di Annio Gioacchino Stasi e Mery Tortolini (*)
Premessa
Il presente saggio intende delineare alcuni argomenti cardine di una sperimentazione iniziata sul finire degli anni ‘90, nell’Università La Sapienza di Roma, che ha avuto fin da subito, come tema, i processi creativi del pensiero e linguaggio rappresentativo nella relazione tra il segno visivo e la scrittura. Grazie alla disponibilità e curiosità di Tullio De Mauro, il lavoro è proseguito per diciotto anni in un corso riconosciuto dall’allora Facoltà di Scienze Umanistiche, producendo una serie di testi, saggi, rappresentazioni teatrali, mostre, video e un lungometraggio Ombre di luce, su quella che si presentava come una ricerca limite, sulle forme di pensiero non cosciente, coinvolgendo decine di studiosi, artisti e centinaia di studenti. La ricerca si è poi sviluppata presso le Biblioteche del Comune di Roma e infine, applicata all’audiovisivo, presso l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi del Ministero della Cultura è diventata una proposta specifica sulla Media Literacy, in un progetto Europeo denominato Creative Audiovisual Lab for the promotion of critical thinking and media.
Mentre era in corso l’elaborazione di un nuovo libro su questa lunga ricerca, l’occasione derivata dal rapporto con Carmine Marinucci e le attività dell’associazione Diculther da lui presieduta, ci ha spinto a proporre questo scritto il cui titolo è quello di uno dei Cantieri che terremo prossimamente insieme. Il testo delinea in modo sintetico le linee di forza di una ricerca da tempo tracciata e di un pensiero in corso d’opera e si presenta quindi in una forma particolare di scrittura, con un corredo bibliografico essenziale e alcune note specifiche.
… sarà stata la finestra socchiusa su un giardino segreto a spingere un uomo e una donna a vedere, oltre le mura opprimenti, la possibilità di curare e coltivare viole del pensiero …
Il Problema del metodo di indagine nella formazione di ipotesi di ricerca
Da molti decenni si è evidenziata l’importanza di una formazione specifica nell’ambito dell’uso delle nuove tecnologie e delle nuove competenze, necessarie per avere un rapporto critico con il linguaggio dei media. Molte e articolate sono le iniziative di carattere formativo nella scuola italiana che hanno come oggetto quello che viene comunemente definito come Media Literacy o alfabetizzazione mediatica.
Il problema ha aspetti che, nella nostra ricerca, vanno a definire due campi di indagine correlati tra di loro: la formazione dell’espressione nel pensiero e linguaggio e gli strumenti creati per esprimere e comunicare.
Entrambe gli aspetti trovano una matrice comune nella esigenza di elaborare e dare forma percepibile a ciò che abbiamo nominato come Fisionomia dell’espressione creativa. Ma per proporci un percorso che sviluppi nuove competenze dobbiamo porci domande e individuare soluzioni che vanno alla radice di un problema complesso: il metodo di indagine del ricercatore nella formazione di ipotesi sulle forme del pensiero e linguaggio umano.
Le correnti definizioni di Media Literacy ci pongono dinanzi ad una sostanziale carenza metodologica nell’approccio. Esse assumono, come oggetto di studio, da un lato il simulacro dell’espressione verbale orale e scritta del sistema lingua, mediante approcci conoscitivi semiotici e strutturalisti, dall’altro, allorché ci si approcci ai temi della processualità formativa, il riferimento costante e prevalente è quello alle correnti cognitiviste angloamericane e alle neuroscienze che dovrebbero “dimostrare” connessioni tra la funzionalità di aree cerebrali e le attività mentali.
Denominatore comune è considerare pensiero e linguaggio come manifestazioni della dimensione cosciente umana, basata sulle reazioni percettive mature dei sensi. Non vengono considerate invece le forme di pensiero che hanno una loro ontologia in una capacità re-attiva che si realizza alla nascita e nel corso del primo anno di vita, in cui i sensi e la reazione percettiva non sono ancora maturi e non vi è linguaggio verbale articolato. Questa fase viene comunemente definita come preverbale. Non viene considerata adeguatamente una ontologia dell’espressione nei differenti stati mentali, in cui questa viene a realizzarsi e maturare nel tempo, ovvero nello stato di sonno e in quello di veglia, in cui si manifestano Forme di pensiero e linguaggio non cosciente, di cui il pensiero onirico e il pensiero rappresentativo sono manifestazioni.
Tali manifestazioni hanno, secondo le ipotesi della Teoria della nascita dello psichiatra Massimo Fagioli, (1) la loro matrice nel momento della nascita e nel corso del primo anno di vita umano in cui, dicevamo, non vi è linguaggio verbale articolato. L’ ontologia di questo pensiero può essere studiata solo marginalmente da un processo di indagine meramente osservativo o strumentale. Diverso diviene l’approccio se correliamo le forme di pensiero rappresentativo adulto ai processi linguistici che hanno proprio nella nascita, e nel primo anno di vita senza parola, la loro matrice originale.
Nell’affrontare il problema ci siamo resi conto che storicamente lo sviluppo di metodologie del pensiero quantitative, sviluppate nelle scienze dure, applicate alle scienze umane che studiano pensiero e linguaggio, si sono basate su un particolare processo mentale del ricercatore nella soluzione del conflitto. Tale soluzione del conflitto si rivela conoscitiva nella convergenza tra soggetto e oggetto di studio che hanno, nel nostro caso, la medesima natura: l’umano e la formazione del suo pensiero.
Ci troviamo di fronte a un nodo gordiano che richiede un paziente lavoro di approfondimento. Nella nostra esperienza come docenti e ricercatori, negli anni, abbiamo rilevato la necessità di sviluppare approcci di pensiero e linguaggio diversi da quelli basati sull’osservazione cosciente e l’articolazione verbale logico – razionale che utilizza come strumento dell’espressione e comunicazione la scrittura e lettura alfabetica.
Ma per intraprendere questo percorso occorreva che si generasse, in noi stessi, un processo di indagine differente da quello basato sull’osservazione cosciente del pensiero logico razionale; occorreva che si movimentasse in noi la re-azione di un pensiero sfuggente, come quello che al mattino si dilegua all’arrivo delle luci del giorno: occorreva movimentare una re-azione dinamico-trasformativa tra la formazione del punto di visione del ricercatore e la creazione/visione dell’oggetto di studio.
Dicevamo che ciò a cui non viene data la dovuta attenzione sono i processi ontologici che precedono la formazione del pensiero verbale articolato, la fase preverbale, e come questi processi possano essere messi in relazione con modalità e forme di pensiero e linguaggio che si realizzano in un essere umano adulto, nella realizzazione di ciò che definiremo come “Pensiero rappresentativo”. Il legame tra processi ontologici di formazione e pensiero rappresentativo adulto trovano nell’idea di “immagine in movimento nel tempo” un loro fondamento. Questa idea-concetto non è riconducibile alla realizzazione dell’atto percettivo dei sensi maturi e al movimento di un soggetto nello spazio. Entra in gioco un’idea concetto di temporalità reattiva, come trasformazione degli stimoli esterni, mediante una capacità immaginativa che precede la maturazione dei sensi e che si attiva alla nascita nella relazione tra lo stimolo luminoso e la retina; in particolare, nelle ipotesi di attivazione di quello che viene chiamato, dalle ricerche dell’ultimo decennio, terzo fotorecettore. (2)
In estrema sintesi, ciò aprirebbe alla comprensione delle reazioni sensibili di corpo e mente pensanti, relegate da sempre nel mondo misterioso delle emozioni ed affetti, come le immagini e le dinamiche del processo creativo umano, bandite dalla possibilità di essere indagate e comprese. (3)
In sostanza, non viene considerato un pensiero visivo al di fuori della percezione matura e come questo si colleghi poi alla fase verbale. Non vengono messi in relazione attività di stati mentali di veglia e sonno, in cui il flusso del pensiero è presente e non si arresta mai; non vengono considerate re-azioni mentali che siano diverse da quelle dei sensi maturi in uno stato di veglia e piena coscienza. Re-azioni queste di cui gli artisti, in tutte le epoche, ci parlano nel tentativo di comprendere il processo in cui sono coinvolti nell’azione creativa. Stati mentali della veglia particolari in cui vengono elaborate, secondo la terminologia di Fagioli, Immagini inconsce non oniriche o più specificamente Immagini rappresentative non oniriche in stato di veglia.
L’aporia che si apre nel conflitto formativo di un pensiero che indaga l’altro simile e sé stesso, nella nostra ricerca, trovò invece, proprio nelle manifestazioni del pensiero non cosciente in stato di veglia o pensiero rappresentativo, una possibile via di indagine, allorché scoprimmo modi e forme che questo pensiero aveva, riguardo alla natura stessa del suo realizzarsi nella dinamica individuale e collettiva. Si riapriva così una partita e un conflitto antico che aveva visto, nell’uccisione di ciò che era vivo e in movimento re-attivo nel tempo, la possibilità dell’indagine scientifica, un approccio che per comprendere e conoscere doveva uccidere, fermare, sezionare, congelare il proprio oggetto di indagine.
