Le esperienze dei progetti CAD (Comunità Artistiche Digitali) e APPRODI (Affrontare le Prossime Distanze)
di Silvia Cacciatore (silvia.cacciatore@unive.it)
Abstract
La crisi che ha colpito il settore dello spettacolo ha messo in luce tutta la fragilità di un sistema, quale quello del terzo settore, che solo marginalmente ha trovato–sia nella nuova normativa legata all’impresa sociale, che negli interventi statali attuati ̶ risposte a livello di welfare, di tutela, di reale sostegno.
Il presente articolo intende presentare i primi risultati di una ricerca, nata a partire dai progetti CAD ̶ Comunità Artistiche Digitali, e APPRODI ̶ Affrontare le Prossime Distanze, della Fondazione Università Ca’ Foscari di Venezia (Centro Aiku- Arte Impresa Cultura) e finanziati dalla Regione del Veneto tramite il bando “Laboratorio Veneto ̶ Strumenti per il settore Cultura”, sviluppata parallelamente ad una serie di azioni di rilancio per il settore della danza e del teatro indipendente, mettendo in luce come l’apporto delle tecnologie digitali sia stato cruciale per mettere in condivisione pratiche, poetiche e azioni sceniche e aiutare nel concreto le organizzazioni coinvolte a trovare nuovi spazi, modalità di dialogo e costruzione narrativa, in linea con i propri valori e la portata innovativa del proprio linguaggio.
Parole chiave: piano di rilancio, strategia, arti performative, modello di business, digitale.
The crisis that hit the entertainment sector has highlighted all the fragility of a system, such as that of the third sector, which has only marginally found ̶ both in the new legislation linked to social enterprise and in the state, interventions implemented ̶ responses to the level of welfare, protection, real support.
This article intends to present the first results of research, born from the CAD projects ̶ Comunità Artistiche Digitali, and APPRODI ̶ Affrontare le Prossime Distanze, of the Ca’ Foscari University of Venice (Centro Aiku- Arte Impresa Cultura) and financed by the Veneto Region through the “Laboratorio Veneto ̶ Strumenti per il settore Cultura” call, developed in parallel with a series of relaunch actions for the dance and independent theater sector, highlighting how the contribution of digital technologies has been crucial for sharing practices, poetics and scenic actions and concretely helping the organizations involved to find new spaces, methods of dialogue and narrative construction, in line with their values and the innovative scope of their language.
Keywords: theater recovery plan, strategy, performing arts, business model, digital.
La pandemia ha messo in crisi il sistema economico mondiale e, con esso, ha scardinato certezze, allontanato persone, amplificato differenze, preteso una distanza. Distanza che è divenuta, dai primi mesi del lockdown sino al periodo corrente, necessità di regole e protocolli che hanno sancito, per l’intero sistema culturale e dello spettacolo, la definitiva chiusura dei luoghi aperti al pubblico per oltre un anno. Questo ha comportato una estrema difficoltà, non soltanto legata agli spazi e agli enti pubblici deputati alle arti ̶ e al personale che in essi lavora ̶ ma anche e soprattutto agli artisti in prima persona, che quei luoghi li animano, li rendono vivi con il loro lavoro. La crisi che ha colpito il settore dello spettacolo è stata, ed è tuttora, una evenienza che ha messo in luce tutta la fragilità di un sistema, quale quello del terzo settore, che solo marginalmente ha trovato–sia nella nuova normativa legata all’impresa sociale, che negli interventi statali attuati, risposte a livello di welfare, di tutele, di reale sostegno.
La mia ricerca, sotto la direzione scientifica del Prof. Fabrizio Panozzo, a partire dai progetti CAD ̶ Comunità Artistiche Digitali, e APPRODI ̶ Affrontare le Prossime Distanze, della Fondazione Università Ca’ Foscari di Venezia (Centro Aiku- Arte Impresa Cultura) e finanziati dalla Regione del Veneto tramite il bando “Laboratorio Veneto ̶ Strumenti per il settore Cultura”, ha inteso prendere in esame la struttura organizzativa e il posizionamento delle singole compagnie e organizzazioni dei settori del teatro e della danza al fine di porli in relazione con un’idea di rilancio in chiave strategica che fosse in linea con la poetica artistica, i valori e la portata innovativa di ognuna di esse.
