Dall’economia dell’esperienza all’ecologia dell’esperienza.

di Derrick de Kerckhove *

Dal metaverso alla meta-città, ovvero come usare il concetto di metaverso per migliorare la sostenibilità è stata la riflessione che ho dedicato alla XIV edizione di Nostalgia di Futuro che quest’anno si è tenuto a Milano ospiti della Fondazione Eni Enrico Mattei.

Propongo la visione del metaverso come destinazione e destino digitale. Un po’ di storia: c’è continuità dal 1992 a oggi in quanto simulazione e gemellaggio sono i principi chiave della trasformazione digitale e il metaverso con le sue tecnologie immersive simula lo spazio. Tre le parole chiave: immersione, presenza, condivisione.  

Dal 1992, anno in cui il termine è stato inventato da Neal Stephenson, il metaverso, dopo diverse false partenze come Active Worlds o Second Life, ha attraversato diverse iterazioni per arrivare all’attuale esplosione nei mercati mondiali. Sebbene sia ancora una sorpresa, vista la precedente tiepida accoglienza, la duplicazione di uno spazio immersivo, per non dire “vivente”, era in cantiere fin dall’inizio della trasformazione digitale. Insieme all’incorporazione dell’intelligenza artificiale in ogni attività umana, compreso il sonno: il metaverso è la punta di diamante e il fulcro degli sviluppi tecnologici e di mercato.

Il metaverso rende evidente qualcosa che abbiamo sperimentato senza rendercene conto: abbiamo occupato un nuovo spazio, siamo entrati in una nuova civiltà e abbiamo ampliato a dismisura i nostri poteri individuali. Lo spazio non è più esclusivamente geografico, né ontologico. È virtuale, sì, ma ora che è tecnicamente stabile è diventato abitabile nel modo in cui abitiamo lo spazio fisico. Questo è ciò che chiamiamo “immersivo”. Oltre a questa proprietà, il metaverso è un ambiente di “condivisione” proprio come quello fisico, dove diamo per scontato di trovarci nello stesso spazio con le persone che incontriamo. Anche Mark Zuckerberg lo ha capito: “La qualità che definisce il metaverso sarà la sensazione di presenza, come se si fosse proprio lì con un’altra persona o in un altro luogo”.   Questo è il sogno ultimo della tecnologia sociale”.

Secondo Matthew Ball (esperto digitale) “Il metaverso è una rete massicciamente scalata e interoperabile di mondi virtuali 3D renderizzati in tempo reale, che possono essere vissuti in modo sincrono e persistente da un numero effettivamente illimitato di utenti e con continuità di dati come identità, storia, diritti, oggetti, comunicazioni e pagamenti”. Tutte le parole sono importanti, ma al di là del fatto che manca “immersivo”, la più significativa è forse la parola “persistente”. Perché è quella che corrisponde alla realtà e permette interessanti confronti tra mondo fisico, sogno, finzione, cinema e metaverso. Per me, le quattro parole chiave oltre a virtuale sono, come per lo spazio reale, presenza, immersione, persistenza e condivisione.

Perché dal metaverso alla metacittà

Abbiamo due funzioni del metaverso, l’intrattenimento e il servizio pubblico. L’intrattenimento guida la tecnologia e il mercato, in passato erano la letteratura e il cinema a fornire vari esperimenti di vita. Il concetto di meta-città suggerisce la possibilità del servizio pubblico, secondo Cosimo Accoto, scrittore e analista dell’era digitale.

Quanto detto non significa, tuttavia, che il metaverso debba o voglia rimanere circoscritto nell’intrattenimento e focalizzato sul profitto, né che debba limitarsi a copiare la realtà. La versione ludica del metaverso fa anche parte della sua funzione euristica.  Come l’alfabetizzazione, che è stata utile sia alla narrativa che alla scienza, il metaverso può essere sia uno stimolo per l’economia dell’intrattenimento che per il servizio pubblico. Da questa riflessione nasce il concetto di “metacittà”, gemella della città. Come il metaverso, la metacittà è una simulazione di spazio immersivo, interattivo e partecipativo, ma simula spazi fisici esistenti in modo che le persone possano agire su di essi virtualmente e applicare le decisioni pertinenti di conseguenza. Possiamo prevedere vantaggi per i cittadini collegati alle autorità e capaci di negoziare con loro al fine di migliorare la città (e non solo). Ma una cosa che un ambiente virtuale come una metacittà può fare, che la città reale non può fare è raccogliere e integrare tutti i dati, tutti i sensori e tutto il traffico in tempo reale e prevedere conseguenze o miglioramenti.

