Laura Moschini
Abstract
In sinergia con l’Agenda 2030, le azioni messe in campo dall’Europa per un’efficace ripresa post pandemia, puntano su un nuovo Umanesimo per la salvaguardia dell’Ecosistema globale. Obiettivi etici raggiungibili solo attraverso un radicale cambio di prospettiva a partire dall’attuazione del Gender Mainstreaming e dall’abbattimento delle barriere tra discipline scientifico-tecnologiche e umanistiche e artistiche (da STEM a SHTEAM) affinché, attraverso il pensiero critico, emerga la ricerca del “senso” in ogni ambito di studio, ricerca, politica o azione. L’approccio integrato consentito dalle digital SHTEAM, attraverso la Titolarità culturale e le Culture digitali, può consentire sia la promozione di una cittadinanza attiva, consapevole, responsabile e aperta al cosmopolitismo (nello spirito e della Convenzione di Faro) che nuove, o rinnovate, professionalità nell’ambito dell’”economia della conoscenza”.
In synergy with the Agenda 2030, the actions put in place by Europe for an effective post-pandemic recovery aim at a new Humanism to safeguard the global Ecosystem. These ethical goals are only achievable through a radical change of perspective starting from the implementation of Gender Mainstreaming and the breaking down the barriers between scientific-technological and humanistic and artistic disciplines (from STEM to SHTEAM) so that through critical thinking the search for “sense” in every field of study, research, politics or action can arise. Digital cultures and “cultural ownership” through the integrated approach allowed by digital SHTEAM, allow both the promotion of an active, conscious, responsible and open to cosmopolitanism citizenship (according to Convention of Faro) and, new or renewed professionals in the “knowledge economy”.
Nell’attuale periodo storico caratterizzato da una grave e perdurante crisi socio-politica ed economica e da emergenze umanitarie e sociali causate, spesso, da sconvolgimenti climatici a loro volta prodotti o potenziati da una gestione sconsiderata e miope delle risorse che la natura ci offre, si evidenzia la necessità di ripensare le priorità sociali ed economiche indirizzandole verso il rispetto della persona e dell’ambiente in cui vive e nel quale si svolge la sua quotidianità. La pandemia, del resto, e come è ben noto, non ha causato, bensì amplificato le conseguenze di politiche che non valutano o semplicemente non considerano gli effetti e gli impatti sulla natura e sulle persone di scelte effettuate in nome di uno sviluppo economico basato non sulle esigenze delle persone e dell’ambiente in cui vivono e dove dovranno vivere le future generazioni, ma su quelle del “mercato”, a partire da una concezione di società composta di individui astratti e sessualmente neutri e, come tali, più facilmente modellizzabili e gestibili attraverso big data e algoritmi. Un modello di sviluppo attento, dunque, alla ricerca del profitto più che al progresso sociale e alla salvaguardia dell’ambiente, come dimostrano i fenomeni ai quali stiamo assistendo, definiti “emergenze”, quali l’incremento sempre più incontrollato di flussi migratori e i disastri prodotti da sconvolgimenti climatici, solo per citare i più gravi e difficili da fronteggiare.
Non si tratta affatto, però, di emergenze: autorevoli studi e ricerche hanno da tempo già lanciato allarmi circostanziati sui danni e le conseguenze sociali ed economiche, oltre che ambientali, che uno sviluppo nel senso descritto comporta [1]Sull’argomento si veda: Amartya Sen, Etica ed Economia, Laterza, 2003, Maria Mies Vandana Shiva, Ecofeminism, 1993 in ZED books 2014, Il pianeta di tutti, Universale Economica Feltrinelli, 2020; … Continue reading. Tuttavia, come del resto avviene nei periodi di crisi, è stata la drammaticità degli effetti diretti ed indiretti della pandemia [2]Sull’argomento si veda: Amartya Sen, Etica ed Economia, Laterza, 2003, Maria Mies Vandana Shiva, Ecofeminism, 1993 in ZED books 2014, Il pianeta di tutti, Universale Economica Feltrinelli, 2020; … Continue reading a produrre una nuova consapevolezza che consente finalmente di “vedere” la via da percorrere per riportare la vita sulla Terra e della Terra al centro dell’attenzione politica sia a livello nazionale che sovranazionale.
Il Next Generation EU, piano europeo per la ripresa post-Covid-19, si legge sul sito dell’Unione, è un’occasione unica non solo per uscire più forti dalla pandemia, ma anche per «trasformare le nostre economie, creare opportunità e posti di lavoro per l’Europa in cui vogliamo vivere. Abbiamo tutto ciò che serve per riuscirci (…) È giunto il momento di metterci al lavoro, di rendere l’Europa più verde, più digitale e più resiliente e adeguata alle sfide presenti e future» [3]Piano per la ripresa dell’Europa, Introduzione, https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_it#introduzione .
Finalmente, viene da dire, ma come fare? Quali sono le criticità sulle quali intervenire, e come?
Innanzitutto, come più volte sottolineato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen [4]Discorso apertura W20, 13 luglio 2021, https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/07/13/w20-von-der-leyen-parita-di-genere-entro-il-2030-_5f55280d-04ba-44a1-83b1-ebb83084e330.html; discorso 27 … Continue reading, per agire nella direzione individuata è fondamentale non solo un cambio di passo, ma anche un radicale cambio di prospettiva che conduca l’umanità verso una nuova era: un nuovo Umanesimo [5]Il Green Deal, Cfr., https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/dalla-pandemia-a-un-nuovo-modello-di-crescita-green-e-new-deal-per-ripartire/ e … Continue reading nel quale, in un’ottica veramente inclusiva, venga restituito valore ai punti di vista e alle priorità dalla maggioranza della popolazione: le donne. Il punto di vista femminile su tutte le questioni, e non solo su quelle attinenti alla sfera del privato, insieme al raggiungimento della parità tra i sessi (Gender Equality) sembrano essere la soluzione e al tempo stesso l’obiettivo da raggiungere.
Ma perché dare rilievo a punti di vista e priorità, come quelle femminili, considerati secondari dalla politica “alta” perché non ritenuti di interesse generale in quanto riguardanti l’ordinarietà della vita quotidiana e quindi “solo” le politiche cosiddette, “sociali”? Scuola, sanità, trasporti pubblici locali, cultura, casa, lavoro stabile e sicuro, sana alimentazione, contrasto alla violenza di genere, assistenza e rispetto per persone anziane, disabili, minori, o anche promozione di energie rinnovabili e cura e valorizzazione di luoghi, territori, ambienti in cui si vive, sono gli ambiti che riguardano le “politiche sociali”, alle quali sono destinate risorse residuali e comunque sempre le prime ad essere tagliate essendo considerate “costi” e non investimenti. La risposta viene proprio dalla pandemia che ha reso innegabilmente evidente il contributo che le donne hanno fornito nella gestione di un evento tanto repentino quanto inatteso -e per questo così difficile da gestire- non solo a livello di competenze scientifiche e professionali, ma anche di supporto organizzativo o, per meglio dire, logistico, sia in ambito familiare che sociale. Contributo che ha dimostrato in tutto il suo valore, da un lato l’ampiezza delle qualità umane, capacità e competenze femminili e, dall’altro, lo spreco di tali qualità, competenze e capacità sottostimate in quanto considerate “troppo” vicine alla vita quotidiana e ai problemi legati ad una dimensione umana e sessuata dell’individuo e della società.
