di Maria Loscrì, USR della Calabria
Abstract EN
EDUCATION AND LEARNING ENVIRONMENTS IN THE DIGITAL AGE
Heirs of a glorious pedagogical tradition that has known, among others, in Maria Montessori, Don Lorenzo Milani, Loris Malaguzzi, some of the most authoritative thinkers in the development of thought and, more generally, about the personality of the learner, also in relation to the educational and learning environment that characterizes the training path of the student, we are living, following the pandemic crisis from SarsCov19, but not only, one of the largest and most important revolutions that humanity has known to date.
The Third Industrial Revolution that makes the 21st century the era of digital transition has brought important upheavals to people’s lives. The field of the school is affected by this revolution before other sectors because in it, information and communication are pillars of an entire system in which it has changed, not only the way of learning, but the intrinsic characteristics of the whole educational process.
Some of the most important international organizations in the field of Education, Science, Cooperation, such as the OECD and UNESCO have fully recognized, in participation, sharing, collaboration, personalization, the pivotal elements in the construction of knowledge, with a view to skills for a global citizenship.
They start from the consideration of the extreme complexity that characterizes today’s society, in terms of multiculturalism, transversality of educational content, strong articulation of knowledge, rapid transmission of information.
The educational and learning environment is enriched, today, of a new social dimension in which the student works with different tools, as a member of a new community, different from the past, because in addition to the physical dimension, there is also the virtual dimension. Personal blogs, wikis, bookmark archives, multimedia archives are new resources that offer infinite and immeasurable possibilities of exchange, connection, relationships, completely unknown to the world of yesterday.
The possible futures of a global education that is able to facilitate coexistence and open confrontation between peoples and cultures are closely linked to the capacity of educational communities, to create learning environments with a strong laboratory value. These environments are real “civic centers” in which the physical and the virtual dimension are able to act as a driving force for the needs of citizens to give impetus and development to cultural, educationali, social issues.
The UNESCO Recommendation on Open Educational Resources, 2019, is a particularly important document in the definition of specific action plans aimed at achieving, specifically, the Goal n. 4 of the 2030 Agenda “provide quality, fair and inclusive education, and learning opportunities for all”.
There are, also in Italy, some examples of good practices made in contexts such as the Polytechnic of Milan and the city of Turin that clearly highlight the positive effects, on the entire learning process, resulting from the use of principles and methods of Open Education. The UNESCO Recommendation is addressed not only to governments and operators of schools and universities, but to anyone carrying out an educational function, identifying, in this way, the figure of the “open educator” who is active and responsible for the events that happen in the world in which he lives.
In this socio-cultural, economic and political context, the New European Bauhaus is the best opportunity to generate change, not only in the economic field, but in a general perspective of cultural paradigm, with a clear invitation to change perspective, to look at the challenges of the future as opportunities and to be
able to find together innovative solutions to very complex problems. The social pillar is a common and
decisive element of all this. The key word, also in the field of education, can only be “co-construction” understood as collaboration between citizens, experts, companies, institutions, school, university, educational community, in a broad and comprehensive sense.
KEY WORDS:
AMBIENTI EDUCATIVI E DI APPRENDIMENTO; EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO SOSTENIBILE; EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA GLOBALE; COMPLESSITA’; RACCOMANDAZIONI UNESCO.
Excursus pedagogico
“Tutti gli esseri viventi tendono a localizzarsi e a porsi dei confini. Questo criterio si applica pure considerando la vita psichica. I limiti si devono trovare in quella giusta misura, che sta tra l’eccesso e l’insufficienza di spazio e di cose. Il bambino non ama il cosiddetto “campicello educativo” troppo piccolo per lui…Egli deve poter sorvegliare tante piante quante ne entrano nella sua coscienza, quante se ne fissano nella sua memoria, in modo che gli siano conosciute…Ci sono dunque dei limiti: i limiti del giardino nostro, ove ogni pianta ci è cara, ci dà il suo aiuto sensibile a sorreggere il nostro io intimo”.
Dalle parole di Maria Montessori, già agli inizi del secolo scorso, emerge in modo chiaro ed evidente che l’ambiente educativo e di apprendimento riveste, di per sé, un ruolo strategico nella formazione dei giovani discenti, futuri cittadini, attivi e responsabili, delle società in essere. Libertà, ordine, bellezza, importanza riconosciuta alla natura, sono princìpi basilari nell’educazione ed istruzione degli alunni e studenti, a partire dalle scuole, istituzionalmente deputate all’istruzione, ma anche con riferimento alle altre agenzie educative, compartecipi dei processi di formazione dei nostri giovani.