Secondo Cosimo Accoto “gli ambienti popolati oggi per lo più da avatar esteticamente colorati e divertenti, sicuramente, ma non ancora abitati da cittadini digitali politicamente, socialmente consapevoli e responsabilizzati (…) saranno la vera sfida del metaverso”. Il concetto di “meta-città” rivela il vero vantaggio dell’attuale tendenza all’innovazione, ovvero la duplicazione della realtà, non solo a livello urbano, ma, come prevede l’Unione Europea, anche su scala regionale, nazionale, continentale e, infine, globale. La mappatura della realtà nella sua dimensione immersiva può diventare la via d’uscita dagli imminenti disastri ecologici e sociali. L’Unione Europea, nella sua saggezza, ha avviato il progetto Gemellaggio Digitale d’Europa come servizio per migliorare la gestione dell’economia e combattere il cambiamento climatico.

Ed arriviamo alla sostenibilità perché né la metacittà né il metaverso sono ecologici.

Il punto è che entrambi sono necessari per la maturazione e la diffusione della tecnologia.

Come abbiamo visto finora nei tiepidi risultati delle varie riunioni della COP, da Rio a Sharm-el-Sheikh, nulla convincerà i governi, l’industria e il pubblico in generale a prendere sul serio la sostenibilità. Di per sé, in particolare nelle applicazioni visibili oggi, né il metaverso né la metacittà sono destinati a sostenere l’ambiente, tutt’altro. Le loro applicazioni ludiche e commerciali o pratiche minacciano di aumentare, anziché ridurre, il già considerevole consumo di energia e materiali in cicli di innovazione, obsolescenza, rinnovamento e consumismo generalizzato.  A titolo di paragone, dall’inizio degli anni Sessanta al 2011, ci sono voluti quasi cinque decenni di persuasione pubblica per ridurre la popolazione mondiale di fumatori al 20%.

Dall’economia dell’esperienza all’ecologia dell’esperienza

Questo è il punto di arrivo: il metaverso come tecnologia di punta dell'”economia dell’esperienza che conduce all’ecologia dell’esperienza. Un cambiamento analogo lo abbiamo avuto quando abbiamo esternalizzato l’esperienza e l’alfabetizzazione si è contrapposta alla schermologia. Andiamo per punti. Abbiamo esternalizzato l’ego sotto forma di avatar, ma c’è una differenza critica tra metaverso e metacittà, perché il metaverso è estensione dei media tradizionali mentre la metacittà è estensione della realtà. La tecno-ecologia dipende dalla simulazione quantistica, come dice Cosimo Accoto.

Il mercato non ha aspettato la rinascita delle tecnologie immersive 3D per promuovere l'”economia dell’esperienza”. Ma il metaverso diventa un punto di riferimento per comprendere tutte le implicazioni del termine.  La creazione di esperienze è iniziata presto in tutte le culture alfabetizzate con la narrativa e il teatro. Ma con la narrativa l’esperienza era interna all’utente. Il cinema l’ha esternalizzata di nuovo come aveva fatto il teatro e poi è subentrata la televisione, che ha fornito allo spettatore un sostituto completo dell’immaginazione. Oggi il processo di esternalizzazione è condiviso tra la mente dell’utente e lo schermo, ma sempre più sotto il controllo di quest’ultimo. L’esternalizzazione completa avviene con il metaverso, perché non solo esteriorizza tre delle cinque esperienze sensoriali, ma esteriorizza anche l’ego sotto forma di avatar. Ecco quindi la differenza critica tra il metaverso e la metacittà.

Il valore ludico e di intrattenimento del metaverso, oltre a invitare alla creazione di un nuovo tipo di servizio commerciale, seppur convenzionale, è un’estensione di altre merci mediatiche fin dall’invenzione del teatro e del romanzo. In confronto, il concetto di metacittà si occupa della realtà e di come utilizzarla. La simulazione immersiva è diretta a prevedere e migliorare le condizioni della vita reale e, come possiamo prevedere dagli sviluppi attuali, si ritiene che la tendenza vada già oltre la città, verso ambienti regionali e infine globali.  In questo modo la tecnologia immersiva potrebbe aiutarci a vivere meglio grazie alle simulazioni di ambienti completi fondati da dati provenienti da sensori e analisi predittive in tempo reale allo scopo di identificare i potenziali pericoli e le loro cause, proteggendo così il pianeta con i suoi abitanti nella sua completezza. Ecco perché invito ad iniziare a pensare all’ecologia dell’esperienza oltre che all’economia dell’esperienza.