Del resto, non è un mistero che “altre” priorità o “difficoltà” nel reperire risorse o interessi più “generali” impediscano attenzione e investimenti seri sulla realizzazione della parità tra i sessi con tutti i vantaggi che produrrebbero in termini di compiutezza della democrazia e di progresso sociale ed economico. A tale proposito, va ricordato che lo strumento fondamentale per il raggiungimento della parità di diritti e opportunità tra uomini e donne è il Gender Mainstreaming [6]Il Green Deal, Cfr., https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/dalla-pandemia-a-un-nuovo-modello-di-crescita-green-e-new-deal-per-ripartire/ e … Continue reading, che consiste “nella (ri)organizzazione, nel miglioramento, nello sviluppo e nella valutazione dei processi politici per fare sì che gli attori abitualmente coinvolti nelle attività di formulazione delle politiche includano la prospettiva della parità di genere in tutte le politiche, a tutti i livelli ed in ogni fase”. Tale principio, reso operativo nella Piattaforma d’azione, sottoscritta in sede ONU a seguito della Conferenza di Pechino del ’95[7]Piattaforma ONU di Pechino ’95, dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/d_impegni_pol_internaz/a_conf_mondiali_onu/b_conf_pechino/home_pechino.html e … Continue reading e ancora vigente, è presente nell’Agenda globale 2030 come obiettivo trasversale a tutti i 17 obiettivi ONU di sostenibilità[8]https://unric.org/it/agenda-2030/ , oltre che in ogni atto o determinazione che riguardi lo sviluppo sostenibile nei suoi tre ambiti: sociale, economico, ambientale e climatico.
Non si può dimenticare, infine, che le capacità femminili sono fornite alle donne dalla natura non solo per dare la vita, ma anche per assicurare la sopravvivenza e il progresso della specie umana. A tale proposito, numerosi studi a partire dai c.d. Women’s studies, dagli anni ’60 dimostrano come fin dalla preistoria le donne si siano ingegnate, affinando col tempo le loro capacità, per rendere più vivibile, confortevole e sicuro l’habitat non solo per sé stesse e la loro prole, ma per l’intera comunità[9]Tra i numerosi studi su donne e scienza si veda di Margaret Alic, L’eredità di Ipazia, Editori Riuniti, 1989.. Impegno che si è protratto nel corso della storia, nonostante tutte le limitazioni imposte all’istruzione femminile[10]Per un approfondimento si veda Donne nella scienza, interviste possibili e impossibili, a cura dell’associazione Donne e Tecnologie, progetto finanziato dal MIUR nel 2012 e dal 2019 aggiornato … Continue reading.
Non appare dunque un caso che tra le capacità femminili riscoperte durante la pandemia sia emersa la resilienza, capacità oggi particolarmente apprezzata tanto da essere considerata una delle competenze (skill) più utili. Per reagire positivamente alla pandemia e ai suoi esiti, infatti, la resilienza, grazie a risposte dettate anche da pensiero critico e da creatività, oltre che da adattamento intelligente – comune, seppure con modalità diverse, ad ogni essere vivente[11]https://treccani.it/vocabolario/intelligenza/. Per un approfondimento si veda di Stefano Mancuso e Alessandra Viola, Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, Giunti Editore, … Continue reading-, è ripresa nei piani nazionali richiesti dalla UE (PNRR- Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Pur se riproposti con particolare enfasi, tuttavia tali obiettivi a livello europeo non sono nuovi: le strategie sulle quali l’Unione Europea ha fondato la Società della Conoscenza (Strategia di Lisbona 2000) per il superamento della globalizzazione attraverso il rilancio dell’Europa per mezzo di una crescita sociale ed economica intelligente, inclusiva, sostenibile (economia della conoscenza), si fondano su qualità umane come la creatività e l’innovatività assicurate dalla partecipazione attiva di categorie di persone solitamente escluse, prime fra tutte le donne presenti anche in ogni altra. A riprova di ciò, il Gender Mainstreaming viene considerato lo strumento per restituire alle necessità e alle priorità femminili il dovuto riconoscimento come premessa di democrazia e benessere generale.
Partendo da tali presupposti l’Europa ha quindi pienamente e con determinazione accolto le priorità dell’Agenda globale 2030 per lo sviluppo sostenibile: «un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità» da realizzarsi attraverso il raggiungimento dei 17 Obiettivi (goal) di Sostenibilità nei quali la sostenibilità è considerata a 360 gradi, vale a dire dove la salvaguardia dell’ambiente e il contrasto ai cambiamenti climatici indotti dall’azione umana, si accompagnano al progresso sociale ed economico[12]ASviS, https://asvis.it/l-agenda-2030-dell-onu-per-lo-sviluppo-sostenibile/. Il programma d’azione, sottoscritto all’unanimità nel settembre 2015 dai 193 Paesi membri dell’ONU, punta, per la sua attuazione, su due assi trasversali: oltre al gender mainstreaming e alla parità tra i sessi (goal 5: Gender Equality ed Empowerment di tutte le bambine e le donne), la stretta interrelazione e collaborazione tra tutti gli attori per il raggiungimento degli obiettivi (goal 17 Partnership for the goals) è considerata irrinunciabile. Tuttavia, la partecipazione attiva e responsabile di ognuno, oggetto del goal 17, a partire dalle azioni che si compiono nel quotidiano per arrivare agli interventi strutturali integrati a livello istituzionale, e il raggiungimento della parità tra i sessi, necessitano di un’educazione di qualità e permanente rivolta a persone di tutte le età, a tutti i livelli e in ogni ambito, compresi i livelli apicali, e quindi decisionali. L’educazione di qualità, oggetto del goal 4 (Quality Education), è dunque considerata strategica per assicurare il cambiamento culturale necessario verso lo sviluppo sostenibile.
In tutto questo il ruolo delle tecnologie, ed in particolare delle tecnologie digitali per la cittadinanza europea e del mondo e per sostenere processi di titolarità culturale, si rivelano cruciali.
La Convenzione di Faro[13]https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention sulla valorizzazione dei capitali immateriali e sulla titolarità culturale e, per quanto riguarda l’Italia, il Manifesto di Ventotene digitale e la Carta di Pietralcina per l’educazione all’eredità culturale e la salvaguardia e valorizzazione dei patrimoni di cui si dispone, spesso senza esserne consapevoli, costituiscono gli strumenti, o meglio la “cassetta degli attrezzi”, per la attuazione di tali obiettivi verso un nuovo Umanesimo[14]Mario Alì, a cura di, Conoscenza, competenza, creatività, crescita. Il capitale immateriale per l’Italia di domani, Laterza, 2021..