L’aura mistica del rito superò l’inconoscibilità del proprio oggetto di rapporto allorché emerse storicamente, prima in Aristotele e poi nello sviluppo della medicina Alessandrina, una conoscenza lucidamente autoptica che nell’uccidere e sezionare, prima l’animale e poi l’essere umano vivo, stabilì le basi di un paradigma conoscitivo di lunga durata. Mario Vegetti così lo esemplifica:
“…si delinea un nuovo stile di razionalità, la razionalità del metodo dell’esperimento, della teoria scientifica che prende le distanze dai suoi oggetti, li neutralizza, li sterilizza, al fine di guadagnare un pieno dominio conoscitivo su di essi, quale che sia il prezzo di questo dominio.” (4)
Tutto ciò significherà, nel ricercatore stesso, l’assunzione di un assetto mentale logico razionale in cui a prevalere è stata l’osservazione cosciente in uno stato mentale di veglia. Quale sia stato il prezzo da pagare per questo approccio nello studio dei processi interni di formazione del pensiero e linguaggio umano trova, nelle parole di Lev Vygotskij, una traccia rossa nella neve.
“…l’analisi introspettiva in cui osservatori ben preparati sono incaricati di osservare ogni aspetto della propria esperienza cosciente non può condurci molto lontano…”
“…non era mai possibile afferrare il processo in fieri…questo approccio è anche una delle maggiori cause delle confusioni che sorsero a riguardo delle reazioni semplici e complesse che hanno delle somiglianze superficiali. Si potrebbe dire che le reazioni complesse sono state studiate post mortem”. (5)
Spazio e tempo di una sperimentazione metodologica, teorica e didattica. Il laboratorio di immagine e scrittura creativa
Già nel nostro volume del 2007 “Il laboratorio di immagine e scrittura creativa” (6) nella dialettica con Tullio De Mauro iniziata nel 1996 (7) consapevoli del peso di una storia, avevamo a tentoni individuato un’altra strada da percorrere che ci ha consentito, in oltre un ventennio di confronto con centinaia di studenti, studiosi, artisti, di sviluppare un approccio metodologico di ricerca e prassi didattica originale.
“…ogni aspetto del nostro agire doveva essere valutato, e forse, c’era qualcosa nell’azione stessa che bisognava comprendere: il nostro movimento, il nostro linguaggio, gli elementi dinamici che riguardavano non solo la formazione dell’immagine del gruppo e dei singoli partecipanti, ma contemporaneamente anche la nostra immagine in una dialettica di rapporto e separazione…annotammo questa dicitura – le relazioni complesse sono state studiate post mortem – fu come una incisione nella carne viva; il corpo iniziava a reagire, forse per il dolore di una promessa non mantenuta, forse per il rosso che s’era agitato decenni prima nelle piazze e fra le masse: la storia di un pensiero del corpo vivo iniziava a farsi strada in noi.” (8)
I due aspetti: approccio metodologico di ricerca e prassi didattica, si sono presentati fin da subito parte integrante di una dinamica di rapporto diretta con gli studenti, andando a costituirsi come costruzione di un contesto relazionale specifico.
Il nostro assetto mentale, nel confronto didattico, si orientò verso una attenzione fluttuante sospesa, (di natura prolettica in stato inconscio di veglia non onirico) che ci apriva ad una re-azione nei confronti dei partecipanti, in cui potevamo intuire e gradualmente porre in essere efficaci re-azioni di stimolo rappresentativo.
Eravamo noi a gestire, nel rapporto con gli studenti, un movimento di immagine in cui il nostro agire linguistico: postura, segno visivo, scrittura, cioè le nostre espressioni di pensiero rappresentativo (di un uomo e una donna) realizzate in uno stato mentale di veglia inconscio non onirico, provocavano nei partecipanti la graduale modificazione di uno assetto mentale; avveniva in tal modo una separazione da un assetto mentale di pura veglia e coscienza che si manifestava come momento primo nell’evidenza di un profondo silenzio.
Questa condizione, ricercata e indotta di silenzio, può configurarsi simile a quello che si determina nella relazione rappresentativa teatrale tra attore e pubblico. Solo che noi agivamo in aule universitarie e scolastiche, cioè in spazi che non erano adibiti alla relazione rappresentativa. Era appunto il rapporto umano, e la gestione di una immagine del rapporto particolare, a determinare mediante una reazione di separazione da un normale assetto mentale interno ai partecipanti, un nuovo stato mentale che, separandosi dalla realtà, si connetteva e realizzava il pensiero rappresentativo.
Il silenzio, individuale e collettivo e l’atmosfera di attenzione che si veniva a creare, portava i partecipanti a scarabocchiare, sui fogli che gli porgevamo, segni visivi: apparivano così immagini evanescenti, occhi, bocche, rebus di segni. A partire da questa loro re-azione individuale, si amplificava un’atmosfera psichica collettiva in cui l’abolizione temporanea di una verbalizzazione cosciente nel rapporto lasciava emergere un’esigenza di comporre, in una linea linguistica visiva rappresentativa, movimenti di immagini e poi parole. Abbiamo chiamato questa fase “realizzazione del silenzio.” Era questa una strada per accedere a quello che De Mauro ci aveva consegnato come domanda:
“Esiste una componente, uno specifico linguistico dell’uso letterario e poetico di una lingua?” (9)
Dall’immagine si andava verso la parola e la scrittura. Era come se si determinasse una sorta di risveglio di una realtà di pensiero sottaciuta, vissuta in particolare nell’adolescenza. Componemmo, in questa relazione particolare, i principi di base e le fasi ricorrenti che, in uno spazio e tempo determinato di stimolazione, definimmo come “Il laboratorio di immagine e scrittura creativa”. Ciò, ci ha permesso di vedere e leggere nel tempo, dai segni grafico visivi che venivano realizzati dagli studenti, dalle forme verbali e narrative, i punti di repere necessari per delineare l’andamento di processi psichici endogeni, che sarebbero altrimenti rimasti fuori da una visibilità dell’osservazione cosciente.
Emergeva, da una nostra intelligenza preverbale di natura semiotica (10) basata su una reattività sensibile del corpo, una capacità di reagire attraverso stati trasformativi di movimento di pensiero-immagine che si manifestava in espressione visiva, verbale e in scrittura. Il nostro pensiero si muoveva in uno stato mentale che ci portava a re-agire mediante azioni linguistiche rappresentative in rapporto. Pensavamo in rapporto con il gruppo classe. Agivamo creando immagini particolari. Si determinava così una dialettica di elaborazione di pensiero, immagini, parole, scrittura, tra noi e il gruppo che non era di natura analogica imitativa. Si sviluppava dal nostro agire linguistico una ricerca di espressione originale a livello individuale nei partecipanti, in un contesto collettivo in cui noi gestivamo la stimolazione di un movimento formativo che abbiamo chiamato rappresentativo. Abbiamo definito con una terminologia di derivazione Saussuriana questo atto come realizzazione di parole rappresentativa.
La re-azione rappresentativa si differenzia sia dall’atto percettivo produttivo cosciente, sia da quello ricettivo di un enunciato. È una unità complessa in cui il corpo umano fuso alla mente porta la mano a realizzare mediante un’azionefuori di sé, una linea espressiva percepibile audiovisiva.
In una situazione sperimentale, queste espressioni individuali avevano spiccatamente la tendenza a collegarsi, da un lato, a una sorta di sistema lingua di immagini rappresentative storiche, dall’altro, mediante artifici narrativi, a realizzare una sorta di autoriflessività sui processi stessi che venivano a essere mobilitati. Il risveglio, come condizione psichica non cosciente in stato di veglia, si apriva ad una particolare intelligenza audiovisuale che mostrava/parlava di processi interni, su una temporalità interna che da adulti veniva ricreata, ripercorrendo fasi specifiche. Compariva una elaborazione in stato di veglia di passaggi che potevano riguardare il primo anno di vita umano che è senza pensiero e linguaggio verbale articolato. Da un iniziale sospensione silenziosa, si attraversava un mondo di immagini indefinite che portava la mano a disegnare i tratti di volti, rebus, geometrizzazioni, in una relazione suono immagine, che cercava di darsi una fisionomia e una voce, per arrivare a una scrittura in cui le parole riconquistavano una vibrazione sensibile di un suono non percepito, ma sentito sulla pelle, prefigurando un’idea di linea che non era riconducibile solo al dato percettivo visivo.
Le parole si legavano, mediante tensioni interne, nella relazione di un movimento di immagine rappresentativa che aveva in sé l’energia di un processo di natura temporale ri-creativa di senso.
