di Alfonso Benevento*
L’illuminismo (1715 – 1789) nato in Inghilterra diffondendosi poi con rapidità in tutta Europa fino a raggiugere l’America, è stato quel movimento sociale, culturale, politico, filosofico che ha posto l’idea di progresso come attività storica umana, in cui la ragione ha prevalso sul fanatismo e sulla superstizione. È di quello stesso periodo, 1776, sia la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti che si affrancavano dall’Impero Britannico, sia la teoria economica sulla produttività del lavoro e del reddito pro-capite espressa da Adam Smith nel libro “La ricchezza delle Nazioni”. Sono anche gli anni della prima Rivoluzione Industriale (1784) in cui molte le scoperte e invenzioni si succedono, traducendosi di fatto in applicazioni pratiche e redditizie. Nel dicembre del 1784 Immanuel Kant, in Berlinische Monatsschrift, per rispondere alla domanda su Cosa fosse l’Illuminismo diceva: “L’illuminismo è l’uscita degli umani dallo stato di minorità di cui essi stessi sono colpevoli. Minorità è l’incapacità di servirsi della propria intelligenza”.
Circa cinquant’anni dopo quel periodo, Giacomo Leopardi nella Palinodia al marchese Gino Capponi (1835) parla dell’Illuminismo, della Rivoluzione Industriale, della Rivoluzione Scientifica e Tecnica, delle scoperte e degli artefatti di quegli anni, come di quell’unico processo accelerato che stava permettendo un continuo progresso. Leopardi fa riferimento, per esempio, alla locomotiva a Vapore (1804), alle prime Ferrovie (1825), all’elettricità di Volta “I Fulmini” (1799), a quelle condizioni in cui l’essere umano pareva essere in grado di trasformare la natura. Egli continua descrivendo “un nuovo e possibile welfare”, per cui beni e artefatti non erano più solo per le elitè, ma si allargavano al consumo di massa. Lo scrittore anche se vive a Recanati, si informa attraverso i media del tempo “Le Gazzette” e, con estrema lucidità riesce a descrivere quelle città europee, Parigi, Vienna, Berlino e Londra che erano il cuore pulsante di tutte le trasformazioni in atto di quegli anni, e che hanno segnato anche il corso della storia. Oggi quelle gazzette (giornali e riviste) sono diventate anche la televisione, il web, i social network e tutti quegli altri servizi d’informazione che viaggiano su internet. Sempre in quello stesso periodo (1832) Charles Babbage pubblica On the Economy of Machinery and Manufactures, tradotto poi in italiano nel 1834 con il titolo Sulla Economia delle Macchine e delle Manifatture, in cui l’autore tratteggia l’idea, il prototipo, di un computer e come proprio attraverso le Machinery la Rivoluzione Industriale stava cambiando il mondo.
Rileggendo oggi, duecento anni dopo, quegli scritti di Leopardi notiamo due aspetti fondamentali. Il poeta con fervore parla delle trasformazioni in atto in quel periodo, e descrive presagendo, forse senza volerlo, il futuro. “Da Parigi a Calais, di quivi a Londra/ da Londra a Liverpool, rapido tanto/ Sarà, quant’altri immaginar non osa/ Il cammino, anzi il volo”. Nella nostra contemporaneità quell’opera di Leopardi ci porta a riflettere, ci invita a credere e, aver fiducia nelle descrizioni del futuro che leggiamo sulle gazzette di oggi, anche se soltanto acume e capacità di sintesi come quelle del poeta possono farci effettivamente comprendere cosa sta accadendo. Scenari di quel mondo digitale in cui la vita di ciascuno sarà soggetta a trasformazioni, mentre nella contemporaneità dei nostri giorni stiamo vivendo cambiamenti di cui spesso non riusciamo a percepire neanche la portata e i risvolti. Sempre tra quei versi Leopardi parla di macchine al cielo emulatrici che rapportate ai nostri giorni si possono paragonare agli artefatti, di qualsiasi tipo, dell’Intelligenza Artificiale (IA). Basti pensare, ad esempio, agli algoritmi emulatori di Google e Amazon, o dei computer quantistici in fase di sperimentazione. Parafrasando allora Leopardi ai nostri giorni possiamo dire: crescono e cresceranno vieppiù, le macchine. Tema fortemente dibattuto poiché gli artefatti crescono: sia più degli esseri umani e a volte anche a scapito di questi, sia senza un algoretica, cioè senza un’etica collegata all’utilizzo dell’IA e agli strumenti che si basano sugli algoritmi.