Il “Manifesto Ventotene Digitale”, redatto nel 2017 in vista dell’Anno europeo della cultura (2018), e oggi aggiornato per far fronte alle nuove sfide post pandemia[15]Il Manifesto Ventotene Digitale aggiornato è referenziato sul sito della Commissione Europea nell’ambito dell’iniziativa EPALE – Electronic Platform for Adult Learning in Europe … Continue reading, sintetizza le sfide e le azioni per riaffermare la Cultura come “bene comune” e strumento fondamentale di coesione sociale. Si tratta di azioni legate alla ricerca, all’Alta formazione e all’educazione scolastica nell’area delle Digital Humanities (DH) (culture digitali) e nel dominio del Digital Cultural Heritage (DCH) definito dal Consiglio d’Europa risorsa strategica per un’Europa sostenibile[16]Art. 2 delle Conclusioni del Consiglio d’Europa del 21 maggio 2014 relative al patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile (2014/C 183/08) . Obiettivo primario del Manifesto “Ventotene Digitale“, è «una formazione volta a co-creare un sistema di conoscenze e competenze digitali consapevoli, abilitate ad assicurare conservazione, fruizione ampia, interattiva, partecipata e consapevole, sostenibilità, valorizzazione, promozione e presentazione del nuovo Patrimonio culturale digitale (…) che parte mostrando la concretezza e la fruibilità dei beni culturali, facilita una considerazione più moderna e più consapevole dell’intero sistema, collocando la sfera umanistica in una dimensione reale, miniera di idee innovative tanto quanto ambiti come l’ecologia e la scienza»[17]G. Mangione, F. De Santis, (2021) La pedagogia del patrimonio per ripensare il curricolo della piccola scuola. Il museo come terzo spazio educativo, Culture Digitali, anno 1, n. 0, p. 68, … Continue reading.
Nel 2019, la Scuola a Rete in Digital Cultural Heritage, Arts and Humanities (DiCultHer) [18]https://www.eunews.it/2021/05/05/loccasione-digitale-per-la-cultura-in-europa/149252 è stata tra i promotori della Carta di Pietralcina sull’Educazione all’Eredità Culturale Digitale [19]https://www.diculther.it/blog/2020/01/01/carta-di-pietrelcina-sulleducazione-alleredita-culturale-digitale/ per promuovere la Titolarità culturale. A partire dalla Carta, DiCultHer ha inteso dare voce in particolare al mondo della scuola, a studenti e docenti per favorire un “rinascimento culturale digitale”, e promuovere, attraverso la creatività delle giovani generazioni e il coinvolgimento delle «comunità di eredità culturale», la straordinaria eredità culturale e storica del Mezzogiorno d’Italia e d’Europa nello spirito della Convenzione di Faro.
La Convenzione di Faro – “Convenzione quadro del Consiglio di Europa sul valore dell’eredità culturale per la società” è stata adottata dal Consiglio d’Europa il 13 ottobre 2005 e aperta alla firma degli Stati membri il 27 ottobre 2005 a Faro (Portogallo). La Convenzione, nata dal confronto fra quaranta Stati europei sui danni al patrimonio culturale causati dai conflitti che si erano verificati in Europa, non ha avuto vita però vita facile: entrata in vigore il 1 giugno 2011, in Italia è stata firmata nel 2013 e ratificata solo ad ottobre 2020 (Legge 1 ottobre 2020, n. 133) [20]https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention . Ratifica che costituisce un passo importante perché la Convenzione rappresenta un prezioso strumento «per le comunità scientifiche, educative e le comunità patrimoniali, per stimolare ed avviare i processi di partecipazione e presa in carico dei patrimoni, per il rafforzamento della dimensione collettiva e delle pratiche di salvaguardia e valorizzazione dei patrimoni culturali condivisi dalle comunità, dall’associazionismo, dai gruppi informali dalla Scuola» [21]https://www.diculther.it/webinar-settimanali-sulla-convenzione-di-faro-ottobre-2020-aprile-2021/.
La Convenzione, inoltre, «sottolinea gli aspetti importanti del patrimonio culturale in relazione ai diritti umani e alla democrazia. Promuove una comprensione più ampia del patrimonio culturale e della sua relazione con le comunità e la società. La Convenzione ci incoraggia a riconoscere che gli oggetti e i luoghi non sono, di per sé, ciò che è importante del patrimonio culturale. Essi sono importanti per i significati e gli usi che le persone attribuiscono loro e per i valori che rappresentano» [22]https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention .
La Convenzione di Faro, il Manifesto di Ventotene digitale, la Carta di Pietralcina e le indicazioni nazionali e sovranazionali tra le quali in particolare i 17 obiettivi ONU di sviluppo sostenibile e, a livello europeo, il Next Generation E.U., consentono di salvaguardare e comunicare cultura in una molteplicità di modalità, sollecitando riflessioni, e azioni, sulla necessità della parità tra i sessi per il raggiungimento della compiutezza della democrazia, per la salvaguardia dell’ecosistema e, in sintesi, per una vita migliore per tutti, senza esclusioni.
La “cassetta degli attrezzi” [23]Laura Moschini, Digital Shteam: una “via italiana”, coerente e anticipatrice della discussione in Europa per l’istruzione, la formazione, la parità di genere e le pari opportunità, in, a cura … Continue reading offre dunque molti vantaggi tra i quali la possibilità che la conoscenza, la diffusione e lo scambio senza confini dei patrimoni culturali di cui disponiamo, valorizzati grazie alle tecnologie, consentano al mondo e i suoi tesori di entrare nelle singole case, oltre che nelle scuole e nelle università, e raggiungere chiunque, anche chi non può muoversi per diversi motivi (infermità, carceri, povertà economica e culturale, luoghi remoti ecc), e a qualsiasi età. Tutto ciò può creare non solo opportunità di studio, ricerca, svago e crescita culturale, ma anche occasioni di lavoro in molti e diversi ambiti -anche da scoprire-, grazie alle tecnologie e ad una Titolarità culturale nata dall’esperienza della conoscenza, dalla condivisione, dalla sperimentazione in autonomia di modalità nuove sia nell’apprendimento che nella realizzazione di attività, prodotti, modelli di sviluppo.
In base a quanto detto, la sinergia e l’alleanza tra il gender mainstreaming, le culture digitali e la sostenibilità si incontrano pienamente con l’impegno europeo per un’Europa «più verde, più digitale e più resiliente e adeguata alle sfide presenti e future». Si tratta dunque di una importante e complessa sfida dove, la presa in carico da parte di ognuno delle questioni sulle quali si fonda la cittadinanza attiva, anche attraverso la presa in carico e la cura dei patrimoni dei quali dispone l’umanità.