È questo l’approccio metodologico al rapporto con la materia linguistica e la formazione graduale di un oggetto di studio che, nella relazione collettiva e individuale, abbiamo vissuto in una prassi di oltre venti anni. Tutto ciò, con una serie di fasi di elaborazione e incontri con studiosi, artisti, scrittori (Francesca Sanvitale, Remo Bodei, Paolo Valesio, Marco Bellocchio, Pietro Montani, Lidia Ravera, Giancarlo De Cataldo, Claudio Zambianchi, Giuseppe Di Giacomo e altri). In particolare, la relazione diretta più profonda e continuativa è stata con il linguista Tullio De Mauro e lo psichiatra Massimo Fagioli, da cui è emersa la possibilità di collegare ipotesi linguistiche a dinamiche psichiche non coscienti che sono a fondamento di una realizzazione creativa. Ne sono documento e risultato una serie di volumi che delineano il nostro originale percorso metodologico e teorico di confronto e ricerca. (11)
Ora, che altro tempo è passato, è maturata una nuova ipotesi ontogenetica sul pensiero e linguaggio non cosciente, a partire da una prima formulazione visiva teorica che fu elaborata nel 1999: una ellissi che contiene tre cerchi. Intendendo, con questa immagine, la sintesi visiva delle relazioni tra realizzazione interna dell’opera da parte dell’autore, l’opera stessa, il pubblico (i tre cerchi) e una cultura storica della rappresentazione (l’ellissi). (12)
L’ ipotesi si è trasformata, negli anni, in un pensiero verbale che abbiamo definito nell’espressione Fisionomia dell’espressione non cosciente e cosciente, che comprende le caratteristiche di una attività psichica e di linguaggio che si origina da una morfogenesi autopoietica dinamica di processi aventi come ontologia primaria una semiosi temporale re-attiva di natura trasformativa.
L’immagine rappresentativa e il tempo reattivo
L’idea e il concetto di “immagine rappresentativa” che viene a realizzarsi nel laboratorio, si discosta da quella di “figura”, prodotta dalla percezione visiva. Le immagini percepite in stato di veglia e piena coscienza si realizzano nel pensiero visivo, mediante categorizzazioni di forme complesse nello spazio, come ipotizzarono i teorici della Gestalt. Le immagini rappresentative sono invece il risultato di processi che chiameremo, secondo la teorizzazione fagioliana, ricreativi, cioè che si realizzano mediante l’attivazione di un movimento del tempo interno, che in un adulto altera e modifica i dati della percezione cosciente, per realizzare senso mediante visione. Queste immagini hanno caratteristiche potenziali di movimento dinamico nel cogliere, mostrare conflitti nella relazione tra il soggetto che elabora l’espressione e la realtà umana, personale, sociale, storica in cui egli vive. Abbiamo chiamato queste immagini, prodotte nella fase ideativa della elaborazione ricreativa: generanti.
L’ approccio che va a stimolare la ricerca e formazione di “immagini rappresentative”, modifica la relazione didattica, poiché l’elaborazione di una espressione di linguaggio rappresentativo si può attuare mediante una stimolazione che indirizza processi che si basano su un movimento del tempo umano. Ciò può ridefinire la realtà linguistica del soggetto che re-agisce nei termini di pensiero e linguaggio.
Ipotesi ontologiche nella formazione delle strutture dinamiche della fisionomia dell’espressione creativa
Abbiamo detto che il pensiero rappresentativo ha una particolare forma di elaborazione del tempo, che chiameremo interno di natura re-attiva. La re-azione allo stimolo luminoso alla nascita lascia comparire, con la sparizione degli stimoli della natura esterna (pulsione di annullamento), nel venire alla luce, la creazione di una energia vitale derivata dalla pressione esercitata nell’utero nel canale del parto. È questa sensibilità umana specifica, che coinvolge tutta la pelle del neonato, che darà vita ad una capacità di immaginare come intuizione dell’umano fuori di sé nella ricerca di rapporto. Si realizzerà in questo processo trasformativo il primo nucleo di realizzazione di immagine, che non è solo atto percettivo in formazione, ma che ha in sé, nella elaborazione del confine sensibile del corpo, uno stato di movimento della linea come capacità non cosciente di realizzare espressione a partire da una capacità di immaginare.
L’attività percettiva audiovisiva che va maturando si accompagna ad una prima articolazione interna di visione ed espressione, in cui il concetto di linea si vestirà dei suoni delle voci umane con cui il bambino farà rapporto, in particolare quella della madre, e le immagini indefinite realizzate nella relazione intima che si crea nell’allattamento. Gradualmente si maturerà, nel rapporto e separazione dalla madre, una combinazione della visione che dal succhiare, toccare, ascoltare, sentire, diverrà espressione nella linea della voce del bambino che cerca rapporto, linea dello sguardo che immagina e disegna i lineamenti del volto indefinito fuori di sé, linea della mano che accarezza elaborando forme. Si comporrà una prima articolazione dinamica della fisionomia dell’espressione non cosciente come triangolo audiovisivo dinamico: occhi, orecchie, bocca – voce, visione, mano. Verso i sei sette mesi, allorché i sensi matureranno, nel guardare fuori di sé, ci sarà nel vedersi allo specchio del bambino la configurazione del primo riconoscere se stesso, come definizione percepibile del sé interno, non materiale: dalla separazione dalla madre si svilupperà questa prima articolazione dinamica dell’espressione.
La linea visiva, sonora, messa fuori di sé in una dinamica di alienazione, dopo aver disegnato l’idea-immagine del volto della madre, disegnerà l’idea-immagine del proprio volto. Il bambino viene in contatto con la lingua storico naturale del gruppo umano in cui è nato, attraverso la voce della madre e dei primi contatti umani: padre, cerchia dei familiari. Le espressioni verbali del bambino andranno a fondersi in aggregati, toni, articolazioni che procederanno dalla lallazione a quella che sarà poi la fase della verbalizzazione. Il bambino inizierà a dare un nome alle cose. E qui si genererà il primo grande conflitto nel nominare, all’interno dei rapporti umani, il senso: il vero e il falso, il buono e il cattivo. Ciò che il bambino vedrà e sentirà in rapporto con la realtà umana, storica e sociale con la quale verrà inevitabilmente in contatto, avrà un contenuto latente, in cui le parole e le azioni degli adulti, a volte, non corrisponderanno al contenuto affettivo della relazione umana mostrata.
Lo sviluppo di una fisionomia dell’espressione ha come fondamento una dialettica conflittuale di natura conoscitiva, in cui la maturazione della visione deve cimentarsi con la soddisfazione del desiderio o con la delusione che può alterare il triangolo audiovisivo interno. Occorre sviluppare una re-azione che rifiuti il negativo fuori di sé, che cerchi, trovi e scopra un positivo fuori di sé. Il grafismo, la traccia materiale che la mano comporrà nella prima realizzazione di silenzio, arriverà gradualmente nel terzo quarto anno. E sarà indirizzata dal visivo al verbale, cercherà di comporre la linea sonora e linea visiva mediante l’azione della mano, utilizzando il sistema linguistico che storicamente ha prevalso: nel nostro caso, nella temporalità media, è l’alfabeto, ma nella prospettiva storica breve e futura entra come protagonista la riproducibilità del movimento audiovisivo.
Le forme rappresentative sono forme dinamiche di stimolazione di una reazione individuale e collettiva di pensiero e linguaggio che tende a stimolare connessioni interpretative di senso (il vero e il falso, il buono e il cattivo). Il pubblico partecipa al costituirsi della forma dinamica dell’opera mediante la propria re-azione emotiva e immaginativa. In tale direzione, diremo che il pensiero e linguaggio rappresentativo comprende, nel suo realizzarsi, la tendenza a modificare il pensiero e linguaggio del gruppo e viceversa. In tal modo, l’immagine rappresentativa derivata da processi ricreativi, o stati di movimento di immagine, si apre ad una dialettica e confronto conoscitivo con la realtà umana esterna, nel mostrare i conflitti spesso latenti ma attivi nelle relazioni individuali, sociali e storiche. Sta all’artista “far aprire gli occhi” su fatti ed eventi che non vengono considerati. Ma può avvenire anche il contrario, forme di pensiero rappresentativo possono artatamente occultare, distorcere una spinta alla visione di una “verità storica” scomoda da accettare. Peculiarità del pensiero rappresentativo è quello di avere nella sua natura la possibilità di stimolare e influenzare la realizzazione di senso dello spettatore, poiché la ideazione composizione della forma comprende le reazioni stesse del gruppo-pubblico. Il gruppo-pubblico è parte della forma dinamica dell’opera.
Attraverso queste elaborazioni, la locuzione pensiero critico come processo autoriflessivo, allorché accolga in sé le “immagini rappresentative” si toglie da una astrazione interpretativa verbale statica, legandosi invece ad una idea dinamica del conflitto, storicamente identificabile nelle forme di linguaggio in rapporto.