La differenza potrà essere fatta solo quando sarà resa disponibile una sintesi immersiva, completa e integrata di tutti i dati provenienti da tutti i sensori su tutti i fattori chiave che minacciano la sopravvivenza umana. E questo potrà avvenire solo grazie ai rapidi progressi della computazione quantistica.

“Da un punto di vista tecnico, la prospettiva ci spinge a guardare al metaverso sia come una lente interpretativa attraverso la quale iniziare a leggere l’ambiente, sia come l’architettura vera e propria che dovrà essere sviluppata nel tempo affinché la visione diventi realtà. Non si tratta quindi di un semplice videogioco o di una semplice realtà virtuale, anche se molti usano queste similitudini per giustificarla, ma di una nuova tecno-ecologia all’interno della quale vivranno esseri umani, oggetti, dati.” (Cosimo Accoto)

E aggiungo “animali e piante” per completare la visione di un’ecologia veramente completa. 

English version

The metaverse as digital destination and destiny

Continuity from 1992 to the present

Simulation and twinning as key principles of DX

The metaverse and spatial technologies as a simulation of one’s own space

Immersion, presence, and sharing as key features of the habitability of the metaverse (Zuckerberg and Matthew Ball)

Since 1992, when the term was invented by Neal Stephenson, the metaverse, after several false starts such as Active Worlds or Second Life, has gone through somel iterations to arrive at its current explosion in world markets. Although still a surprise given the previous lukewarm reception, the duplication of an immersive, not to say “living,” space was in the works from the beginning of the digital transformation. Together with the incorporation of AI into every human activity, including sleep, the metaverse will be the spearhead and focus of technological and market developments.

The metaverse makes evident something we have experienced without realizing it, namely, that we have occupied a new space, entered a new civilization, and disproportionately expanded our individual powers. Space is no longer exclusively geographical, nor is it ontological. It is virtual, yes, but now that it is technically stable it has become habitable in the way we inhabit physical space. This is what we call “immersive.” In addition to this property, the metaverse is a “sharing” environment just like the physical one, where we take it for granted that we are in the same space with the people we meet. Mark Zuckerberg also understood this: “The defining quality of the metaverse will be a feeling of presence, as if you are right there with another person or in another place. Feeling truly present with another person is the ultimate dream of social technology.”

According to Matthew Ball, “The metaverse is a massively scaled and interoperable network of real-time rendered 3D virtual worlds that can be experienced synchronously and persistently by an effectively unlimited number of users and with continuity of data such as identity, history, rights, objects, communications and payments.” All words are important, however beyond the fact that ‘immersive’ is missing, the most significant is perhaps the word ‘persistent.’ Because this is the one that corresponds to reality and allows interesting comparisons between the physical world, dream, fiction, cinema, and metaverse. For me, the four key words beyond ‘virtual’ are, as with real space, presence, immersive, persistent, and shared.

From the metaverse to the meta-city

Two functions of the metaverse: entertainment and public service

Entertainment drives technology and the marketplace as before literature and film provides various experiments in living

The meta-city concept suggests the possibility of public service (Accoto)

The above does not mean, however, that the metaverse should or will remain focused on entertainment and profit, nor does it mean that it should shy away from realism. The playful version of the metaverse is also part of its heuristic function.  Like literacy, which has served both fiction and science, the metaverse can be both a stimulus to entertainment economics and a public service. Hence the twin concept of “metacities.” Like the metaverse, the metacity is a simulation of immersive, interactive and participative space, but it simulates existing physical spaces so that people can act on it virtually and apply relevant decisions accordingly. We can foresee many benefits for citizens, if only to find easy access to authorities and negotiate with them plans to improve the city (and more). But one thing that a virtual environment as a metacity can do that the real city cannot is to collect and integrate all the data, all the sensors and all the traffic in real time and predict consequences or improvements.