Parlare di sostenibilità e dei temi relativi alla cittadinanza, tuttavia, significa parlare di etica e, in particolare, di etica sociale e dunque di cittadinanza attiva, responsabile e inclusiva che non può prescindere, come ricordato, dal raggiungimento della parità e delle pari opportunità tra i sessi e dalla realizzazione del gender mainstreaming da ottenersi attraverso un deciso contrasto agli stereotipi di genere. Il genere, infatti, (traduzione dall’inglese gender), inteso, secondo la Convenzione di Istanbul, come l’insieme di “ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per uomini e donne” [24]Art.3 Definizioni, Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di … Continue reading è, in sostanza, un “kit” che la società fornisce fin dalla nascita in base al sesso per indirizzare comportamenti e scelte di vita, professionali, relazionali individuate come utili da un punto di vista sociale ed economico.
Tuttavia, nonostante la conquista della parità formale di diritti e opportunità, gli stereotipi di genere, stentano ad essere combattuti efficacemente e continuano a tenere spesso legati uomini e donne a ruoli, attività, studi e professioni tradizionali. Un esempio in tal senso è l’impegno profuso dalle istituzioni per convincere le giovani a superare i pregiudizi che le vogliono più adatte a discipline umanistiche, per intraprendere studi e professioni in ambito STEM,acronimo di Science, Technologies, Engineering, Mathematics, considerando, da un lato, tale ambito strategico per lo sviluppo economico e dall’altro un danno il disinteresse delle ragazze.
L’ottica di genere, metodologia di indagine e analisi che consente di scoprire in che modo e per quali ragioni le organizzazioni sociali, nei diversi periodi storici e nei diversi contesti, abbiano dato origine a ruoli e gerarchie sessuali e all’attribuzione delle attività più adatte agli uomini e alle donne in base al sesso[25]Joan W.Scott, Il Genere un’utile categoria di analisi storica, (Gender: A Useful Category of Historical Analysis, in “American Historical Review” 5/91, 1986 pagg. 1053-75) in “Rivista … Continue reading, fin dagli anni’80 è considerata, insieme a gender mainstreaming ed empowerment [26]Empowerment: Capacità delle donne di autodeterminare la propria vita e di compiere scelte autonome in ogni ambito. Processo in base al quale le donne conquistano potere e controllo sulla propria … Continue reading, strumento fondamentale lper il raggiungimento della parità di diritti e delle opportunità tra i sessi. L’ottica di genere è dunque una lente importante, attraverso la quale vanno riguardati gli studi e le politiche in ogni ambito, perché consente di scoprire, o riconoscere, il ruolo degli stereotipi di genere nella sottovalutazione delle qualità, delle competenze, dei punti di vista e delle priorità femminili. Sottovalutazione dannosa per la società, perché riguarda il benessere e la qualità della vita di tutta la popolazione e non solo della parte femminile di essa, come la pandemia ha reso evidente: sanità, scuola, trasporto pubblico locale, condivisione dei lavori di cura, condizioni di lavoro sostenibili e salvaguardia dell’ambiente, vale a dire le priorità femminili sono, come è noto, le criticità esplose con il Covid-19 e verso le quali il Piano europeo e il Piano nazionale di ripresa e resilienza stanno cercando di porre rimedio. Senza contare che il punto di vista delle donne sulle questioni è importante perché le loro priorità riguardano anche le necessità di chi non ha voce: i minori, le persone anziane o non autosufficienti delle quali si occupano in modo prevalente rispetto agli uomini, come ampiamente confermato da studi e ricerche.
Si tratta quindi di punti di vista e priorità che riguardano il quotidiano e una vita buona, degna di essere vissuta in un ambiente sano e bello…felice. Il fine dell’etica.
L’etica sociale, filosofia pratica, nasce infatti dalla domanda: «Come vivere bene, felici, in una società, ordinata, giusta?». La risposta per il pensiero stoico è nella conoscenza, considerata la prima tra le virtù, concezione ripresa, come abbiamo visto, nella Strategia di Lisbona e oggi nel goal 4 degli Obiettivi ONU di Sostenibilità. La conoscenza, tuttavia, ha bisogno di una buona educazione: un’educazione liberale in grado di liberare la mente dalle catene del pregiudizio e del conformismo. Un’educazione centrata sul dialogo, sul confronto, sullo scambio di idee ed esperienze e, di conseguenza, sull’interrelazione dei saperi e delle discipline, ma anche del partire da sé per meglio comprendere, attraverso l’empatia, le esigenze altrui e la necessità del reciproco rispetto. L’educazione liberale, definita da Seneca “coltivare l’umanità” perché facilita non solo lo sviluppo del pensiero critico, creativo e quindi innovativo, e delle abilità (skill) collegate (come ad esempio la resilienza), ma anche di riconoscere, e poter contrastare, il pregiudizio che alberga dentro di noi e che noi stesse/i subiamo, è un’educazione in grado di aprire la mente, di sviluppare atteggiamenti empatici attraverso l’immaginazione narrativa favorendo la cittadinanza del mondo[27]Martha Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Carocci, 2001.
L’etica, inoltre, in stretta interrelazione con l’economia e la politica, attraverso la conoscenza stimolata dall’educazione liberale, dovrebbe indurre chi governa a produrre le condizioni per una vita felice per la popolazione nella consapevolezza che solo un individuo felice può essere un buon cittadino e partecipare attivamente e responsabilmente alla vita della Polis. Questo significa, ieri come oggi, assicurare che le persone abbiano un buon rapporto con sé stesse e con la società, vivano in un ambiente sano e bello, abbiano un buon lavoro stabile e soddisfacente che consenta la soddisfazione di bisogni e aspettative. Solo attraverso l’interrelazione tra i saperi e le discipline si riesce, dunque, per il pensiero etico, non solo a ben governare, ma anche a formare cittadini e cittadine aperti alla cittadinanza del mondo e consapevoli di vivere in un unico grande organismo, una grande famiglia, dove ognuno deve fare la sua parte e dove niente e nessuno può essere lasciato indietro senza compromettere il benessere e il destino dell’altro: in sintesi un Ecosistema.
L’Ecosistema globale in cui viviamo, spesso purtroppo senza rendercene conto, richiede dunque l’interazione costante tra tutti gli attori coinvolti che, come in un unico grande organismo inclusivo, a partire dal rispetto delle peculiarità di ognuno, collaborano per il bene comune e del pianeta. Un ecosistema globale, tuttavia, può funzionare solo se è caratterizzato da pace, benessere e sostenibilità: in sintesi da un nuovo Umanesimo, come viene definito già nelle Indicazioni nazionali per il curriculo del MIUR (2012) riprese nelle Indicazioni Nazionali e nuovi scenari (2018) [28]MIUR, http://www.indicazioninazionali.it/2018/08/26/indicazioni-2012/ e http://www.indicazioninazionali.it/2018/02/18/documento-indicazioni-nazionali-e-nuovi-scenari/.