La cultura del potere dominante ha sempre utilizzato l’impressionante capacità di influenzamento del pensiero rappresentativo per indirizzare, condizionare la mente del singolo e del gruppo-massa. Ciò ha generato nel lungo periodo la formazione di mentalità nei gruppi sociali umani. Tale potenza è particolarmente pervasiva a partire dall’avvento della riproducibilità audiovisiva della realtà che, nata nella metà dell’Ottocento, giunge nei suoi esiti fino a noi.
Sviluppo di una ricerca
Il metodo didattico del Laboratorio creativo Audiovisivo costruito in oltre venti anni di esperienza, prima nell’Università La Sapienza a partire dal 1996 e poi nelle Biblioteche del Comune di Roma, è stato poi applicato presso l’Istituto Centrale per i Beni sonori e Audiovisivi del Ministero della Cultura (di seguito ICBSA ) per oltre sei anni, divenendo la base metodologica di un progetto europeo Erasmus, ideato da Annio Gioacchino Stasi, denominato Creative Audiovisual Lab for the promotion of critical thinking and media (di seguito CRAL). Questo metodo didattico va a proporre un’idea di Literacy Audiovisiva complessa in cui leggere e scrivere, capire e farsi capire siano legati al problema della realizzazione dell’espressione individuale e collettiva, mediante la scoperta delle caratteristiche del pensiero rappresentativo che, nel caso della sperimentazione presso l’ICBSA e poi in CRAL, si realizza con sistemi di riproduzione audiovisiva.
La relazione tra i principi fondativi della metodologia didattica, la sua applicazione e gli esiti conseguenti in ambiti linguistici e di pensiero differenziati (scrittura rappresentativa, linguaggio audiovisivo su base riprodotta) sono inscindibili, in quanto la novità del metodo è quella di basarsi su concetti innovativi dal punto di vista della ricerca metodologica e teorica e dell’applicazione pratica nell’ambito della azione e formazione didattica.
La LITERACY AUDIOVISIVA COMPLESSA: confronto tra langue e parole nella formazione audiovisuale. Prospettiva sincronica
Nel presente dobbiamo considerare “formativa” anche la realtà audiovisuale nella quale il mondo giovanile, in particolare, e noi tutti siamo immersi. Non è ininfluente l’insieme delle forme audiovisive alle quali quotidianamente siamo esposti. Continuamente veniamo coinvolti da una molteplicità di stimoli basati sulla riproducibilità del reale che ci informano, rappresentano, intrattengono, prefigurando una sorta di formazione indiretta di competenze linguistiche audiovisuali, basata su una Koiné, linguaggio comune praticato, di cui non sono ancora stati definiti gli elementi distintivi.
La particolarità del linguaggio rappresentativo, nel suo esercitare forme di influenza sul pensiero individuale e collettivo, è un elemento essenziale da indagare se vogliamo comprendere le relazioni tra un sistema complessivo di linguaggio, l’espressione individuale, la formazione di elementi di mentalità collettiva nel lungo periodo e un possibile sviluppo del pensiero critico-creativo basato su forme di pensiero non cosciente in stato di veglia.
Nel breve periodo, gli ultimi centocinquanta anni, grazie agli sviluppi tecnologici del digitale, l’audiovisivo riprodotto si è imposto come elemento non solo ricettivo, di lettura, e di comunicazione di un pubblico vastissimo, ma anche come strumento quotidiano di un uso attivo, di scrittura, al di là di professionalità tecnico artistiche specifiche, intendendo con questo termine scrittura la possibilità di costruire forme espressive e comunicative percepibili, duplicabili, trasmissibili e condivisibili in tempo reale; ciò avviene in particolare nelle nuove generazioni con l’uso di iPhone e smartphone.
Siamo in presenza di una dialettica linguistica vissuta inconsapevolmente, che interviene nelle modalità conoscitive ed espressive senza che vi sia un chiaro quadro di riferimento. Chi pensa, scrive, produce il linguaggio audiovisivo, è un sistema produttivo e dell’informazione, che ha logiche diverse da un progetto formativo audiovisivo critico di base, progetto questo, non ancora pienamente presente nella scuola.
Proporre corsi che trasmettano tecniche professionali (di sceneggiatura, regia, montaggio etc.) riferite a modalità narrative presenti nel mercato, può trarre in inganno, prefigurando il linguaggio delle immagini in movimento solo come intrattenimento e comunicazione, progettati da blockbuster o canali specializzati in prodotti seriali televisivi. E il web assimila e diffonde questi usi prevalenti, di modo che i ragazzi li acquisiscano come apparentemente naturali e identitari per una cultura giovanile. Le nuove generazioni, schiacciate da un presente comunicativo e di intrattenimento dei media e dei social, corrono il rischio di non sviluppare le capacità per una visione di una memoria storica audiovisuale che ha a fondamento capacità immaginative e creative. Poiché il rapporto con la “cultura” non è solo questione di trasmissione di nozioni e informazioni su oggetti materiali inanimati, o rielaborazioni digitali di un mondo virtuale, esso necessita di uno sguardo umano e di un coinvolgimento immaginativo ed emotivo, mediante una prassi creativa in grado di lasciar maturare un vedere, nessi tra passato e presente, dato questo che è la base di ogni identità critica in formazione.
La LITERACY AUDIOVISIVA COMPLESSA confronto tra langue e parole nella prospettiva diacronica
La riproducibilità del reale
La riproduzione del movimento del suono e delle immagini è il fondamento di una rivoluzione del linguaggio che si sviluppa alla fine dell’Ottocento; essa eredita dal positivismo la spinta a realizzare ciò che non era mai avvenuto nella storia umana: rendere percepibile ciò che appare ai nostri occhi e alle nostre orecchie come qualcosa di transeunte e inafferrabile. Si tratta, per l’immagine riprodotta in movimento, dell’effetto Phi, una percezione illusoria, come viene descritta da Wertheimer nel 1912, con il suo articolo Studi sperimentali sulla percezione del movimento, (lo scorrimento di ventiquattro fotogrammi al secondo di immagini fisse, danno l’impressione di un movimento che di fatto non esiste). Vi è un coinvolgimento diretto, nell’atto percettivo della retina, che relaziona in vario modo i dati di realtà, come i teorici della Gestalt Wertheimer, Kohler, Koffka nei primi decenni del Novecento indicarono con le loro ricerche. Ma tale coinvolgimento rimane all’interno di pattern e componenti di natura spaziale complessa, in cui il tema dell’insight cognitivo non esplicita un elemento dinamico specifico. La connessione tra lo sparire e l’apparire dal campo percettivo del soggetto percipiente e la formazione di immagini mentali nell’atto del ricordo cosciente non contempla dinamiche che tendono a modificare, deformare, o trasformare le immagini stesse, come possiamo constatare invece nell’attività del pensiero onirico e in quella del pensiero rappresentativo.
Vi è, oltre la percezione, anche un coinvolgimento umano di natura immaginativa e temporale che presiede alle re-azioni di chi si pone in rapporto con la realtà. Da queste due componenti percettive e immaginative deriveranno modi di raccontare drammaturgicamente e fondamentalmente di pensare, comunicare e rappresentare la realtà.
Il cinema è un artificio che ha permesso per la prima volta di raccogliere direttamente dalla realtà il movimento di suoni e immagini, per farne una lingua universale. Ha un potere enorme sulle nostre menti perché sembra dirci: guarda e vedi; quello che accade davanti ai tuoi occhi è reale e vero, e tu ne sei testimone. Sembra un sogno ad occhi aperti, a cui possiamo lasciarci andare nel buio della sala con le pupille spalancate. Ma poi lo spettacolo finisce, la luce si accende e intorno a noi accadono cose che dobbiamo vedere e poi capire, perché sotto i nostri occhi, senza che ce ne accorgiamo, si muove il tempo della storia in cui siamo tutti immersi.
Si è trattato di un cambiamento epocale, sul quale si sono innestate tutte le modificazioni successive, non è solo una tecnica innovativa, ma diviene una nuova modalità di elaborare il pensiero che ha attraversato oltre un secolo della nostra epoca e che ha influenzato la percezione e la visione del presente, della storia, e dei rapporti umani e sociali. L’enorme novità è stata che fu possibile rendere percepibile, non solo il dato reale esterno ricomponendo una falsa percezione di uno stato di movimento spazio-temporale, ma anche di manifestare e rendere percepibili il movimento temporale interno del pensiero, nei vari stati mentali, del sogno e della veglia. Dalla rêverie, al ricordare, alla memoria non cosciente. Alla luce di queste ipotesi va anche riletto il saggio di Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Così come il noto volume di McLuhan Undestanding Media. The Exstensions of Man (1964).
Lo sviluppo dei media e della televisione in particolare inserisce il mondo della rappresentazione audiovisiva direttamente nello spazio di vita individuale e sociale, senza che vi sia una separazione di spazio di ricezione e soprattutto di tempo della visione. La rappresentazione e l’informazione divengono un flusso continuo di pensiero e linguaggio a cui siamo esposti.