I progetti
Il progetto APPRODI (Affrontare le Prossime Distanze) ha identificato come principali beneficiarie degli interventi le realtà di produzione teatrale venete che si sono sviluppate e consolidate professionalmente alla ricerca di un equilibrio tra qualità della proposta culturale e differenziazione di servizi e attività anche in ottica di sostenibilità economica. Il progetto è stato concepito per supportare queste strategie di innovazione del lavoro teatrale sfruttando la situazione presente di emergenza e crisi come vettore per ripensare in chiave creativa lo stesso tema del “distanziamento”. Il predisporsi alle “prossime distanze” è divenuto così una sorta di ossimoro generatore di riflessione sulla dialettica tra prossimità e distanziamento. La distanza è drammaticamente entrata nell’agenda di chi fa teatro negli ultimi mesi ma in chiave emergenziale e per via burocratica, come vincolo imposto dall’esterno. Ci sono però altre, meno evidenti, “distanze” che si sono manifestate; più interne e complesse da affrontare. Le “prossime distanze” corrispondono quindi ai fabbisogni che APPRODI ha affrontato mobilitando le risorse messe a disposizione del bando. Un primo fabbisogno è stato riscontrato nella distanza tra le compagnie e gli operatori teatrali su scala regionale.
La produzione teatrale indipendente in Veneto è caratterizzata dalla presenza di molti soggetti, molto, forse troppo indipendenti. La mancanza di un riconoscimento reciproco come portatori di “un certo modo di fare teatro”, di un coordinamento e di una voce collettiva di rappresentanza è una questione ormai ineludibile che il progetto ha in qualche modo contribuito a districare ed affrontare. Il secondo fabbisogno è stata la distanza rispetto al pubblico e alla società in generale. La percezione è che il pubblico ci sia ma sia altrove, distanziato rispetto al teatro indipendente e (in)trattenuto non solo dalla televisione o dallo streaming ma anche da altre forme di espressione teatrale. Il terzo fabbisogno da colmare ha corrisposto alla distanza che separa il teatro da una fetta rilevantissima delle generazioni più giovani e che determina il progressivo invecchiamento del pubblico. APPRODI ha inteso quindi intervenire nella ritessitura dei rapporti tra teatro, pubblico e società. Il quarto fabbisogno è stata la distanza rispetto al mercato, soprattutto quello internazionale. Nella produzione teatrale indipendente le logiche commerciali vengono spesso vissute come un male necessario, soluzione innaturale ma obbligata dalla quasi totale assenza di finanziamento pubblico. Senza negare la valenza di bene collettivo e sociale della produzione teatrale APPRODI si è proposto di affrontare in maniera organica le questioni della produzione per il mercato, della differenziazione dell’offerta, della segmentazione del pubblico e dei modelli di business della produzione teatrale. Particolare attenzione è stata dedicata alle possibilità di concepire la produzione teatrale veneta in ottica di internazionalizzazione ed apertura a mercati e pubblici di culture e lingue diverse.
Il progetto si è proposto anche importanti obiettivi formativi, innestando su una buona formazione teorica e di metodo la capacità di cogliere il potenziale di innovazione che si è presentato ai professionisti dello spettacolo teatrale nell’era post-pandemica. Da ciò è derivata la necessità di sviluppare competenze trasversali, peraltro sempre nuove e in continua evoluzione, soprattutto se si guarda all’ambito delle tecnologie digitali. Principale obiettivo formativo è stato quindi aumentare la digitalizzazione nel settore teatrale veneto quale vettore di nuove possibilità per la creazione, espressione, comunicazione e diffusione di arte e cultura.