Anche Papa Francesco richiama un Nuovo Umanesimo affermando che “Serve un patto educativo globale che ci educhi alla solidarietà universale, a un nuovo umanesimo” [29]preannunciando l’evento mondiale del 14 maggio 2020 sul tema “Ricostruire il patto educativo globale” … Continue reading invitando tutti coloro che, a vario titolo e a tutti i livelli disciplinari e della ricerca, operano nel campo dell’educazione e in particolare i giovani, ad approfondire temi quali i diritti umani, le scienze della pace, il dialogo tra le religioni, l’ambiente, la democrazia, l’economia, la cooperazione internazionale. Citando il proverbio africano «per educare un bambino serve un intero villaggio», Francesco ricorda che «questo villaggio va costruito. Tutti insieme, per educare i bambini, per educare il futuro» al fine «di trovare soluzioni, avviare processi di trasformazione, senza paura». «Invito ciascuno di voi ad essere protagonista di questa alleanza» è infine l’esortazione del Papa in piena sintonia con l’ONU e gli obiettivi di sostenibilità. I richiami di Francesco contenuti nell’enciclica Laudato Si’ anche rispetto alla necessità di progettare a lungo termine come vera sfida nella questione ambientale, sono stati oggetto di grande e continua attenzione da parte delle istituzioni europee nella predisposizione, in particolare, del piano Green New Deal [30]https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2021-05/laudato-si-unione-europea-comece-politica-ambiente-clima.html .
Il riferimento al Nuovo Umanesimo da parte di istituzioni laiche e religiose, dimostra la validità dell’approccio etico nella conoscenza: ogni disciplina, ogni sapere, ogni studio o ricerca deve avere per unico obiettivo il benessere e la migliore qualità della vita possibile sia per gli abitanti della Terra che per la madre Terra stessa. Terra che ci ospita, ma della quale dobbiamo avere cura.
Si tratta, come detto, di temi non nuovi, ma allo stesso tempo sistematicamente accantonati, propri e fondanti del pensiero femminista e che, riaffermati nella IV Conferenza ONU di Pechino nel 1995, sono stati definiti “ecofemministi” e riconosciuti di valore universale perché riguardanti l’intera popolazione mondiale e non solo la parte femminile di essa[31]Ecofemminismo: (eco-femminismo) s. m. Corrente del femminismo che si ripropone di coniugare la difesa dei valori e dei diritti delle donne e la salvaguardia dei territori, della comunità, della … Continue reading.
Le questioni etiche riprese in ottica di genere costituiscono quindi la vera innovazione sociale e i presupposti per un progresso sociale ed economico sostenibile.
Entrando nel merito del discorso, come abbiamo visto, il gender mainstreaming, è un concetto rivoluzionario che richiede un radicale cambio di prospettiva in quanto sta ad indicare il valore generale (e non relativo solo ad una parte della popolazione) del punto di vista delle donne e la necessità del suo l’inserimento in ogni azione, politica o decisione ad ogni livello, ma soprattutto a livello decisionale, per realizzare la parità tra i sessi e migliori condizioni di vita per tutti. In un sistema realmente democratico, infatti, chi ha il compito di decidere da un lato deve considerare anche il punto di vista femminile quando prende le decisioni o definisce i capitoli di spesa, dall’altro deve poter conoscere quale impatto avranno le sue decisioni su tutte le persone che compongono la società, comprese quindi le donne e tutte le persone che esse rappresentano.
Attuare il gender mainstreaming richiede, di conseguenza, una convinta presa in carico con fondi adeguati, per la sua realizzazione. Purtroppo, in Italia ciò non accade e le risorse, quando disponibili, sono residuali e non riguardano interventi strutturali come quelli richiesti dall’ONU e dalla UE.
Tuttavia, i Piani europei per la ripresa post pandemia, costituiscono oggi un forte stimolo, oltre a fornire risorse economiche verso priorità quali: parità tra i sessi, svolta green e digitalizzazione.
A questo proposito la normativa italiana è chiara: la Costituzione della Repubblica, che nell’art.3 riconosce esplicitamente la parità tra i sessi e il ripudio di ogni forma di discriminazione, attraverso gli articoli 9, 33 e 42, specifica il compito dello Stato nel rendere fruibili i patrimoni presenti sul territorio affinché possano assolvere a quelle che vengono definite come finalità costituzionali primarie, vale a dire lo sviluppo culturale della comunità sociale, anche attraverso l’affinamento della ricerca scientifica, e la promozione della personalità umana e della solidarietà sociale.
In sintesi esistono tutti gli strumenti normativi necessari, è il momento di metterli in pratica, tutti insieme. Proprio come richiede il goal 17 dei 17 Obiettivi ONU, che punta sulla Partnership for the goals, vale a dire dialogo e collaborazione tra tutti gli attori coinvolti ed in tutti gli ambiti di intervento.
Per lavorare insieme, è però necessario abbattere barriere: barriere tra discipline cosiddette Scientifico-Tecnologiche e quelle Umanistiche, comprese le Arti, perché, per far funzionare un Ecosistema, tutte le discipline devono agire insieme verso il fine comune del raggiungimento del benessere e della qualità della vita nel rispetto dell’ambiente che ci ospita e per la sua salvaguardia. Devono, però, essere abbattute anche le barriere costituite da pregiudizi e stereotipi di genere, affinché finalmente sia realizzata la parità di genere (goal 5) sia negli studi che nei luoghi dove “si decide”, attraverso una presenza paritaria di uomini e donne, affinché sia attuato il Gender Mainstreaming.
Per un nuovo Umanesimo, è necessario, in sintesi, favorire il passaggio da STEM a SHTEAM aggiungendo – nell’acronimo e nella sostanza – alle scienze cosiddette “dure” (hard Sciences) le scienze cosiddette “umane” (Humanities) e le arti (A), ovvero riconsiderare gli obiettivi di studio e ricerca sulla base della loro utilità in termini di sostenibilità, benessere e qualità della vita a partire dalla concezione di una società composta di persone e non di individui astratti e sessualmente neutri. Ciò vuol dire considerare l’esistenza di persone non indistinte, ma al contrario uniche ed irripetibili, dotate di corpo, sentimenti, emozioni che vivono in un sistema sociale che stabilisce regole e che influisce su scelte di vita, relazionali e professionali. Persone che vivono esperienze diverse, anche a partire dal proprio sesso, e attraverso le riflessioni su di esse, assumono punti di vista e individuano priorità. Per tale motivo punti di vista e priorità femminili non possono più essere considerate secondarie rispetto a quelle maschili, ritenute ancora oggi universali e riguardanti la generalità della popolazione.
Abbattere le barriere tra le discipline e di genere, è necessario, dunque, non solo per una questione di democrazia o perché le donne costituiscono almeno la metà della popolazione e sono di gran lunga più povere, ma anche perché il loro contributo contribuisce a rendere più eque perché più vicine alle necessità della vita quotidiana le decisioni politiche e di spesa.