L’avvento di sistemi di riproduzione audiovisiva e comunicativa alla portata di tutti, in fase ricettiva e produttiva (smartphone, iPhone, specie nei nativi digitali), rende più evidente come la riproducibilità del reale sia la base di un linguaggio e un pensiero che ha una possibile lingua di riferimento e una azione espressiva di parole (espressione individuale) praticata inconsapevolmente sulla base di una alfabetizzazione indotta da un sistema dei media e dell’intrattenimento della culturale occidentale.
La formazione di un pensiero critico
Inserita in questo nuovo quadro di riferimento teorico linguistico e di prassi creativa, la parola “pensiero critico” inizia ad assumere una veste più riconoscibile. Pensiero critico per le giovani generazioni diviene la possibilità, mediante la realizzazione di una prassi linguistica come pensiero creativo, di potersi confrontare non solo razionalmente, ma anche attraverso la maturazione di “visioni di nessi interpretativi non coscienti”, ad un sistema lingua dei media onnipresente e quindi cogliere le ricerche umane e storiche sul linguaggio che esprime, racconta, svela conflitti, oltre il sistema linguistico contingente.
Pensiero critico diviene saper accettare, scegliere, rifiutare, ma anche ricercare e vedere nella storia. Senza uno sviluppo di capacità immaginative, presente in tutti, senza la maturazione di uno sguardo/visione, non esistono spiegazioni logiche che reggano il confronto con la pervasività del sistema rappresentativo dei media. Occorre una spinta interna non cosciente al conoscere, come investimento immaginativo ed emotivo che sorregga le forme di pensiero e di azione: questo può diventare, negli anni, la formazione di un pensiero critico. Un pensiero in grado di muoversi nel tempo.
Legare la visione critica al pensiero critico significa andare oltre l’elaborazione cosciente verbale, fatta di parole che nascono troppo spesso dall’annullamento delle immagini non coscienti. Porre al centro della formazione l’espressione individuale che si confronta con il gruppo e la storia, mediante azioni rappresentative, consente di conquistare una verbalizzazione critica qualitativamente diversa e più profonda, perché poggia su una manifestazione di identità individuale non cosciente.
Il pensiero critico si connota così mediante un processo che modifica e sviluppa la qualità stessa del pensiero. Parliamo di maturazione interna che non si ottiene su un piano di mera comunicazione di informazioni. Non parliamo di opinioni, ma di maturazione di un punto di visione sulla realtà.
Le parole che distinguono vengono dopo una prassi ricreativa, e per ciò connotate di una nominazione di senso completamente diversa rispetto ad una verbalizzazione logico razionale, pur rimanendo identiche le parole. Vi è un coinvolgimento di natura emotiva ed immaginativa a sostenere, e sostanziare, un pensiero visivo, una prassi rappresentativa, un confronto con il gruppo, e infine una verbalizzazione. E così si scopre che la rappresentazione non è solo intrattenimento, ma ricerca, scoperta, interpretazione della realtà.
Il Laboratorio suoni e immagini in movimento presso l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi
Presso l’Istituto Centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi, per oltre sei anni, è stato sperimentato questo approccio con la specificazione a cui prima accennavamo, poiché l’ICBSA del MIC è l’istituto nazionale preposto alla conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio audiovisivo nazionale, e non solo. Il problema, che ci siamo ritrovati ad affrontare, è stato quello di elaborare una metodologia di lettura e scrittura dell’audiovisivo che si affrancasse da una specializzazione professionale e di ricerca da un lato (che riguarda settori specialistici in ambito storico, etnomusicologico, glottologico, musicale) ma che evitasse allo stesso tempo il riduzionismo di natura tecnico professionale. Il problema è stato considerare l’audiovisivo da un punto di vista di pensiero e linguaggio in ambito culturale, sociale, linguistico, espressivo.
Il linguaggio scritto necessita di una complessa articolazione audiovisuale nella relazione suono/immagine/azione manuale, nell’atto di comprensione, espressione, lettura, scrittura; e di un lungo apprendistato per padroneggiare gli elementi tecnici espressivi e compositivi. Il linguaggio dei suoni e delle immagini in movimento si presenta, apparentemente naturale, nella sua ricezione ed elaborazione comunicativa ed espressiva. Grazie alle applicazioni sviluppate su supporti digitali, come iphone e tablet provvisti di software e tutorial e social network di diffusione, si è determinata una falsa azione di linguaggio della rappresentazione di sé e di una socialità smaterializzata, in cui l’idea stessa di immagine ha perso la relazione con la sua origine: la reazione sensibile del corpo. Vi è alla base una ideologia della visione e della comunicazione basata sull’intrattenimento. L’intrattenimento annulla e nega i conflitti, altera le reazioni emotive inducendo uno svuotamento di senso, attraverso drammatizzazioni fatue o ilari sorrisi dementi: il riso e il pianto, caratteristiche umane, vengono alterati nella loro realtà espressiva di senso più profondo.
L’avvento della riproducibilità del reale, di metà Ottocento, ha modificato gli elementi costitutivi della relazione tra percezione e realtà. La riproducibilità dell’immagine, del suono e del movimento costituiscono un sistema di false percezioni che simulano l’attività degli apparati sensoriali audiovisivi. Ma sono allo stesso tempo un potente strumento di elaborazione di un tempo immaginativo di natura reattiva che costituisce l’ossatura delle sperimentazioni drammaturgiche audiovisive, cioè delle modalità di coinvolgimento del pensiero per immagini in movimento, di larghe masse di popolazione (vedi la teorizzazione del cinema russo d’avanguardia, in particolare Sergej Michajlovič Ėjzenštejn con il suo montaggio delle attrazioni, e i lavori di Leni Riefenstal nella Germania nazista).
I regimi autoritari compresero subito l’enorme potere di manipolazione, attraverso la propaganda nella visione della realtà storica, sociale, umana, politica. Ma anche le logiche di mercato capitalistiche, che tendono a definire la realtà umana nei termini di consumatori di prodotti, utilizzano il potere delle immagini. L’impatto sulla formazione di una mentalità interpretativa che soggiace a logiche consumistiche di mercato, a livello sociale, è oggi drammaticamente sotto i nostri occhi. Così come vediamo lo scontro di propaganda che è uno dei fattori essenziali nell’attuale dialettica politica. Prevale una logica in cui ogni fatto ed evento viene ricondotto ad una visione del tempo svuotato e distorto di senso emotivo umano: drammatizzare e acquietare, in una quotidianità immanente. La successione di immagini di morte e distruzione, di catastrofi ambientali, di episodi efferati, si succede a consigli di cucina, biografie di intrattenitori, cantanti, starlet in cui si levano a tratti le voci dei Savonarola del momento, e così è nella rete e nel web in cui agiscono influencer che si pongono come punti di riferimento interpretativo e rappresentativo, unendo battaglie di impegno sociale a vendite di prodotti. Ma è quello che abbiamo dentro tutti noi? È ciò che auspichiamo?
La ricerca dei laboratori spinge invece a cercare una dimensione individuale e sociale in cui a prevalere sono immagini e pensieri sulla realtà, in cui il conflitto genera visioni che tendono a ricreare una dimensione dell’umano e della relazione sociale qualitativamente diversi. Una ricerca sulle dimensioni non distruttive e degenerative, uno stare insieme in cui le identità trovano fondamenti comuni con cui confrontarsi per realizzare attività che tendono al bene di sé e degli altri.
Approccio teorico pratico del Laboratorio e il Progetto CRAL
La realizzazione del progetto Cral ha previsto una articolazione formativa che ha coinvolto Tutor, docenti e studenti. Per tale scopo abbiamo realizzato 10 videolezioni narrative che mostrano il rapporto didattico documentato nel corso della sperimentazione presso l’ICBSA, con quattro gruppi di studenti, nella realizzazione di quattro diversi progetti. L’approccio metodologico e teorico prima esposto ha portato ad una articolazione di una prassi e concetti innovativi che andavano a coinvolgere, nei tre livelli, Tutor, docenti e studenti, in reazioni che in modo diverso si presentavano come elementi di crisi di un approccio conoscitivo presistente. Questi elementi di crisi sono fondamentali perché portano con sé la possibilità di sviluppare graduali scoperte di un modo diverso di elaborare pensiero e linguaggio.
Una questione interessante è stata il tentativo di alcuni Partner del progetto di ricondurre il lavoro a teorizzazioni preesistenti. Ciò a conferma che la difficoltà di comprensione, inizialmente, si può strutturare nel tentativo di “spiegare” la novità metodologica e teorica, che è alla base della ricerca, attraverso concetti già noti. In particolare, i riferimenti andavano a focalizzarsi su dinamiche percettive di natura spaziale (vedi teoria della Gestalt e suoi derivati). Il movimento del pensiero rappresentativo, secondo la nostra ipotesi, ha invece nel tempo reattivo immaginativo il suo cardine.