L’Ottocento, proprio per la congiuntura tra Rivoluzione Industriale, Rivoluzione Scientifica e Tecnica pone la macchina (machinery) al centro della fabbrica, in questo XXI secolo le machinery anche se ridotte e miniaturizzate pervadono ogni luogo. La macchina è presente costantemente nelle nostre vite, e in qualsiasi azione umana, addirittura ne vengono create alcune in grado di prendere il posto dell’uomo.
Ritorna l’attualità dei versi di Leopardi, per cui ciò che stiamo vivendo sta nella stessa storia e non in un’altra. Ora come allora approcciamo al progresso con fede, proprio come succedeva ai tempi di Leopardi la Scienza e la Tecnologia ci prospettano un futuro straordinario e migliore del presente. Nel XVIII secolo proprio come nel XXI è centrale il ruolo della macchina. La differenza sta nella tipologia delle macchine, poiché le macchine digitali e il computer sono più evolute, più accresciute e più potenti rispetto a quelle dell’Ottocento. Ora come allora si progettano per emulare il cielo.
L’Era digitale, la nostra, in sé non porta nessuna novità, nessuna apocalittica Digital Disruption (rivoluzione digitale) ma è solo una nuova tappa di quel cammino con l’Illuminismo, con la Rivoluzione Scientifica e Tecnologica e con la Rivoluzione Industriale. All’interno poi dell’insieme Rivoluzione Industriale possiamo leggere, finora, i quattro importanti momenti: la prima (circa 1784) ha origine con la nascita della macchina a vapore e la conseguente meccanizzazione della produzione; la seconda (circa 1870 che da il via alla produzione di massa con la diffusione dell’elettricità; la terza (circa 1970) legata allo sviluppo tecnologico-elettronico e alla nascita dei primo computer e satelliti; la quarta, quella del secolo corrente attestata intorno al 2011, in cui l’innovazione tecnologica e robotica si accresce dell’Intelligenza Artificiale e dell’Internet of Things (IoT). Il progresso non frena la sua crescita ma la alimenta.
Leopardi nella sua opera ci esprime la forza della parola, la potenza della sua narrazione che è ancora attuale ed è in grado di illuminarci il presente. Rileggendolo con l’occhio di oggi ci illumina gli scenari attuali.
Ogni giorno la vita di ciascuno di noi, a prescindere dal luogo in cui si trova, è investita dalla dilagante presenza di informazioni di vario tipo. Contenuti di qualsiasi genere, molteplici servizi, sono tutti assegnati alla rete internet e sono facilmente fruibili in qualsiasi momento della giornata, l’online abbatte quindi le barriere della presenza fisica. L’espandersi dei social network, inoltre, permette di allargare le relazioni oltre ogni confine. La rete:
- ha trasformato il concetto spazio-tempo di ciascuno
- è percepito come la grande nuvola dei nostri dati sempre disponibili
- favorisce la creazione di nuovi gruppi anche di lavoro
- stimola la creatività e l’innovazione
- incrementa nuovi modelli di business
- trasforma le metodologie didattiche e di apprendimento (peer education)
Internet e il web quindi ampliano sempre più opportunità e orizzonti della comunicazione e della conoscenza. La rete, nella sua complessità, si vive non soltanto come risultato di ricerche scientifiche ed applicazioni tecnologiche, ma soprattutto come pilastro della network society in cui viviamo. Il suo divenire influenza lo sviluppo culturale della società contemporanea ipotecando quella futura. Si può con certezza affermare che tutto l’eco-sistema in cui oggi viviamo, è frutto di quella trasformazione che imprime cambiamenti veloci e che prevede una cultura digitale individuale, in modo che non si trasformi in digital-addiction. Certamente, non è l’abilità nell’uso dei device, la capacità di saper navigare in internet o la frequenza d’utilizzo dei social network a rendere ciascuno consapevole utilizzatore delle nuove tecnologie, viceversariuscire a percepire le differenti implicazioni che derivano dai loro diversi impieghi può senz’altro contribuire ad accrescere il concetto di cultura digitale di ognuno.
Il concetto di cultura nell’uomo, sin dall’antichità con i Greci e i Latini, è legato sostanzialmente a due aspetti costitutivi che lo caratterizzano, lo connotano e lo rendono differente dagli animali: la formazione della singola persona e l’educazione al saper fare (buone arti), caratteristica intrinseca dell’uomo,
Pertanto la cultura dell’uomo coinvolge: la sua natura umana, quale conoscenza di se stesso e degli ambiti che lo appassionano; il legame del singolo con la comunità ed il contesto in cui opera; le sue azioni nello stimolare ciascuno a migliorare se stesso e comprendere maggiormente l’ambiente circostante nelle due direttrici sociale e naturale.