Attraverso il Gender Budgeting, per esempio, le politiche economiche e le priorità di spesa pubblica vengono stabilite a partire dai bisogni e dalle necessità delle persone tutte, nessuna esclusa, che compongono la società e non invece da esigenze “del mercato” o di altro tipo[32]Il Bilancio di genere, attuato fin dagli anni ’80 in diverse parti del mondo soprattutto in ambito Commonwhealth (Australia, 1984) con ottimi risultati su benessere e qualità della vita e … Continue reading. Il Gender Budgeting, coniugando le scienze economiche con le scienze umanistiche, rende evidente la falsità dell’affermazione che esista un’unica legge economica che detta le regole e che il modo in cui vengono stabiliti i capitoli di spesa siano neutri. Dall’analisi degli impatti delle politiche di spesa, procedura tanto necessaria quanto poco effettuata, risulta infatti che lo stanziamento di fondi su determinati capitoli, piuttosto che su altri, rafforza e talvolta amplifica le diseguaglianze esistenti a partire da quelle tra i sessi. Solo per fare un esempio, assegnare risorse alle grandi infrastrutture limitando il sostegno al trasporto pubblico locale penalizza le donne, i minori e le persone anziane o meno abbienti o disabili. Allo stesso modo stanziare risorse per l’utilizzo di tecnologie digitali senza un’adeguata preparazione delle persone meno alfabetizzate da un punto di vista digitale, rende la vita assai più complicata e a volte addirittura pericolosa soprattutto per le stesse categorie di persone. Fenomeni come truffe on line, o cyber violenza, stalking o bullismo sono, infatti, sempre più comuni. Un’adeguata formazione scolastica e forme di educazione permanente sull’uso consapevole e responsabile, oltre che pratico, delle tecnologie digitali, insieme alla predisposizione di norme a tutela dell’utenza e sanzionatorie per chi le viola, dovrebbe sempre accompagnare le politiche economiche e di sviluppo tecnologico in particolare.
Il Gender budgeting, tradotto in italiano con Bilancio di genere, è una dimostrazione pratica di quanto l’inserimento del punto di vista e delle priorità delle donne possa favorire processi economici e di spesa pubblica più democratici e attenti alla qualità della vita oltre che alla tutela dell’ambiente. Non a caso nei bilanci di genere molta attenzione è rivolta alla Teoria delle “capacità”, elaborata da Amartya Sen e Martha Nussbaum, seppure con alcune differenziazioni, riguardante lo sviluppo delle “capacità” o “capacitazioni” (capabilities) [33]Per un approfondimento, Laura Moschini, Gender mainstreaming e Capabilities approach nella formazione alla cittadinanza, in Giuditta Alessandrini, a cura di, La pedagogia di Martha Nussbaum, … Continue reading che qualificano come “umana” e “libera” la vita delle persone, attraverso quelli che Amartya Sen definisce “funzionamenti”, ovvero gli strumenti messi a punto dall’organizzazione sociale per consentire alle capacità di esistere. Per fare un esempio, il diritto all’educazione di qualità, una delle capacità che per Martha Nussbaum rende umana, libera e dignitosa la vita di ogni persona, deve essere assicurata da una scuola, intesa come istituzione, inserita in un’organizzazione sociale ed economica “capacitante”, grazie ad un approccio integrato tra cittadinanza, enti pubblici e privati, istituzioni, imprese e naturalmente studiosi di tutte le discipline. Per una scuola che funzioni bene occorrono, infatti, molte competenze in diversi ambiti: ingegneria e architettura per la costruzione di edifici scolastici sicuri e ben organizzati, scienze della formazione per la preparazione di insegnanti adeguati, personale esperto per laboratori di fisica, botanica, chimica, cittadinanza, arte, comunicazione, sport, educazione stradale, media e social media ecc.
Tuttavia, nonostante i numerosi richiami ad un approccio integrato tra le discipline accompagnato dal contrasto a pregiudizi e stereotipi di genere, approccio necessario per affrontare le questioni nella loro complessità, il problema principale avvertito oggi nell’educazione e nell’istruzione, come anticipato, è quello di attirare studenti e soprattutto studentesse verso le materie STEM, considerate più “utili”.
Abbattere le barriere tra i saperi, creare interconnessioni e trasversalità tra discipline e culture non è un tema nuovo, come non è un tema nuovo quello di incentivare i ragazzi e soprattutto le ragazze a studiare e poi a lavorare in ambiti scientifico-tecnologici e come non è un tema nuovo restituire alle donne, alle loro qualità e al loro punto di vista il giusto valore anche nelle scienze “dure” (e riconoscere il vantaggio che ne deriva).
Se ne accorsero nei primi anni ’60 al Pentagono e nelle industrie americane, dove a fronte di capacità femminili notevoli non riuscivano a trovare abbastanza scienziate. Dalle ricerche fatte per capire le ragioni delle resistenze delle giovani, anche se dotate, emerse che il problema era dovuto in gran parte all’esistenza di stereotipi di genere sulla distinzione tra materie “maschili” e “femminili” oltre che, ovviamente, sui ruoli e le attività più adatte ad uomini e donne (ad es. lavori di cura totalmente o quasi totalmente a carico delle donne, ruolo del capofamiglia come breadwinner ovvero colui che sostiene la famiglia), ma che esistevano altri problemi che tenevano lontane le donne (e non solo le donne) dai saperi scientifico-tecnologici. Problemi riguardanti il “senso” degli studi e delle ricerche e la loro lontananza dalla vita quotidiana, oltre all’organizzazione gerarchica (e sessista) della comunità scientifica[34]Martha Nussbaum, op.cit,. Le scienze “dure” (Hard Sciences) erano/sono dunque considerate come ambiti basati su razionalità e oggettività e su una concezione astratta e sessualmente neutra della società e dell’individuo che rende più facile la modellizzazione e la raccolta dei dati per ottenere algoritmi. Un concetto di società formata da tanti individui apparentemente indifferenziati, anche se in realtà connotati al maschile[35]Evelyn Fox Keller, The Gendered Language of Science, 6 maggio, 1990, https://billmoyers.com/content/evelyn-fox-keller/ (come accade anche per il maschile che include il femminile nel linguaggio privandolo di autonomia e valore)
In sostanza le STEM sono viste come distanti dalle Humanities e dalle Arti che hanno a che fare con la complessità e l’individualità (e soggettività) delle uniche ed irripetibili persone che compongono la società e, di conseguenza, come gerarchicamente superiori proprio perché “distanti” non solo dalle altre scienze, ma anche dalla vita quotidiana e dalle sue necessità.