Alla luce del cambiamento radicale imposto dal distanziamento, è urgente che le compagnie teatrali si adattino al nuovo panorama digitale. Il passaggio al digitale ha scatenato cambiamenti nel modo in cui creiamo, condividiamo e valorizziamo tutti i contenuti, comprese le opere teatrali. Si è puntato inoltre ad aumentare l’impegno civico portando il teatro a nuovi pubblici e settori–attraverso strumenti come il teatro partecipativo e le nuove tecnologie–in grado di abbattere le barriere, incoraggiando il dialogo e aiutando la ricca tradizione culturale veneta a prosperare. Un altro obiettivo formativo è stato quello di sviluppare una strategia digitale per gli spazi teatrali indipendenti per aiutarli a integrare le nuove tecnologie a lungo termine in produzioni artistiche, divulgazione e modelli di coproduzione internazionale. Centrale, soprattutto in connessione con l’acquisizione di nuove dotazioni, è stato poi l’accompagnamento alla creazione di opere innovative in grado di combinare le nuove tecnologie con l’immediatezza del teatro. La realtà aumentata, la realtà virtuale, gli strumenti interattivi e la nuova tecnologia audio sono stati presentati come modi in gran parte inesplorati per creare esperienze teatrali più coinvolgenti e avvincenti e appassionare il pubblico con l’imprevisto.
Il progetto “CAD-Comunità Artistiche Digitali” si è sviluppato a partire dalle esperienze maturate all’interno del network di arti performative attivato da Opera Estate Festival (OEF). In quattro decenni OEF ha infatti dato vita ad un sistema di produzione culturale territorialmente distribuito che costituisce un unicum in Veneto. Una parziale ma significativa porzione di questo sistema è stata raccolta nel partenariato del progetto CAD che identifica come destinatarie alcune tra le realtà che hanno segnato l’innovazione nel campo delle arti performative in Veneto negli ultimi decenni. Si tratta di compagnie e professionisti della danza e del teatro accomunati dallo spirito dell’innovazione ma alla ricerca di un equilibrio costante tra sperimentazione (anche tecnologica) e radicamento del lavoro artistico nelle comunità locali. È questo il fabbisogno che si è cercato di cogliere con il progetto, sostenendo la dimensione comunitaria del lavoro artistico ed esplorando il ruolo che le tecnologie digitali possono avere nell’amplificare le possibilità di connessione e partecipazione di varie fasce della cittadinanza nel farsi della produzione artistica. Si tratta d’altra parte di una direzione che le realtà partner hanno già autonomamente intrapreso nei mesi di lockdown e che hanno trovato, grazie a “Laboratorio veneto”, l’occasione per proseguire lo sviluppo di nuove forme di produzione e concretizzarle anche mediante l’acquisto di nuove dotazioni. Il progetto CAD è andato quindi a sostenere il lavoro di un network coeso di realtà della nuova scena performativa veneta accomunate dalla scelta di coinvolgere gruppi e comunità locali come partecipanti nello sviluppo di una produzione teatrale. Si è colta quindi l’intenzione di generare relazioni comunitarie in cui i partecipanti potessero indagare e interrogare idee, possibilità o esperienze anche con l’integrazione delle tecnologie digitali. Tale integrazione è stata diversificata, coinvolgendo l’uso di diversi tipi di dispositivi digitali e applicazioni che consentono forme di coinvolgimento multimediale, connettività, realtà aumentata e virtuale. Nonostante i vari sviluppi negli scorsi anni, il supporto all’integrazione delle tecnologie digitali nel lavoro artistico di comunità è tuttora sorprendentemente scarso e si è quindi configurato quale principale fabbisogno che ha motivato il progetto CAD.
Laddove esiste, l’interesse per la costruzione artistica di comunità digitali riflette in gran parte ciò che potrebbe essere descritto come un discorso di progettazione, attraverso il quale il contributo delle tecnologie è definito in termini di utilizzo pianificato. Tuttavia, un discorso sulle potenzialità non tiene conto del dispiegarsi concreto dell’attività che è al centro della pratica performativa partecipativa. Il progetto CAD ha visto quindi le tecnologie non solo come risorse da utilizzare, ma come partecipanti al processo di produzione artistica. In questa prospettiva si sono potute espandere e approfondire la comprensione della relazione tra tecnologie digitali e arti performative e il potenziale generativo per gli operatori culturali e i decisori politici che sono alla ricerca di nuovi modi per integrare o valutare le arti nelle politiche pubbliche.
