La disabilità cognitiva: come abbattere le barriere alla fruizione nei luoghi della cultura 

Intervista con l’équipe di Museo per tutti

a cura di Lavinia Tosi (*)

La disabilità cognitiva risulta ancora troppo spesso una condizione “invisibile”: le iniziative di accessibilità ed inclusione dedicate a questo tipo di disabilità sono infatti poche, e ciò è riscontrabile anche in ambito culturale. I disturbi di questo tipo sono complessi, ed è proprio questo che li rende maggiormente difficili da gestire nei vari aspetti della vita quotidiana: la progettazione di servizi dedicati a persone con disabilità di tipo intellettivo rappresenta una sfida per i luoghi della cultura, che devono infatti partire da una conoscenza approfondita di queste tematiche per poter creare esperienze di visita e fruizione realmente inclusive.

Possiamo identificare la disabilità cognitiva come “una condizione clinica dovuta a molteplici cause, […] caratterizzata da un deficit del funzionamento intellettivo, da una capacità ridotta di far fronte alle richieste adattive del contesto ambientale e sociale, e dall’esordio in età evolutiva”[1]. A livello internazionale esistono diverse definizioni di disabilità cognitiva, come quella dell’AAIDD (American Association on Intellectual and Developmental Disabilities) che si rifà al concetto di modello biopsicosociale[2]; così come anche la classificazione del DSM-5, punto di riferimento per la psichiatria, in cui tale disabilità viene inserita tra i “Disturbi del neurosviluppo”. 

Conoscere e comprendere tutto questo è fondamentale, così come poter collaborare con associazioni e professionisti del settore nella progettazione di esperienze culturali di qualità e accessibili al pubblico con disabilità cognitiva. La piena inclusione, finalità che sta alla base di queste iniziative, è infatti raggiungibile solo tenendo conto delle molte sfumature che caratterizzano un pubblico di questo genere; proprio per questo è importante progettare interventi adattabili a diverse esigenze e diversi livelli di disabilità, che si rivolgano a tutti e che siano frutto di un lavoro condiviso e partecipato. Tra le realtà che, in Italia, si occupano di questi temi troviamo L’abilità Onlus[3], associazione che dal 1998 progetta e gestisce servizi ed attività dedicati a bambini con disabilità; tra i progetti dell’ente, uno dei più significativi è sicuramente “Museo per tutti”[4]: scopriamo meglio di cosa si tratta grazie ad un’intervista svolta con l’équipe del progetto, composta da Chiara Maria Piccoli e Veronica Cicalò (coordinatrice).

Che cos’è “Museo per tutti”?

“Museo per tutti” si occupa di rendere accessibili i luoghi di cultura alle persone con disabilità intellettiva e ai loro caregiver. Nasce nel 2015 come progetto sperimentale la cui mission era proprio quella di garantire il diritto alla cultura a bambini, ragazzi e adulti con disabilità intellettiva. L’idea è nata all’interno de L’abilità, associazione di Milano, che dal 1998 progetta e gestisce servizi innovativi rivolti a bambini con disabilità e alle loro famiglie, nell’area della riabilitazione, l’educazione e il gioco. La grande esperienza maturata in questi campi ha portato il nostro direttore dei servizi, Carlo Riva, a dare forma a “Museo per tutti”, un’iniziativa rivoluzionaria che mirava a scardinare tutti i pregiudizi sulla possibilità di capire l’arte, la storia o l’architettura da parte delle persone con disabilità intellettiva.

Il diritto alla cultura, infatti, è spesso quello più trascurato, se non del tutto negato, dalla mancanza di facilitatori, personale formato e di un sistema di accoglienza efficace che sappia avvicinare queste persone al nostro patrimonio storico-artistico e naturalistico.

Quante persone collaborano a questo progetto?

L’equipe di Museo per tutti è composta da personale esperto nell’ambito della disabilità intellettiva e della gestione dei beni culturali. Ogni singolo progetto però viene co-costruito insieme al personale museale, in un processo sartoriale che ci permette di strutturare il miglior intervento possibile per quella specifica realtà culturale.