According to Cosimo Accoto, “Environments populated today mostly by aesthetically colorful and fun avatars, for sure, but not yet inhabited by politically, socially aware and empowered digital citizens (…) will be the real challenge of the metaverse.” The concept of “meta-cities” reveals the real advantage of the current innovation trend, namely the duplication of reality, not only at the urban level, but, as the European Union envisages, also on a regional, national, continental, and ultimately, global scale. Mapping reality in its immersive dimension may become the way out of the impending ecological and social disasters. The EU, in its wisdom, has initiated the Digital Twinning of Europe project as a service to improve the management of the economy and combat climate change.

Sustainability

Neither the meta-city nor the metaverse is environmentally friendly.

But both are necessary for the maturation and diffusion of technology.

As we have seen so far in the tepid results from a range of COP meetings, from Rio to Sharm-el-Sheikh, nothing will convince governments, industry, and the general public to take sustainability seriously

By themselves, particularly in applications visible today, neither the metaverse nor the meta-city are intended to sustain the environment, far from it. Their playful and commercial or practical applications threaten to increase, rather than reduce, the already considerable consumption of energy and materials in cycles of innovation, obsolescence, renewal, and generalized consumerism.

The problem is that industry and the market, hence consumerism, are needed to develop technologies and products that will eventually achieve (or should achieve) the necessary balance between consumption and sustainability. We cannot stop halfway, much less continue with unbridled consumerism. As we have seen so far in the lukewarm results achieved by a range of weak policies, from Rio to Sharm-el-Sheikh, nothing will convince governments, industry and the general public to take sustainability “en masse” seriously. By comparison, from the early 1960s to 2011, it took almost five decades of public persuasion to reduce the world smoking population to 20 percent.

From the experience economy to the experience ecology

The metaverse as the prominent technology of the “experience economy.”

Externalization of experience (literacy vs. screenology)

Externalization of ego in the form of the avatar

Critical difference between metaverse and metacity

Metaverse = extension of traditional media

Metacity = extension of one’s own reality

Techno-ecology depends on quantum simulation (Ball taken up by Accoto)

The market did not wait for the resurgence of 3D immersive technologies to promote the “experience economy.” But the metaverse becomes a reference point for understanding the full implications of the term. We observe in passing that experience creation began early in all literate cultures with fiction and theater. But with fiction the experience was internal to the user. Cinema externalized it again as theater had done and then TV took over, providing the watcher with a complete substitute for imagination. Today that externalizing process is shared between the user’s mind and the screen, but evermore under the control of the screen. The complete externalization occurs with the metaverse because it not only externalizes three of the five sensory experiences, but also externalizes the ego in the guise of the avatar. Here then is the critical difference between the metaverse and the meta-city.

The play and entertainment value of the metaverse, in addition to inviting the creation of a new kind of albeit conventional commercial service, is an extension of other media commodities since the invention of the theater and the novel. In comparison, the concept of the metaverse deals with reality and how to use it. Immersive simulation is directed at predicting and improving the conditions of real life, and as we can predict from current developments, the trend is already considered to go beyond the city to regional and eventually global environments. The metaverse could realize its truest destiny as the simulation of complete environments, replete with data from sensors and real-time predictive analysis to identify potential hazards and their causes, thus protecting the total environment rather than just the human environment. Perhaps we could start thinking about the ecology of experience beyond the economics of experience.

The difference can only be made when an immersive, comprehensive, and integrated synthesis of all data from all sensors on all key factors that threaten human survival is made available. And this can only come about through rapid advances in quantum computation.

“From a technical point-of-view, the prospective urges us to look at the metaverse both as an interpretive lens through which to begin to read the environment, and the actual architecture that will have to be developed over time for the vision to become a reality. It is therefore not simply a video game or merely virtual reality, although many people use these similes to account for it, it is a new techno-ecology within which humans, objects, data will live.” (Cosimo Accoto)

And may I add ‘animals and plants’ to complete the vision of a truly comprehensive ecology. 

* Derrick de Kerckhove, Direttore scientifico della rivista Media Duemila e consigliere scientifico dell’Osservatorio TuttiMedia. Visiting Professor Politecnico di Milano. Ha diretto dal 1983 al 2008 il McLuhan Program in Culture & Technology dell’Università di Toronto.

Fino a novembre 2014 è stato docente presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.