Al centro della progettualità formativa di CAD si sono poste dunque le conoscenze e competenze già accumulate con le sperimentazioni recenti e si è puntato a consolidarle cercando di raggiungere almeno tre obiettivi:
1) Espandere l’accesso alle arti performativa e promuovere lo sviluppo del pubblico attraverso mezzi digitali. Ciò include strumenti atti ad aiutare i partner a superare i confini ̶ nazionali, sociali o culturali ̶ attraverso i canali dei social media, ma anche streaming live, storytelling interattivo e sottotitoli digitali.
2) Condure nuovi pubblici ad un apprezzamento delle arti performative come un evento dal vivo combinando la sua identità rituale, l’immediatezza e il carattere spontaneo con la tecnologia digitale sia sul palco che a distanza.
3) Sostenere l’inclusione sociale e culturale e approfondimento dell’impegno comunitario attraverso la ricca tradizione di OEF per garantire che tutti siano inclusi indipendentemente da condizione di salute, età, orientamento sessuale, contesto geografico o sociale.
Nello sviluppo progettuale si è richiamata l’attenzione sulle interconnessioni tra materiale e sociale mostrando come entrambi lavorino l’uno sull’altro in modo complesso. Questa ontologia relazionale ha introdotto anche una visione particolare delle tecnologie digitali come mezzo per amplificare gli effetti del lavoro di comunità. Piuttosto che avvicinarsi all’integrazione tecnologica dalla prospettiva
di ciò che dovrebbe accadere, l’offerta formativa di CAD si è orientata a vedere le tecnologie come partecipanti, mettendo in primo piano ciò che fanno quando entrano in relazione con altri soggetti. Ciò ha spostato l’enfasi dall’uso progettato a ciò che accade mentre la produzione artistica si realizza ponendo l’attenzione sulle interazioni tra umani e non umani (le cose, gli artefatti digitali) per chiarire come le tecnologie non siano semplicemente prodotti del mondo sociale, ma attori dello stesso. Nell’incontrarsi, tecnologie, artisti e pubblico agiscono e vengono messe in atto l’una dall’altra. Le tecnologie digitali sono quindi inseparabili dalle pratiche: non solo modellano la pratica, ma sono esse stesse mutabili, messe in atto man mano che entrano in relazione con altre cose. Nel progetto CAD quindi, non sono stati solo i partecipanti umani ad essere rilevanti per ciò che accade, ma i materiali con cui sono entrati in relazione. Inoltre, non sono stati solo i manufatti progettati a svolgere un ruolo, ma anche altre cose, compresa l’area in cui si è svolto il progetto (teatro, sala, spazio esterno), le cose già presenti (ad es. scrivanie, sedie, display), modi abituali di fare e di essere (ad es. routine sociali, procedure di cura). Le tecnologie digitali, da questo punto di vista, hanno preso il loro posto insieme ad una serie di altre cose situate all’interno del campo relazionale attivato dall’azione performativa.