Come è strutturato il vostro lavoro?

Il nostro lavoro si basa su due macro-azioni: la formazione del personale museale e la strutturazione di guide facilitate che permettano alla persona con disabilità intellettiva di accedere al luogo di cultura, comprendere ciò che vede e quindi di vivere un’esperienza ricca di senso a livello cognitivo ed emozionale.

La formazione è diretta a tutto il personale dell’ente, da chi si occupa della progettazione fino al personale di guardiania, perché è fondamentale che tutti siano sensibilizzati. La formazione, infatti, introduce al mondo della disabilità intellettiva, mettendo in luce bisogni e caratteristiche di cui i professionisti devono tener conto nel momento in cui progettano un allestimento, organizzano una mostra o una visita guidata o semplicemente staccano un biglietto. Moduli più specifici sono dedicati agli operatori dei servizi educativi al fine di identificare strategie e soluzioni pratiche per proporre visite e attività laboratoriali davvero accessibili ed inclusive.

La costruzione delle guide facilitate avviene in cooperazione con il personale museale: insieme a loro si scelgono opere, spazi e temi da spiegare in modo semplificato, identificando le tappe di un percorso che in genere non supera le 12 tappe. Il personale partecipa alla stesura della guida sfruttando questo lavoro come ulteriore momento formativo importante perché impone una riflessione sul linguaggio e sui modi che l’ente usa per raccontarsi al suo pubblico.

Il progetto Museo per Tutti al Museo Benozzo Gozzoli di Castelfiorentino (fonte: https://www.museopertutti.org/introduzione/)

Tutti i materiali che realizziamo sono validati da gruppi di controllo composti da persone con disabilità intellettiva che cerchiamo nel territorio limitrofo all’ente. Lo scopo è avere riscontri diretti sulla leggibilità, la comprensibilità e la fruibilità dei testi scritti, per questo coinvolgiamo persone che rappresentano il nostro target di pubblico e che vivono in prossimità dell’ente. Questo ci permette anche di creare reti e connessioni tra gli enti del terzo settore e quelli culturali, con l’intento di favorire la frequentazione dei musei da parte delle persone con disabilità intellettiva.

In quali zone operate maggiormente?

“Museo per tutti” opera su tutto il territorio nazionale, ad oggi (marzo 2025, ndr) siamo ad un totale di 43 luoghi d’arte e cultura, compresi i 12 Beni del FAI (Fondo Ambiente Italiano). Dal 2017 infatti è in essere anche una proficua collaborazione con il FAI su diverse regioni del nostro paese.

Come sono strutturate le guide?

Le guide Museo per tutti sono di due tipologie, entrambe presentano la medesima struttura ma utilizzano linguaggi differenti: l’Easy to read e i simboli della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) al fine di rispondere a bisogni cognitivi e comunicativi diversi.

L’Easy to read è un linguaggio, codificato a livello europeo, che segue delle linee guida piuttosto stringenti sull’uso della sintassi, della grammatica e anche del lessico al fine di comporre testi (ma in realtà qualsiasi tipo di documento) che sia, appunto, facile da leggere e quindi da capire. Si basa su un uso molto attento della parola, con una cernita delle informazioni da condividere e dei termini da utilizzare. Un linguaggio fatto di parole comuni, esempi concreti e riferimenti a oggetti o situazioni che la persona può aver direttamente esperito, ben lontano da quello che normalmente è utilizzato dai musei per presentare opere d’arte, reperti, oggetti di valore… Questa semplificazione ci permette di rendere comprensibili concetti piuttosto complessi, come quelli astratti.