In sintesi, gli studi umanistici e artistici sono considerati, paradossalmente anche in Italia, belli, ma non utili…
Dunque: in un periodo storico, come quello attuale definito anche “era dell’algoritmo” dove, se da un lato l’innovazione sociale è spesso intesa come soddisfazione di bisogni indotti da esigenze del mercato, ma dall’altro gli Obiettivi di Sostenibilità richiamano l’attenzione verso la persona e la sua consapevolezza e i piani europei puntano su un nuovo Umanesimo, davvero gli studi in ambito umanistico e artistico possono non essere considerati utili?
Martha Nussbaum in Coltivare l’umanità [36]Nussbaum, op. cit. sottolinea che non è così e che scuole e università debbono incrementare, e non ridurre, i corsi di scienze umane e artistiche perché l’innovazione richiede flessibilità e una mente aperta e creativa capace di un pensiero autonomo, critico e non conformista. Un pensiero che consenta di vedere oltre, di saper collegare le informazioni e trarne idee, di discutere sapendo argomentare e di gestire i conflitti attraverso il dialogo, di saper orientarsi nel mondo avvolgente e pervasivo dei media e dei social media senza lasciarsi convincere da notizie false o coinvolgere da climi di odio e soprattutto di considerare la società composta di persone e non di individui astratti e neutri, numeri. Nussbaum ricorda, inoltre, che è necessario educare al pensiero critico e creativo fin dalla scuola primaria, perché le abilità e le competenze apprese nell’infanzia consentono di saper reagire alle condizioni avverse, mettendo in campo i patrimoni culturali assimilati per tutto l’arco della vita.
Occorre quindi incentivare gli studi umanistici per riportare l’attenzione sulla criticità prodotte da un uso non responsabile delle tecnologie come, ad esempio invasione della privacy, estrema modellizzazione, difficoltà nelle relazioni interpersonali e professionali.
Attraverso il pensiero critico, inoltre, per Nussbaum, è possibile apprendere a difendersi da ciò che si considera spiacevole o addirittura un pericolo e a saper valutare i possibili impatti delle nostre azioni sulla vita dei singoli individui, delle comunità e delle forme di vita sulla Terra e della Terra stessa. Per tutte queste ragioni è estremamente importante restituire valore e “utilità” alle scienze “umane” e artistiche impegnandosi verso la riunificazione dei saperi e delle discipline.
Senza dimenticare che la riunificazione dei saperi nelle SHTEAM produce un reciproco arricchimento: da un lato riporta le STEM a contatto con le persone in carne ed ossa e con le necessità che emergono dalla loro quotidianità e, dall’altro, consente alle Humanities di utilizzare le tecnologie per una ricerca più efficace, e una maggiore valorizzazione e diffusione della conoscenza dei patrimoni di cui dispone l’umanità.
Il punto di vista di genere, evidenziato in ogni ambito disciplinare attraverso la realizzazione del gender mainstreaming, ha un ruolo importante perché può contribuire ad allargare gli orizzonti e, attraverso creatività ed innovatività femminili fino ad ora non considerate o sottostimate, può consentire l’adozione di metodologie di ricerca e analisi a partire dalla rivalutazione di aspetti “umani” riguardanti sentimenti, emozioni e, ultima ma non ultima, la ricerca del senso degli studi, delle ricerche e di prodotti o modelli.
Le Digital Humanities e le SHTEAM, grazie al progetto “Da STEM a digital SHTEAM” (lanciato da DiCultHer nel 2018 ), vanno proprio in questa direzione collaborando alla pari per la protezione e la salvaguardia oltre che la valorizzazione e la diffusione della conoscenza e per la fruibilità e la titolarità dei patrimoni culturali, paesaggistici, ambientali di cui disponiamo e dei quali le future generazioni dovranno disporre. Temi da sempre molto vicini alla sensibilità femminile riguardando in gran parte il mondo del quotidiano, la propensione ad una presa in carico caratterizzata da cura e da attenzione alla persona umana del presente e delle generazioni future, coniugata con l’utilizzo sostenibile delle risorse del pianeta.
Con la promozione dell’Eredità culturale digitale e della Titolarità culturale tra le giovani generazioni DiCultHer, lanciando quelle che ad oggi sono le dieci #sfide, intende incentivare la realizzazione e l’organizzazione da parte di studentesse e studenti di nuovi contenuti culturali digitali attraverso la progettazione e la co-creazione di percorsi di apprendimentoinnovativi, affiancati e sostenuti dal personale scolastico[37]https://www.diculther.it/webinar-3-del-30-ottobre-2020-presentazione-delle-sfide-di-hackcultura-2021/. Ciò costituisce una premessa importante per l’individuazione di nuove professioni o per la riconsiderazione di professioni esistenti. Come ad esempio l’insegnamento e la ricerca condivisa tra docenti, studenti, contesto locale, di contenuti e metodi che sappiano coniugare tradizione ed innovatività alla luce del pensiero critico e creativo.
L’innovazione sociale in ottica di genere per un nuovo Umanesimo, può quindi partire proprio dall’acquisizione della titolarità culturale e dall’uso responsabile e consapevole delle tecnologie, ed in particolare dalle tecnologie digitali, fondamentali ed irrinunciabili oggi anche per far sì che l’innovazione nel senso descritto produca nuova occupazione, ma anche una nuova e profonda consapevolezza sulla bellezza e le opportunità che derivano dall’essere cittadini del mondo e di far parte di un ecosistema.