Accrescere la cultura personale vuol dire migliorarsi, evolversi dalla iniziale condizione naturale, e quindi definire il grado complessivo di civiltà di un intero popolo a cui si appartiene.
La tecnologia, intesa come arte del saper fare, è parte integrante della cultura dell’uomo e del suo sviluppo.
Nel tempo l’uomo ha migliorato qualsiasi invenzione attraverso la ricerca, la sperimentazione e la pratica quotidiana, rendendo la tecnologia un naturale processo evolutivo del pensiero, della conoscenza e della cultura. La tecnica ha così trasformato l’uso della conoscenza nella riproducibilità attraverso procedure consolidate dai risultati conseguiti, accrescendo lo sviluppo delle società e influenzando le strutture sociali da cui a sua volta ne è ispirata e condizionata. Internet, il web, il network e la tecnologia digitale ne sono una testimonianza. È ovvio, comunque, che ne risentano tutte quelle persone, enti, amministrazioni che non riescono, per diverse ragioni, a stare al passo con le nuove invenzioni tecnologiche, rimanendo indietro in pochissimo tempo. Se con la prima rivoluzione tecnologica, legata all’energia, si è formata la società industriale, con la seconda rivoluzione tecnologica, microprocessori e web, è nata la network-society; passando dall’industrialismo in cui l’energia non è più una fonte naturale ma prodotta dall’uomo, all’informazionalismo in cui l’uomo elabora e distribuisce informazioni a diversi livelli.
Se ciascuno si sente appartenente “all’universo mondo d’internet”, in cui qualsiasi informazione generata ha un valore per sé e per gli altri, allora si può pensare di condividere in rete la propria conoscenza. Si dà il giusto valore all’espressione cittadino digitale in cui, analogamente a quanto succede per l’appartenenza ad una città, a una nazione, si hanno da parte di tutti diritti e doveri. Non si deve pensare di essere cittadini digitali soltanto perché usiamo i servizi della P.A. in rete. Questo è soltanto un aspetto che limita lo stesso concetto di cittadinanza digitale, che viceversa è da intendere come l’appartenere a pieno titolo ad una comunità. Quella stessa comunità a volte definita virtuale che è la rappresentazione del reale, di ciascuno. I confini di questa comunità sono indefiniti, gli intrecci delle relazioni virtuali prodotte al suo interno insieme ai legami reali che si evidenziano nella materialità sono condizioni inscindibili per una corretta vita sociale e politica. È necessario che le generazioni adulte (before Google) si confrontino con i nativi digitali, proprio su questi temi di etica e di comportamento in rete per riuscire a colmare quel divario che nel tempo diventa un fossato digitale. Occorrono conoscenza consapevolezza e cultura digitale per diventare CITTADINI DIGITALI.
*Alfonso Benevento è giornalista, direttore responsabile del periodico online etutorweb.it, redattore della rivista SCMAG. È coautore del libro “Bulli e cyberbulli ora basta!” EPC editore. Titolare di una impresa informatica che opera nel campo delle ICT per la P.A., per le aziende e le imprese private. Esperto in sicurezza informatica nella gestione e configurazione dei sistemi, lo sviluppo di software, l’audit, la progettazione e implementazione di ISMS, la formazione, la ricerca, fino alle problematiche ICT relative alla Business Continuity. Responsabile CED per il centro di ricerca e studi CLES fondato dall’economista Paolo Leon. Membro di diversi gruppi di lavoro sui temi delle dipendenze, il cyberbullismo, la didattica innovativa e la peer-education per il MIUR. Ha ideato per lo stesso ministero i due social tematici webimparoweb.eu e ilsocial.eu inseriti nelle “linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo” dell’aprile 2015. Responsabile della comunicazione e dell’ufficio stampa dell’ANP-Lazio. Collabora con “l’ambulatorio per curare il bullismo via web del Policlinico Gemelli-Roma” diretto dal prof. Federico Tonioni. È componente del comitato scientifico dell’IRC (Inclusion Research Center) dell’Università LinkCampus – Roma, centro di documentazione e formazione sui temi della disabilità, dell’inclusione scolastica e dei bisogni educativi. È membro organizzatore e giudice scientifico della First Lego League Italia (FLL-Italia) manifestazione di scienza e robotica educativa che coinvolge 88 nazioni in 5 continenti.