Esempio di descrizione di un’opera nella guida in Easy to Read dei Musei Civici di Monza (fonte: https://www.museopertutti.org/)

L’altra guida è realizzata utilizzando i simboli della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA). Questo linguaggio sfrutta soprattutto il canale visivo, infatti è composto da simboli, disegni, fotografie ed immagini associati alla parola corrispondente. È un tipo di strumento più adatto a tutte le persone con bisogni comunicativi complessi poiché l’informazione è veicolata in primis dall’immagine, può quindi essere usato da persone che hanno problemi nella comprensione e nella produzione del linguaggio verbale.

Esempio di descrizione di un’opera nella guida in CAA dei Musei Civici di Monza (fonte: https://www.museopertutti.org/)

Le guide sono pensate per essere usate in preparazione alla visita perché l’anticipazione permette alla persona di assimilare, secondo i propri tempi, le informazioni che le serviranno per godere appieno della visita stessa.

La strutturazione interna è modulare: singole schede raccolte in capitoli tematici, ognuno indicato con un colore e un simbolo specifico che ne facilita il riconoscimento visivo.

In apertura abbiamo la guida sociale: una raccolta di schede che danno informazioni pratiche utili all’organizzazione della visita. Queste informazioni, associate ad immagini rappresentative, aiutano la persona a capire com’è fatto il luogo che visiterà e che tipo di esperienza vivrà al suo interno. Avere in anticipo queste informazioni aiuta inoltre nella costruzione di un’immagine mentale di quel luogo, fattore importante per la gestione di stress e timori legati al relazionarsi con spazi e situazioni sconosciute.

Segue poi un capitolo di approfondimento storico che ci permette di presentare l’ente e la sua storia; al suo interno narriamo quindi gli eventi principali e le trasformazioni subite nel tempo. Ci avvaliamo anche di una linea del tempo che riassume i momenti più importanti e che ha la caratteristica di essere verticale e non orizzontale, come quelle a cui siamo normalmente abituati. Questo perché è stato pedagogicamente testato che la disposizione verticale degli eventi favorisce la comprensione della sequenza temporale nelle persone con disabilità intellettiva.

Il capitolo più ricco è quello che presenta il vero e proprio percorso di visita. Per ogni opera, reperto, vetrina o spazio che si decide di presentare realizziamo una scheda di spiegazione. Questa è pensata per guidare il visitatore nell’osservazione dell’oggetto, aiutandolo a notarne i dettagli e a comprenderne i significati.

Nella sola guida in Easy to read abbiamo anche un capitolo di approfondimenti che ci permette di arricchire le guide con curiosità, testi specifici su tecniche artistiche o personaggi. L’aspetto grafico di queste schede, differente dal resto della guida, esplicita il fatto che si tratti di contenuti extra che il lettore può scegliere di leggere o meno in base ai propri interessi, al tempo a disposizione e alle proprie capacità.

Le guide, infatti, sono pensate per poter essere utilizzate in piena libertà dal caregiver e dalla persona con disabilità: ognuno può scegliere di leggere le schede e le parti che ritiene più interessanti o che possono essere più utili alla visita che si farà al museo. La modularità delle guide ci permette di offrire una maggior personalizzazione di uno strumento che, per forza di cose, è pensato in un’ottica universale e che quindi dovrà poi essere adattato ai bisogni specifici del lettore.

Qual’è la lunghezza di queste guide una volta terminate, e da cosa dipende?

La lunghezza della singola guida dipende dalla tipologia di lavoro che insieme all’ente culturale si decide di portare avanti. Alcuni enti, infatti, mirano a creare percorsi accessibili più completi, di conseguenza la guida sarà più ricca e lunga. In altri casi, invece, si sceglie di presentare le tematiche artistiche più in generale. Questo ci permette quindi di lavorare anche in contesti in cui si ospitano molte mostre temporanee o in cui l’allestimento non è costante nel tempo. Ci sono però contesti complessi, per collezione, storia e difficoltà dei temi portati che richiedono comunque un lavoro accurato.