References
↑1, ↑2 | Sull’argomento si veda: Amartya Sen, Etica ed Economia, Laterza, 2003, Maria Mies Vandana Shiva, Ecofeminism, 1993 in ZED books 2014, Il pianeta di tutti, Universale Economica Feltrinelli, 2020; Franca Marcomin, Laura Cima, a cura di, L’ ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria, Il Poligrafo 2017 contiene le voci dell’ecofemminismo italiano di denuncia e in difesa dell’ambiente e della salute. |
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↑3 | Piano per la ripresa dell’Europa, Introduzione, https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_it#introduzione |
↑4 | Discorso apertura W20, 13 luglio 2021, https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/07/13/w20-von-der-leyen-parita-di-genere-entro-il-2030-_5f55280d-04ba-44a1-83b1-ebb83084e330.html; discorso 27 aprile 2021: https://www.linkiesta.it/2021/04/discorso-ursula-von-der-leyen/ |
↑5, ↑6 | Il Green Deal, Cfr., https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/dalla-pandemia-a-un-nuovo-modello-di-crescita-green-e-new-deal-per-ripartire/ e https://comunitadiconnessioni.org/articoli/il-green-deal-per-un-nuovo-umanesimo-integrale-europeo/ |
↑7 | Piattaforma ONU di Pechino ’95, dirittiumani.donne.aidos.it/bibl_2_testi/d_impegni_pol_internaz/a_conf_mondiali_onu/b_conf_pechino/home_pechino.html e https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/society/20190712STO56961/la-lotta-per-l-uguaglianza-di-genere-cosa-fa-il-parlamento-europeo |
↑8 | https://unric.org/it/agenda-2030/ |
↑9 | Tra i numerosi studi su donne e scienza si veda di Margaret Alic, L’eredità di Ipazia, Editori Riuniti, 1989. |
↑10 | Per un approfondimento si veda Donne nella scienza, interviste possibili e impossibili, a cura dell’associazione Donne e Tecnologie, progetto finanziato dal MIUR nel 2012 e dal 2019 aggiornato https://www.donnenellascienza.it, Sulla Storia delle donne dalla preistoria al’900 si veda di Georges Duby, Michelle Perrot, a cura di, Storia delle donne in Occidente, Laterza, 2011, e di Margharete Durst, Educazione di genere tra storia e storie, Franco Angeli 2006. |
↑11 | https://treccani.it/vocabolario/intelligenza/. Per un approfondimento si veda di Stefano Mancuso e Alessandra Viola, Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, Giunti Editore, 2015 e https://rivistanatura.com/le-piante-sono-piu-intelligenti-degli-animali/. |
↑12 | ASviS, https://asvis.it/l-agenda-2030-dell-onu-per-lo-sviluppo-sostenibile/ |
↑13 | https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention |
↑14 | Mario Alì, a cura di, Conoscenza, competenza, creatività, crescita. Il capitale immateriale per l’Italia di domani, Laterza, 2021. |
↑15 | Il Manifesto Ventotene Digitale aggiornato è referenziato sul sito della Commissione Europea nell’ambito dell’iniziativa EPALE – Electronic Platform for Adult Learning in Europe https://epale.ec.europa.eu/en/node/78949, sul Manifesto di Ventotene aggiornato, https://www.civita.it/Associazione-Civita/Il-Giornale-di-Civita/L-OCCHIO-DI-CIVITA/Ventotene-digitale.-L-occasione-digitale-per-la-cultura-e-l-Europa |
↑16 | Art. 2 delle Conclusioni del Consiglio d’Europa del 21 maggio 2014 relative al patrimonio culturale come risorsa strategica per un’Europa sostenibile (2014/C 183/08) |
↑17 | G. Mangione, F. De Santis, (2021) La pedagogia del patrimonio per ripensare il curricolo della piccola scuola. Il museo come terzo spazio educativo, Culture Digitali, anno 1, n. 0, p. 68, https://www.diculther.it/rivista/le-fonti-che-non-ti-aspetti/ |
↑18 | https://www.eunews.it/2021/05/05/loccasione-digitale-per-la-cultura-in-europa/149252 |
↑19 | https://www.diculther.it/blog/2020/01/01/carta-di-pietrelcina-sulleducazione-alleredita-culturale-digitale/ |
↑20, ↑22 | https://www.coe.int/it/web/venice/faro-convention |
↑21 | https://www.diculther.it/webinar-settimanali-sulla-convenzione-di-faro-ottobre-2020-aprile-2021/ |
↑23 | Laura Moschini, Digital Shteam: una “via italiana”, coerente e anticipatrice della discussione in Europa per l’istruzione, la formazione, la parità di genere e le pari opportunità, in, a cura di, Mario Alì, cit. |
↑24 | Art.3 Definizioni, Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, ovvero la cosiddetta Convenzione di Istanbul, aperta alla firma l’11 maggio del 2011, ratificata dall’Italia nel 2013, entrata in vigore in Europa nel 2014, https://documenti.camera.it/leg17/dossier/testi/ac0173.html |
↑25 | Joan W.Scott, Il Genere un’utile categoria di analisi storica, (Gender: A Useful Category of Historical Analysis, in “American Historical Review” 5/91, 1986 pagg. 1053-75) in “Rivista di storia contemporanea”, n. 4, 1987 |
↑26 | Empowerment: Capacità delle donne di autodeterminare la propria vita e di compiere scelte autonome in ogni ambito. Processo in base al quale le donne conquistano potere e controllo sulla propria vita e la capacità di compiere scelte strategiche, in EIGE Glossary and Thesaurus, https://eige.europa.eu/thesaurus/terms/1102?lang=it |
↑27 | Martha Nussbaum, Coltivare l’umanità. I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea, Carocci, 2001 |
↑28 | MIUR, http://www.indicazioninazionali.it/2018/08/26/indicazioni-2012/ e http://www.indicazioninazionali.it/2018/02/18/documento-indicazioni-nazionali-e-nuovi-scenari/ |
↑29 | preannunciando l’evento mondiale del 14 maggio 2020 sul tema “Ricostruire il patto educativo globale” https://www.agensir.it/multimedia/2019/9/12/papa-francesco-serve-un-patto-educativo-per-un-nuovo-umanesimo/ |
↑30 | https://www.vaticannews.va/it/chiesa/news/2021-05/laudato-si-unione-europea-comece-politica-ambiente-clima.html |
↑31 | Ecofemminismo: (eco-femminismo) s. m. Corrente del femminismo che si ripropone di coniugare la difesa dei valori e dei diritti delle donne e la salvaguardia dei territori, della comunità, della biosfera, della salute. https://www.treccani.it/vocabolario/ecofemminismo_%28Neologismi%29/Cfr. Per l’ecofemminismo italiano si veda di Franca Marcomin, Laura Cima, a cura di, L’ ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria, cit. |
↑32 | Il Bilancio di genere, attuato fin dagli anni ’80 in diverse parti del mondo soprattutto in ambito Commonwhealth (Australia, 1984) con ottimi risultati su benessere e qualità della vita e raccomandato dalla UE, in Italia è sperimentato soprattutto a livello locale dal 2002 (Sestri Levante) e dal 2017 è nel bilancio dello Stato con un numero limitato di indicatori ripresi dal BES-Benessere Equo e Sostenibile, sistema di indicatori elaborato da CNEL e dall’ISTAT. Per un approfondimento si veda https://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/in_vetrina/dettaglio.html?resourceType=/VERSIONE-I/_documenti/in_vetrina/elem_0306.html e IAFFE International Association for Feminist Economics, associazione che raggruppa a livello mondiale economiste ed economisti e studiose/i di altre discipline sul tema dell’economia sostenibile in ottica di genere, cfr., http://feministeconomicsposts.iaffe.org/2017/07/11/global-gender-budgeting-experiments-as-public-policy-innovation/ |
↑33 | Per un approfondimento, Laura Moschini, Gender mainstreaming e Capabilities approach nella formazione alla cittadinanza, in Giuditta Alessandrini, a cura di, La pedagogia di Martha Nussbaum, approccio alle capacità e sfide educative, Franco Angeli, 2014, pp.170-195. |
↑34 | Martha Nussbaum, op.cit, |
↑35 | Evelyn Fox Keller, The Gendered Language of Science, 6 maggio, 1990, https://billmoyers.com/content/evelyn-fox-keller/ |
↑36 | Nussbaum, op. cit. |
↑37 | https://www.diculther.it/webinar-3-del-30-ottobre-2020-presentazione-delle-sfide-di-hackcultura-2021/ |