Allorché ci si lasci andare al rapporto con l’emergenza di “immagini rappresentative” l’auto riflessività creativa racconta questo processo, mediante immagini che dicono di una perdita di orientamento e il vissuto di un “altro tempo”, che viene verbalizzato come una “bolla separata” dalla realtà. L’immagine del chiudere gli occhi e di risvegliarsi prefigura una capacità nuova di visione, in uno stato mentale in cui si “vede” e non si “guarda”. Ogni laboratorio ha come compito finale la realizzazione di un progetto audiovisivo, cortometraggio ideato con il gruppo-classe e con gli insegnanti. In tal modo, la discriminazione delle forme audiovisive informative e rappresentative a cui siamo esposti, avviene mediante una scoperta individuale e collettiva di una propria espressione. È essenziale che l’idea/immagine generante la storia parta dai ragazzi, o dal rapporto tra studenti e insegnanti. Cioè, l’elemento conflittuale deve essere reale e presente in chi poi andrà a raccontarlo ed esprimerlo.
La proposta metodologica e didattica così articolata ci consente di comprendere che rappresentare non è evadere dalla realtà, ma è approfondire il rapporto con sé stessi e gli altri. È aprire lo sguardo sui conflitti, costruendo storie di immagini per distinguere ciò che ci viene detto, come ci viene detto, e il perché del racconto della storia, quella grande in cui noi tutti siamo immersi. Alcuni principi costitutivi del pensiero rappresentativo o elementi ci consentono di comprendere meglio la specifica natura linguistica audiovisiva che gli strumenti di riproduzione video sonora, nati da oltre un secolo, ci mettono a disposizione. Comporre forme narrative o comunicative mediante immagini in movimento è pensare, coinvolgendo gli altri a realizzare senso e significato della realtà. Il linguaggio per immagini in movimento concorre a formare l’identità come pensiero, insieme al pensiero verbale e linguaggio verbale articolato. Ha però caratteristiche formative, realizzative ed esecutive specifiche. La possibilità di ricreare il nostro tempo interno è provare a immaginare nella scuola un modo di crescere e maturare insieme: studenti, docenti, famiglie, collettività. È scoprire che la dimensione immaginativa e creativa non è solo degli artisti, ma è una possibilità espressiva che ci serve per vivere in modo più vero il nostro tempo. È, come abbiamo provato a dire con le immagini e le parole, comporre con le due linee: sonora e visiva, il disegno del nostro e altrui volto. Dobbiamo determinare le condizioni per creare un ponte tra la realtà linguistica e aggiungeremmo umana degli studenti e degli insegnanti, perché la formazione assuma una nuova fisionomia di rapporto.
Note
(1)
Massimo Fagioli: Istinto di morte e conoscenza, Pensieri di psicoanalisi, Roma, A. Armando, 1972, poi Istinto di morte e conoscenza, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2010, 2017, edizione tedesca, Todestrieb und Erkenntnis, Frankfurt, Stroemfeld, 2011, edizione inglese, Death instinct and knowledge, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2019 edizione francese, Instinct de mort et connaissance, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2022, edizione spagnola, Instinto de muerte y conocimiento, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2023. La marionetta e il burattino, Roma, A. Armando, 1974, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2011. Psicoanalisi della nascita e castrazione umana, Roma, A. Armando, 1975, poi Teoria della nascita e castrazione umana, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2012. Bambino, donna e trasformazione dell’uomo, Roma, Nuove Edizioni Romane, 1980, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013.
Dal 2002 al 2012 Massimo Fagioli tiene una serie di lezioni nel Corso di Psicologia dinamica, presso l’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti, trascritte in 11 volumi.
Dal 2006 al 2017 la rivista Left ha ospitato una rubrica dal titolo Trasformazione, a firma di Massimo Fagioli, i cui articoli sono stati raccolti, in edizioni annuali, in 11 volumi.
(2)
Sulle relazioni tra Teoria della nascita e ipotesi sul terzo fotorecettore
Frontiers in Integrative neuroscience. Hypothesis and Theory.published , 2 September 2022 Doi: 10.3389 fnint.2022.933426.
The Newborn’s Reaction to Light as the Determinant of the Brain’s Activation at Human Birth
Daniela Polese 1*†, Maria Letizia Riccio 2†, Marcella Fagioli 3, Alessandro Mazzetta 4, Francesca Fagioli 3, Pasquale Parisi 5 and Massimo Fagioli 6.
1 PhD Program on Sensorineural Plasticity, Department of Neuroscience, Mental Health and Sensory Organs NESMOS, Sant’Andrea Hospital, Sapienza University of Rome, Rome, Italy, 2 Department of Medical Biotechnologies, University of Siena, Siena, Italy, 3 Department of Mental Health, National Health System ASL Rome 1, Rome, Italy, 4 PhD Program on Neuroscience, Department of Systems Medicine, Tor Vergata University, Rome, Italy, 5 Chair of Pediatrics, Department of Neuroscience, Mental Health and Sensory Organs NESMOS, Sant’Andrea Hospital, Sapienza University of Rome, Rome, Italy, 6 Via Roma Libera, Rome, Italy.
(3)
A tal riguardo, ci è apparso interessante, da proporre e approfondire, il nesso che ne potrebbe scaturire in particolare sulle relazioni tra l’attivazione del terzo fotorecettore, l’attivazione dei cicli circadiani e lo sviluppo dei diversi stati mentali, in cui si elabora il pensiero in stato di sonno e veglia, in quelle che chiameremo forme del pensiero non cosciente. Esso inerisce alle tematiche connesse alla ricerca sugli elementi costitutivi del pensiero rappresentativo, in particolare l’idea concetto di linea. Ciò fornirebbe agli studi di arte e linguistica una nuova prospettiva interpretativa.
(4)
Mario Vegetti, Il coltello e lo stilo, Il Saggiatore, Milano, 1979; IIª edizione, III edizione aggiornata1996, p.42.
(5)
Lev Semënovič Vygotskij, Problemi di metodo in Il processo cognitivo, Torino, Boringhieri, 1980, pagg.103-104.
(6)
Annio Gioacchino Stasi, Mery Tortolini, Il laboratorio di immagine e scrittura creativa. Prassi e teoria. Una ricerca sul pensiero rappresentativo, Empoli, Ibiskos Editrice Risolo, 2007.
(7)
Il confronto di Annio Gioacchino Stasi con Tullio De Mauro è iniziato con l’invito a tenere dei seminari-laboratori di scrittura creativa, insieme a Pietro Pedace, presso il Dipartimento di Scienze del Linguaggio dell’Università “La Sapienza” di Roma, nell’Anno Accademico 1994-95, in collaborazione con la rivista “Omero”. Successivamente, il rapporto si è sviluppato attraverso il compimento di Stasi, dopo aver effettuato studi di psicologia, di una tesi di laurea in Linguistica, con Lode, sul “Laboratorio di scrittura creativa”, nell’Anno Accademico 2003. Nel frattempo erano stati pubblicati due volumi a cura di Tullio De Mauro, Pietro Pedace e Annio Gioacchino Stasi di Teoria e pratica della scrittura creativa I e II (Edizioni Controluce, Roma 1996, 1999). Nei due volumi sono pubblicate due interviste – confronto con De Mauro, in cui Stasi poneva delle questioni metodologiche e teoriche sull’approccio di ricerca nei confronti di processi di natura creativa: Lezione di dinamica dei fluidi a una farfalla, in Teoria e pratica della scrittura creativa I, pagg.192-205. La ricerca di un metodo nello studio di un processo rappresentativo, in Teoria e pratica della scrittura creativa II, pagg. 27-39. Il confronto è proseguito insieme aMery Tortoliniin successivi incontri: 23 Marzo 2005, Presentazione del romanzo L’Ospite e L’Arlecchina di Annio Gioacchino Stasi, immagini di Mery Tortolini, in Il laboratorio di immagine e scrittura creativa (Ibiskos 2007), pagg. 246-256; La frontiera mobile del linguaggio, luglio 2007, pagg.142-152). Infine, nell’incontro Immaginazione e memoria, in data 4 Dicembre 2013, incontro con Tullio De Mauro, Alberto Oliverio, Mery Tortolini, Annio Gioacchino Stasi, in occasione dell’uscita del volume Immaginazione e metodo nelle scienze umane. Didattica e formazione II di Mery Tortolini e A.G. Stasi, Ibiskos Editrice Risolo, 2013 e del volume Immaginazione e Memoria di Alberto Oliverio, Roma, Mondadori Università, 2013, incontro visibile sul canale youtube Annio Stasi, al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=zZzntK0HpE8&t=8s.
(8)
Op. cit. Il laboratorio di immagine e scrittura creativa. Prassi e Teoria. Una ricerca sul pensiero rappresentativo, di Stasi e Tortolini, La formazione del punto di vista del ricercatore di scienze umane, pagg.17-24.
(9)
Op.cit. Teoria e pratica della scrittura I, pagg.196.
