarla alle esigenze degli allievi.

Saranno esaminate le sfide legate all’uso della tecnologia nell’istruzione, inclusa l’accessibilità per studenti con disabilità o a rischio di esclusione digitale.

Ed infine vi saranno nuove opportunità di sviluppo professionale per preparare i docenti per l’implementazione efficace della metodologia didattica per ambienti di apprendimento.

Tutto ciò sarà realizzabile grazie e soprattutto alla predisposizione al cambiamento e all’innovazione di nuove pratiche e strategie didattiche da utilizzare nei laboratori che si andranno a realizzare. L’intento è di sostenere processi di progettazione e riorganizzazione degli ambienti di apprendimento a supporto del benessere scolastico e dell’educazione nell’era digitale.