di Federica Depaolis
La trasformazione digitale si è insinuata in maniera sempre più profonda e capillare in tutta la sfera culturale scatenando ripercussioni che ormai non è più possibile ignorare. I musei e i loro patrimoni tangibili sono stati travolti da questa corrente, generando talvolta preconcetti e resistenze da parte di chi vede nel digitale la via che conduce allo svilimento della collezione e ad un approccio invariabilmente più superficiale da parte del nuovo pubblico in rete. Le tematiche connesse al digitale in ambito culturale vanno invece indagate con mente aperta e piglio critico, facendo riferimento alla riflessione e alla ricerca recente, guardandosi intorno con curiosità intellettuale, pronti a recepire gli indirizzi di chi opera quotidianamente su questi fronti.
L’autrice, docente ed esperta di comunicazione in contesti digitali e di studi museali intende in primo luogo fornirci l’accesso a una pluralità di sguardi ed esperienze, in una dimensione quasi corale che di continuo intreccia alla propria personale riflessione quella di vari professionisti impegnati a diverso titolo nel medesimo settore. Tale pluralità di sguardi appare quasi necessaria per vestire quell’abito mentale che ci consente di abbracciare il cambiamento in atto e arrivare ad ultimo a concepire l’opera digitale come qualcosa che amplifica e non sostituisce il rapporto materiale con l’oggetto artistico nella sua fisicità. Allargare l’orizzonte, riflettere sui casi, condividere e far conoscere le esperienze: sono questi i presupposti per cominciare a vedere nella dimensione digitale un’opportunità capace di produrre positive ricadute sulla vita e sulla gestione delle istituzioni museali. Non a caso il nucleo germinale del volume è composto dalle 16 interviste a professionisti del digitale nei musei di tutto il mondo che l’autrice ha realizzato negli ultimi tre anni per la rubrica Musei e digitale di Artribune, una miniera di esperienze, contesti e interpretazioni che costituisce di per sé un punto di partenza e uno stimolo per approfondire ed allargare la riflessione su una tematica così tentacolare e in continua evoluzione. I capitoli che precedono le interviste offrono una quantità di spunti per interrogarsi sui diversi aspetti della nuova dimensione dell’esperienza culturale messa oggi a disposizione dai musei: il ruolo dello spettatore ad esempio, reso dal digitale più libero di calibrare a propria misura l’esperienza con l’opera d’arte, la funzione dei social network, che diventano lo spazio dove il museo non solo si promuove ma esiste, svolgendo una parte significativa della propria missione e il sito web museale con le collezioni online che nutrono l’industria creativa. Il museo che non teme il digitale esce dalla propria comfort zone e dimostra di saper stare al gioco, lo stesso a cui invita su Web il proprio rinnovato pubblico: in questo senso il banco di prova diventano proprio i bambini e le attività con cui il museo riesce a coinvolgerli e conquistarli anche e soprattutto in rete. Le interazioni digitali col pubblico – come Click! del Brooklin Museum, Fill the gap di Luce Foundation Center, I went to MoMa and … del MoMa, qui passate in rassegna insieme ad altri casi esemplari – diventano di fatto il cuore del museo partecipato, condiviso e comunicato che sente il bisogno di raccontarsi in trasparenza – mettendo in rete le dashboard, i piani strategici, i bilanci – per meritarsi la fiducia del pubblico vasto e degli stakeholders.
Concludono il volume le voci dei museums digital professionals interpellati su vari aspetti del loro operato quotidiano: tra gli altri Nancy Proctor (MuseWeb Foundation), Patricia Buffa (Foundation Louis Vitton), Chiara Bernasconi (MoMa), Linda Volkers (Rijksmuseums Amsterdam), Paolo Cavallotti (Museo Leonardo da Vinci Milano), Paola Matossi (Museo Egizio).