(10)
Nell’ambito dell’analisi dei processi di ricezione, Tullio De Mauro, nel suo Capire le parole, Torino, Laterza, 1994, pone particolare attenzione al “prius e un posterius assoluti nell’attacco della ricezione di un enunziato…ma questo primo appiglio non regge e non ci regge se non supponiamo insieme che ci troviamo dinanzi a un’espressione, a una manifestazione semiotica” p.58; De Mauro poi chiarisce che “…ben prima di potere riconoscere l’espressione come realizzazione in una certa lingua possiamo fare alcune prime ipotesi su aspetti rilevanti di senso. Ipotesi sull’individuato espressivo e sull’individuato semantico sono da noi elaborate prima e fuori delle conoscenze e determinazioni di una lingua particolare e del linguaggio verbale. Su una base percettiva e di intelligenza prelinguistica, genericamente conoscitiva e semiotica.” p.59.
(11)
Annio Gioacchino Stasi Teoria e pratica della scrittura creativa I di Tullio De Mauro, Pietro Pedace, Annio Gioacchino Stasi Ed. Controluce, Roma 1996; Teoria e pratica della scrittura creativa II di Tullio De Mauro, Pietro Pedace, Annio Gioacchino Stasi Ed. Controluce, Roma 1999;
Annio Gioacchino Stasi-Mery Tortolini Il laboratorio di immagine e scrittura creativa. Prassi e teoria. Una ricerca sul pensiero rappresentativo di Mery Tortolini e Annio Gioacchino Stasi, Empoli Ibiskos Editrice Risolo, 2007; Immaginazione e metodo nelle scienze umane. Didattica e formazione I di Annio Gioacchino Stasi e Mery Tortolini, Empoli, Ibiskos Editrice Risolo, 2010; Immaginazione e metodo nelle scienze umane. Didattica e formazione II di Annio Gioacchino Stasi e Mery Tortolini, Empoli, Ibiskos Editrice Risolo, 2013; La conquista del presente, ciclo di incontri presso le Biblioteche del Comune di Roma a cura di A.G. Stasi e M. Tortolini, Biblioteche del Comune di Roma, 2016. Nei suindicati volumi, sono presenti interviste, confronti e convegni a cura degli autori con studiosi e artisti: Francesca Bernardini, Marco Bellocchio, Giancarlo De Cataldo, Tullio De Mauro, Giuseppe Di Giacomo, Dario Evola, Massimo Fagioli, Marcella Frangipane, Paolo Izzo, Giuseppe O. Longo, Ferruccio Marotti, Anna Maria Panzera, Marina Silvestri, Claudio Tuniz, Paolo Valesio.
Si veda, nel sito dell’artista www.merytortolini.it, la documentazione video delle mostre – convegni e degli incontri di ricerca sulle tematiche di interesse affrontate nel presente articolo.
I Laboratori di scrittura creativa sono stati tenuti dal 1994 al 1999 presso il Dipartimento di Scienze del Linguaggio, diretto da Tullio De Mauro, in seminari in collaborazione con le Cattedre di Sociolinguistica (Prof.ssa Maria Emanuela Piemontese) e di Filosofia del linguaggio, (Prof. Massimo Prampolini) da Annio Gioacchino Stasi, Pietro Pedace, Franco De Renzo; hanno partecipato agli incontri Paolo Valesio, Pietro Montani, Marino Sinibaldi, Lidia Ravera, Clara Sereni, Alberto Oliverio, Valerio Magrelli, Remo Bodei, Massimo Fagioli, Marco Bellocchio, Francesca Sanvitale, Sandra Giuliani. A partire dal 1999 fino al 2012, su incarico di Alberto Asor Rosa, è stato istituito un corso denominato Laboratorio di immagine e scrittura creativa, tenuto da Annio Gioacchino Stasi e Mery Tortolini. Ogni laboratorio concludeva il suo ciclo di lezioni con una rappresentazione teatrale scenica con le immagini e testi prodotti da A.G. Stasi, M. Tortolini e dagli studenti.
Per approfondire le questioni di metodo emerse durante la prassi di Laboratorio, sono stati realizzati due convegni, uno il 24 Febbraio del 2009 Immaginazione e metodo nelle scienze umane. Didattica e formazione I, a cui hanno partecipato: Roberto Nicolai, Maria Emanuela Piemontese, Marcella Frangipane, Francesco Pitocco, Monica Cristina Sorini, Claudio Zambianchi, Dario Evola. Il 3 Maggio 2010 si è tenuto il secondo convegno Immaginazione e metodo nelle scienze umane. Didattica e formazione II che ha visto la partecipazione di Roberto Nicolai, Maria Emanuela Piemontese, Claudio Zambianchi, Elisabbetta Mondello, Francesco Pitocco, Dario Evola, Maria Cristina Storini, Paolo Canettieri, Andrea Cucchiarelli.
Nel Marzo 2011 usciva il film Ombre di luce, di Massimo D’Orzi, scritto e interpretato da Annio Gioacchino Stasi e Mery Tortolini e gli studenti del Laboratorio dell’Anno Accademico 2009 -2010, mentre nell’Università si sviluppava l’ultima grande contestazione studentesca chiamata L’Onda. Si tratta di un film documentario e di fiction, di ricerca sperimentale, che raccontava in diretta l’invenzione di una storia mentre l’Università era occupata.
La possibilità di porre in relazione ipotesi linguistiche ontologiche, sulla formazione di processi non coscienti in stato di veglia, nella realizzazione di un pensiero rappresentativo, attraverso il confronto diretto tra Massimo Fagioli e Tullio De Mauro, ha avuto diverse occasioni dirette e organizzate da A.G. Stasi. Tali occasioni sono state realizzate nel corso delle attività del Laboratorio di scrittura creativa, presso l’Università La Sapienza di Roma, da lui tenuto dal 1995 al 2012. (Insieme a Mery Tortolini dal 1999). In particolare, il 3 Marzo 1995, presso la sede universitaria di Villa Mirafiori. L’incontro viene pubblicato col titolo Le due memorie. Incontro con Marco Bellocchio con la partecipazione di Tullio De Mauro e Massimo Fagioli, a cura di Annio Gioacchino Stasi, in Teoria e pratica della scrittura creativa, pagg.173-191. L’occasione, in quel caso, è stata la relazione creativa creatasi tra Massimo Fagioli e Marco Bellocchio nel progetto cinematografico del film Il sogno della farfalla (1994), regia di Bellocchio su sceneggiatura originale di Fagioli, pubblicata sulla rivista omonima, nel suo primo numero Vol. 1, N.1- 1-1-1992, pagg. 13-66. Precedentemente, Stasi, il 18 Settembre del 1994, nell’ambito della prima edizione della Città della scrittura da lui ideata e diretta, insieme a Enrico Valenzi per la rivista Omero, aveva organizzato una retrospettiva di Bellocchio con un incontro a cui avevano partecipato Marco Bellocchio, Enrico Ghezzi e Massimo Fagioli. Incontro pubblicato in Omero, la rivista della scrittura creativa, anno III n. 1, dal titolo L’ arroganza stilistica, a cura di Annio Gioacchino Stasi, pagg.54-66. Successivamente, Stasi ha collaborato all’incontro presso l’Università degli Studi di Napoli L’Orientale, intitolato Le forme del linguaggio – in occasione della proiezione del film Il sogno della farfalla di M. Bellocchio – Napoli, 12 maggio 1995, a cura di Valerio Caprara; pubblicato in Il sogno della farfalla, V.4 N.4 (1995), Le forme del linguaggio pagg. 3-28. Infine, Fagioli ha partecipato presso la Sala delle Teleconferenze, Università La Sapienza di Roma, il 21 Marzo 1997, ad un incontro sulla scrittura del suo saggio Se avessi disegnato una donna, incontro condotto da Annio Gioacchino Stasi nell’ambito dei Laboratori di scrittura creativa; pubblicato in Teoria e pratica della scrittura creativa II. Lettura dell’invisibile, pagg. 167-201 e in Il laboratorio di immagine e scrittura creativa di Mery Tortolini e Annio Gioacchino Stasi. (Empoli, Ibiskos Editrice Risolo, 2007), Lettura dell’invisibile, pagg.153-182.
La teorizzazione di Fagioli sull’Immagine inconscia non onirica avviene anche su sollecitazioni avute dalle domande rivoltegli nel corso dell’incontro avvenuto il 3 Marzo del 1995 a Napoli. Ma è in particolare, nell’incontro avuto il 21 Marzo del 1997 che Fagioli esplicita la possibilità di poter sviluppare ricerche su forme di pensiero non coscienti, riferite alla scrittura, mediante un particolare rapporto da tenere con i partecipanti nel laboratorio. Nella elaborazione scritta, successiva all’incontro, vengono già definiti nei capitoletti una serie di passaggi su La realizzazione del silenzio, L’immagine inconscia non onirica e la formazione dello scrittore. L’atto della scrittura e del disegno, L’elaborazione di una azione inconscia.
(12)
Op.cit. Teoria e pratica della scrittura creativa 1999, pg.47.