L’Easy to read e i simboli della CAA comunque richiedono di per sé ampi spazi, seguiamo delle indicazioni rigide circa la dimensione del font, l’interlinea, la dimensione dei pittogrammi e delle immagini (e la loro collocazione nella pagina), che ci permettono di avere documenti ad alta leggibilità, e questo coincide spesso con un alto numero di pagine. Ribadiamo comunque che la guida Museo per tutti è pensata per essere letta con calma e soprattutto in modo libero, in base all’esperienza che si deciderà di vivere in quel luogo di cultura.

Esiste per voi un modo per monitorare quante persone usufruiscono effettivamente di questo servizio, una volta attuato il progetto nel museo?

Il monitoraggio è molto complesso perché la disabilità intellettiva è spesso “invisibile”: non presenta caratteri somatici identificativi, se non in alcune sindromi, né strumenti o facilitatori riconoscibili come accade per le persone con una disabilità motoria o sensoriale. Questo fa sì che gli stessi operatori museali non sappiano discernere l’individuo con disabilità intellettiva. Anche quando viene chiesto il biglietto gratuito, garantito in presenza di una disabilità, difficilmente viene chiesto per quale disabilità e gli stessi caregiver spesso non la dichiarano.

Si tratta di una questione delicata, legata all’accettazione della disabilità ma anche alla privacy. Per questo motivo riusciamo ad avere dati certi sono quando ci sono prenotazioni da parte di servizi del terzo settore. Un altro dato che riusciamo a monitorare è quello dei download delle guide dal nostro sito che però non ci dà la certezza che si traduca in una visita fisica al museo.

Quello che stiamo registrando nel corso degli ultimi anni è un aumento dell’interesse generale verso questo tema, aumentano le richieste dirette da parte di educatori o insegnanti che cercano materiali semplificati e chiedono consigli su come organizzare le proprie visite. Sicuramente c’è ancora molto lavoro da fare perché quella che abbiamo innescato è una rivoluzione culturale che, come tale, richiede tempi lunghi. Associazioni e famiglie hanno ancora bisogno di essere invitate al museo, di essere coinvolte, perché il fatto che i musei siano accessibili a queste persone non è scontato, anzi. C’è quindi ancora diffidenza, paura nel testare esperienze nuove.

La tecnologia ha un ruolo in quello che fate? Che rapporto c’è o può esserci tra tecnologia ed accessibilità, nello specifico nell’ambito della disabilità cognitiva?

I nostri materiali sono a bassa tecnologia: creiamo file pdf che possono essere letti su device vari oppure stampati. La tecnologia è per ora un’arma a doppio taglio: può essere di aiuto per alcune persone ma essere distraente o di difficile utilizzo per altre perché in genere presenta più stimoli sensoriali insieme, richiede una buona motricità fine e un altrettanto buona coordinazione mano-occhio, oltre alla capacità di utilizzarla in modo funzionale senza distrarsi.

Abbiamo portato avanti alcune sperimentazioni per lo sviluppo di app accessibili ma al momento non abbiamo concretizzato nessun lavoro, sia per questioni pratiche sia per dubbi scientifici circa la reale fruibilità dei prodotti finali.


[1] F. Serra, F. Tartaglia, S. Venuti, Operatori museali e disabilità. Come favorire una cultura dell’accoglienza, Carrocci editore, Roma 2017, p. 47.

[2] Il modello biopsicosociale identifica lo stato di salute della persona come il risultato dell’interazione di fattori biologici, psicologici e sociali, contrapponendosi in questo modo al modello biomedico.

[3]  L’abilità Associazione Onlus, https://labilita.org/

[4] Museo per tutti, https://www.museopertutti.org/

(*)

Lavinia Tosi (1999) consegue la laurea triennale in Valorizzazione dei Beni Culturali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, ottenendo in seguito una laurea magistrale in Economia e Gestione dei Beni Culturali presso l’Università Cattolica di Milano, curriculum Economia e gestione dei musei e degli eventi espositivi. Negli anni si occupa di tematiche quali la valorizzazione di beni e pratiche culturali territoriali, l’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito culturale, accessibilità del patrimonio e disabilità.