Metodologia di ricerca
L’obiettivo di ricerca, parallelo a quello della stesura dei Piani di Adeguamento e Rilancio previsti dai menzionati progetti, è stato quello di evidenziare i processi trasversali e le linee evolutive comuni del modello di business delle principali compagnie della danza e del teatro indipendente veneto e comprendere la dimensione strategica del rilancio effettivamente messo in campo dalle stesse. Le organizzazioni esaminate, tra quelle coinvolte nei progetti sono state nel complesso dodici (Elevator Bunker, La Piccionaia, Nolimita-c-tions, SlowMachine, Zebra Cultural Zoo per il progetto CAD; Carichi Sospesi, Cinema Teatro Busan, Farmacia Zoo:è, Tam Teatromusica, Teatro del Pane, Top Teatri Off Padova e Zelda Teatro per il progetto APPRODI) e l’analisi è stata svolta in un arco di tempo di circa 10 mesi complessivi. La metodologia di ricerca ha previsto un’indagine qualitativa (interviste in profondità) e un’indagine quantitativa (analisi dati). La prima ha inteso esaminare la storia, l’attività, gli aspetti identitari e la poetica artistica di ogni organizzazione, la forma giuridica, la vision e la mission, il rapporto con ricerca e innovazione. Inoltre, la Swot Analysis si è rivelata uno strumento utile all’identificazione sia di punti di forza e debolezza interni, che di minacce e opportunità provenienti dall’ambiente esterno, relativi ad ogni area aziendale: dalla sostenibilità economica al settore produzione e distribuzione, dall’innovazione e ricerca alle risorse umane, sino ad arrivare a relazioni pubbliche, marketing e comunicazione, responsabilità sociale. L’analisi del modello di business (grazie al Business Model Canvas) ha aiutato a mettere in luce le aree di creazione del valore coinvolte dal cambiamento organizzativo in atto sotteso al rilancio. La seconda è stata dedicata alla data analysis inerente agli spettacoli prodotti negli ultimi tre anni e relativi incassi, le entrate da altre attività (corsi di formazione, workshop, bandi pubblici, sponsoring e fundraising, finanziamenti esterni), il fatturato complessivo, i costi fissi e variabili, gli spettatori, al fine di analizzare, dal punto di vista economico-finanziario, la sostenibilità complessiva di ogni organizzazione e l’impatto negativo riconducibile al periodo delle chiusure causato dal Covid-19. Tali analisi hanno consentito di indicare delle azioni di rilancio su misura per ogni compagnia, frutto di un percorso di accompagnamento e revisione degli stessi processi aziendali creatori di valore economico e culturale.
L’analisi dei dati relativi alle produzioni e al fatturato, in particolare, insieme all’analisi dei fabbisogni ha portato alla luce considerazioni a volte in contrasto con il modello di business emerso. In alcuni casi le compagnie hanno investito molte energie nella produzione di spettacoli andati in scena poche volte e i principali interlocutori nel tempo sono divenute le amministrazioni pubbliche e non più centri di produzione ed enti teatrali. In altri casi, invece, ci si è accorti che la sostenibilità dei costi di struttura stava soffocando la spinta creativa: come far girare i propri spettacoli se poi si è costantemente impegnati in corsi di formazione e attività sul territorio? Lo spazio teatrale inteso quale sede fisica è davvero ancora necessario?
È stato doveroso quindi chiedersi: ma cosa è realmente successo in questi mesi? Che cosa sta cambiando nelle organizzazioni culturali? Il clima di profonda incertezza dovuto alla pandemia ha prodotto solo effetti negativi o sta generando un impatto resiliente, una trasformazione in chiave innovativa?