Bibliografia Essenziale
Tullio De Mauro: Introduzione alla semantica, Bari, Laterza, 1965; Introduzione, traduzione e commento di Ferdinand de Saussure, Corso di linguistica generale, Bari, Laterza, 1967; 1968, La forma linguistica, con Antonino Pagliaro Milano, Rizzoli, 1973., Guida all’uso delle parole, Roma, Editori riuniti, 1980; 1989, Minisemantica dei linguaggi non verbali e delle lingue, Roma-Bari, Laterza, 1982; 1990, Capire le parole, Roma-Bari, Laterza, 1994, Teoria e pratica della scrittura creativa, a cura di e con Pietro Pedace e Annio Gioacchino Stasi, Roma, Controluce, 1996, Teoria e pratica della scrittura creativa– Scrittura/Lettura a cura di e con Pietro Pedace e Annio Gioacchino Stasi, Roma, Controluce, 1999. Linguistica elementare, Roma-Bari, Laterza, 1998.Prima lezione sul linguaggio, Roma-Bari, Laterza, 2002, Introduzione, traduzione e commento di Ferdinand de Saussure, Scritti inediti di linguistica generale, Roma-Bari, Laterza, 2005;
Massimo Fagioli: Istinto di morte e conoscenza, Pensieri di psicoanalisi, Roma, A. Armando, 1972, poi Istinto di morte e conoscenza, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2010, 2017, edizione tedesca, Todestrieb und Erkenntnis, Frankfurt, Stroemfeld, 2011, edizione inglese, Death instinct and knowledge, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2019 edizione francese, Instinct de mort et connaissance, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2022, edizione spagnola, Instinto de muerte y conocimiento, L’Asino d’oro edizioni, Roma, 2023. La marionetta e il burattino, Roma, A. Armando, 1974, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2011. Psicoanalisi della nascita e castrazione umana, Roma, A. Armando, 1975, poi Teoria della nascita e castrazione umana, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2012. Bambino, donna e trasformazione dell’uomo, Roma, Nuove Edizioni Romane, 1980, L’Asino d’oro edizioni, Roma 2013.
Dal 2002 al 2012 Massimo Fagioli tiene una serie di lezioni nel Corso di Psicologia dinamica, presso l’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti, trascritte in 11 volumi.
Dal 2006 al 2017 la rivista Left ha ospitato una rubrica dal titolo Trasformazione, a firma di Massimo Fagioli, i cui articoli sono stati raccolti, in edizioni annuali, in 11 volumi.
Lev Semënovič Vygotskij Pensiero e linguaggio, (1934), traduzione Adele Fara Costa, Maria Pia Gatti, Maria Serena Veggetti, Firenze, Giunti-Barbera, 1966; Il processo cognitivo, Torino, Boringhieri, 1980; Pensiero e linguaggio. Ricerche psicologiche, edizione integrale a cura di L. Mecacci, Roma-Bari, Laterza, 1990. John Dewey Come pensiamo. Una riformulazione del rapporto fra il pensiero riflessivo e l’educazione, Milano, Raffaello Cortina, 2019.Sergej Michajlovič Ėjzenštejn Teoria generale del montaggio, Marsilio Editori, 1985, ried. 2004; Il Montaggio, Marsilio Editori, 1986; Lezioni di regia, Einaudi, ried. 2000; La forma cinematografica, Einaudi, ried. 2003; Il metodo vol I Marsilio 2020. Rudolp Arnheim Il pensiero visivo. La percezione visiva come attività conoscitiva Torino, Einaudi, 1974; Arte e percezione visiva, traduzione e prefazione di Gillo Dorfles, Milano, Feltrinelli, 1962; Nuova versione, Milano, Feltrinelli, 1979. Ilya Prigogine,Isabelle Stengers La nuova allenza. Metamorfosi della scienza. Einaudi, 1981, 2024.; Herbert Marshall McLuhan Gli strumenti del comunicare (Il Saggiatore, Milano) 1964, 2015; La galassia Gutenberg: nascita dell’uomo tipografico; Armando Editore Roma (1976, 2011). Walter Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, traduzione di Enrico Filippini, prefazione di Cesare Cases, Torino, Einaudi, (1955, 2000) Max Wertheimer Il pensiero produttivo, Giunti, Firenze (2019);, Tra il sapere e la pratica: la medicina ellenistica, in Storia del sapere medico occidentale, a cura di Mirko Grmek, Laterza, Roma-Bari, 1993. Carlo Ginzburg Spie. Radici di un paradigma indiziario, in Crisi della ragione, a cura di Aldo Gargani, Torino, Einaudi, 1979, pagg. 57–106. Il filo e le tracce. Vero falso finto, Milano, Feltrinelli, 2006.Annio Gioacchino Stasi e Mery Tortolini, le bibliografie di riferimento degli autori dell’articolo sono contenute nelle suindicate note.
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Mery TORTOLINI
Artista, diplomata con una tesi in Estetica all’Accademia di Belle Arti di Roma, dopo studi giuridici e di giornalismo. Si interessa del rapporto tra immagine e scrittura attraverso una metodologia didattica innovativa, ha collaborato anche come docente a contratto, su invito di Tullio De Mauro e Alberto Asor Rosa, con l’Università La Sapienza a partire dal 1999, conducendo insieme al linguista, scrittore e sceneggiatore Annio Gioacchino Stasi il Laboratorio di immagine e scrittura creativa, sul pensiero critico e i processi di comunicazione ed espressione rappresentativa. La ricerca di sperimentazione didattica ha portato alla realizzazione ed ideazione della metodologia Prassi metodo e teoria del pensiero critico creativo. E’ tra le ideatrici ed interpreti del film documentario Ombre di luce. Ha ricevuto nel 2011, dalla Presidenza della Repubblica, una lettera di encomio e di riconoscimento per meriti didattici e di ricerca. Ha tenuto corsi di sperimentazione artistico-linguistica anche per le Biblioteche del Comune di Roma e nel Progetto Creative Audiovisual Lab (CrAL) Erasmus Plus, presso l’Istituto centrale per i Beni Sonori e Audiovisivi (ICBSA), che coinvolge cinque Paesi europei e vede quale capofila belga All Digital- Enhancing Digital Skills Across Europe. Ha tenuto corsi di formazione e conferenze, in collaborazione con i Ministeri dell’Istruzione, della Cultura e dell’Interno, su tematiche inerenti il rapporto tra immagine ed identità, con attenzione alle diversità culturali e al tema delle minoranze. Si rimanda al sito dell’artista per approfondimenti. www.merytortolini.it. Si vedano le pubblicazioni dell’autrice nelle note al presente saggio.
ANNIO GIOACCHINO STASI
Linguista, scrittore, saggista, sceneggiatore cinematografico e televisivo. Fondatore di Script e di Omero la prima scuola di scrittura creativa in Italia. Dopo studi di psicologia, si è laureato con Tullio De Mauro, con lode, sulla sperimentazione del Laboratorio di scrittura creativa da lui stesso ideato e divenuto, grazie ad Alberto Asor Rosa, modulo didattico della Facoltà di Scienze Umanistiche. Docente di scrittura creativa insieme a Mery Tortolini per diciotto anni presso l’Università La Sapienza di Roma e presso le Biblioteche del Comune di Roma. Ha lavorato presso l’Istituto Centrale Per i Beni Sonori e Audiovisivi del Ministero della Cultura, occupandosi della tutela del patrimonio audiovisivo e di sperimentazione didattica attraverso il Laboratorio suoni e immagini in movimento. La sua ricerca di sperimentazione didattica ha portato alla realizzazione ed ideazione della metodologia Prassi metodo e teoria del pensiero critico creativo. Dall’esperienza dei Laboratori è stato da lui realizzato il Progetto europeo Creative Audiovisual LAB. (CRAL). Tra i suoi lavori cinematografici, soggetto e sceneggiatura de Il dolce e l’amaro(2007) regia di Andrea Porporati, Medusa Film. In concorso alla 67 Mostra Internazionale del cinema di Venezia. Premio Pierre Cardin miglior Film Italiano (2008) e soggetto, sceneggiatura e interprete del docu-film Ombre di Luce, primo lungometraggio realizzato all’interno dell’Università La Sapienza di Roma. Regia di Massimo D’orzi, Il Gigante, Media Lab (2010), inserito nella sezione Cinema di frontiera, Festival di Levanto 2011 (direttore Morando Morandini). Per la televisione, sceneggiatura della serie Il Commissario (2001) Titanus; adattamento televisivo de La Cittadella, Titanus (2003) insieme a Salvatore Basile, e L’onore e il rispetto 2 (2008, V puntata) con la Janus International. Regia, sceneggiatura e montaggio dei documentari Linea di confine (2015), L‘intervista (2016), Il racconto della storia (2020). Autore delle Dieci videolezioni Narrative del progetto CraL. Si vedano le pubblicazioni dell’autore nelle note al presente saggio.