Principali risultati
A livello di ricerca scientifica, i principali esiti derivano dall’osservazione dell’evoluzione del modello di business delle compagnie teatrali e di danza teso allo sviluppo di nuove strategie competitive e di mercato. La principale riflessione ruota intorno alla dicotomia tra l’essere impresa di produzione e distribuzione posizionata sul mercato e il configurarsi quale organizzazione culturale attiva nel campo delle arti performative in una logica prevalentemente di relazione. Alcune organizzazioni hanno perso il loro modello originario a causa soprattutto della necessità legata all’autosostentamento; altre, invece, si sono evolute verso una forma più strutturata ritrovando la propria vocazione artistica legata alla creazione e vendita di spettacoli. Le organizzazioni culturali attive in ambito performativo stanno ampliando notevolmente il proprio sistema di relazioni, accogliendo, in gran parte dei casi, partners in co-produzione; alcune hanno avviato una riflessione sulla propria forma giuridica (valutando il passaggio da associazione culturale a cooperativa, ad esempio) e optato per una sostanziale riduzione dei costi (soprattutto costi fissi di struttura). I canali di diffusione del valore, prevalentemente sito web e social media, sono stati in molti casi interamente rivisitati; alcune compagnie stanno implementando l’attività di progettazione, la partecipazione a bandi di finanziamento e il ricorso a sponsoring e fundraising. Le imprese di produzione e distribuzione, invece, hanno scelto una strategia diversa, coinvolgendo in alcuni casi le aziende profit in percorsi formativi di teatro d’impresa, oltre che, in sporadici casi, di welfare aziendale. Molto importante è stato il ricorso all’esplorazione di nuove opportunità in partnership con altre compagnie e centri di produzione; in alcuni casi ci si è rivolti verso nuovi mercati ̶ soprattutto esteri ̶ e implementato la partecipazione a progetti europei, mentre la digitalizzazione è stata rivolta sia ai processi (gestione in cloud di buste paga e fatture, riunioni online) che alla stessa produzione artistica (dai corsi di formazione alla creazione di trailers degli spettacoli). In molti hanno iniziato a studiare modalità di riprese video live delle proprie rappresentazioni artistiche atte a valorizzare il linguaggio teatrale e della danza e non “appiattire” la carica emotiva legata alla performance dal vivo. La sperimentazione ̶ che è il caso forse di chiamare innovazione ̶ maggiore, che ha coinvolto tutte le compagnie e che può essere considerata una caratteristica comune, si è avuta nell’ampliamento degli spazi teatrali, che ha riaperto, in qualche modo, quel canale di ricerca iniziato negli anni ’70 ̶ sulla scia di Allan Kaprow prima, e di Tadeusz Kantor poi, con i loro famosi happenings ̶ e che sembrava quasi dimenticato. Molte compagnie stanno studiando percorsi nei luoghi museali, negli spazi cittadini, in borghi e sentieri di montagna, coinvolgendo gli spettatori in performance all’aperto in cui il mezzo digitale è concepito quale tramite tra emozione e spazio attraversato.
Un aspetto comune a tutte le compagnie è stato quello relativo all’ampliamento degli spazi teatrali. gli attori sono scesi in strada coinvolgendo gli spettatori in performance all’aperto in cui il mezzo digitale ha fatto da tramite tra emozione e spazio attraversato. tornando alla principale domanda di ricerca: la pandemia, oltre ad aver messo in crisi il settore dello spettacolo, soprattutto a causa della chiusura dei teatri, ha avuto anche un impatto positivo? la mia risposta è sì, ha costretto le compagnie a riflettere su sé stesse e ritrovare la propria vocazione artistica. perché’ avere la possibilità di scendere in strada e vedere a pochi passi una performance invadere lo spazio reale delle nostre città significa restituire all’arte la sua funzione primaria, quella di essere di tutti e per tutti.
Ma qual è stato il ruolo del sistema pubblico della cultura in Veneto durante la pandemia? Da quello che emerge, nonostante i finanziamenti, manca una progettualità a lungo termine, da parte delle amministrazioni pubbliche, che accompagni gli artisti e valuti la qualità e l’innovazione delle proposte sperimentali e di ricerca, diverse da quelle che girano nei circuiti distributivi. Sarebbe importante favorire un ricambio generazionale nella direzione artistica dei teatri regionali, garantire un maggiore accesso al finanziamento tramite bandi pubblici che promuovano proposte innovative, fare in modo che i teatri stabili non siano solo scatole vuote nelle nostre città ma abbiano una maggiore responsabilità nella diffusione di valori culturali sul territorio. È necessario riattivare il sistema di interscambio tra artisti, centri di residenza e circuiti di produzione, fare in modo che questi ultimi svolgano attività di scouting all’interno di un mercato che rischia altrimenti di soffocare per eccesso di offerta; realizzare investimenti sul medio termine che siano reali percorsi di dialogo e accompagnamento dei giovani talenti e favorire una reale valorizzazione delle eccellenze presenti sul territorio.