Anche per Don Milani, l’azione educativa non può prescindere da un ambiente motivante. L’I care, il prendersi cura, non è semplicemente una strategia, ma soprattutto un atteggiamento profondo del maestro, il suo crederci, una scelta etica che coinvolge l’insegnante in quanto educatore-testimone coinvolto in prima persona e in una costante e continua ricerca di sé che diventa condizione essenziale affinché gli alunni imparino a essere cittadini consapevoli e partecipi della cosa pubblica, persone a cui stanno a cuore le vicende del mondo in cui vivono. “…ho imparato che il problema degli altri è eguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è l’avarizia”. Ogni momento, nel processo di apprendimento, deve essere educativo, così come non vi può essere elemento alcuno, nell’ambiente di apprendimento, che non sia meta sfidante. È l’ambiente educativo che deve consentire la gioia di imparare, di fare esperienze di successo, di scoprire “la gioia di intendere” per muovere verso mete ulteriori. Anche i saperi, a Barbiana, sono vivi e autentici, e portano dentro la forza dell’esistenza. L’arido mondo delle conoscenze codificate diviene, allora, laboratorio di cultura umana in cui il “dare la parola a chi non ce l’ha e il dare parole” sono due momenti altrettanto importanti nel processo di edificazione di “cittadini-sovrani” e non “sudditi docili”. La parola è centrale per imparare a comprendere, ma anche a esprimersi bene, correttamente e in modo efficace in contesti diversi. Poi le parole devono assumere significato perché le esperienze che si vivono devono essere “messe in parole”, per capire sè stessi e per costruire, con gli altri, una società democratica. È, dunque, una esplicita istanza di formazione morale, politica, sociale, quella che emerge come consustanziale alla dimensione intellettuale realizzata attraverso tecniche didattiche in cui l’azione di decodificazione e ri-codificazione dei significati sociali e delle forme del potere che la lingua veicola e svela, sono l’aspetto sicuramente prioritario nella formazione del discente.
“Il bambino ha cento lingue, cento mani, cento modi di pensare e cento linguaggi; la scuola gli separa, invece, la testa dal corpo, insegnandogli a “pensare senza mani”, a “fare senza testa”, ad ascoltare e a non parlare, a “capire senza allegrie”. Così scrive Loris Malaguzzi nella sua opera “I cento linguaggi dei bambini”. Gli adulti vorrebbero dire loro che il gioco e il lavoro, la realtà e la fantasia, la scienza e l’immaginazione, il cielo e la terra, la ragione e il sogno sono cose che non possono stare insieme, ma i bambini sanno che la razionalità si nutre di emozioni e che la creatività non divide la fantasia dal processo cognitivo, anzi la rafforza. Nell’interazione con tutto ciò che rappresenta “ambiente di apprendimento”, il discente, non solo si esprime creativamente ma diviene egli stesso costruttore di conoscenza. “I saperi che servono’’ – è scritto nella Circolare Ministeriale n. 98 del 1999 – ‘‘sono quelli che consentono al bambino di crescere secondo i suoi ritmi e che gli permettono di sviluppare gli alfabeti del vivere, del pensare, del comunicare, del riflettere insieme, dell’esprimersi e del rappresentare tramite diversi linguaggi”. Non a caso, l’idea di Malaguzzi, sperimentata in un progetto realizzato a Reggio Emilia, è quella di realizzare comunità educative sotto forma di “atelier” in cui, poste le condizioni affinché tutti i linguaggi possano essere accolti ed espressi, non si producono apprendimenti, ma si creino le condizioni per far sì che ciascuno possa apprendere in uno spazio creativo e con elevata valenza etica. L’ambiente di apprendimento, in questo caso, in piena rispondenza all’impianto attivistico di Dewey, è uno spazio di sperimentazione innovativa e di relazione empatica in cui i discenti sono protagonisti attivi del loro processo di crescita cognitiva, emotiva, affettiva, sociale.
L’ambiente educativo e di apprendimento nella cornice europea: la situazione attuale
È la stessa radice etimologica della parola “ambiente”, come participio presente di ambire, nel senso di “andare intorno”, a darci l’idea chiara e inconfutabile del fatto che, quando si parla di educazione e di apprendimento, accanto ad un luogo fisico, vengano in considerazione, anche sulla base delle premesse storico-pedagogiche di cui sopra, luoghi virtuali, spazi mentali e culturali, spazi organizzativi, ma anche dimensioni di tipo affettivo-relazionale. E tutti questi elementi, considerati, non tanto nella loro dimensione singola, quanto nella loro inevitabile interazione e trasversale interconnessione, determinano un aspetto del tutto peculiare del processo di apprendimento, di straordinaria rilevanza, nella formazione di persone di successo, ancor prima che di cittadini, attivi e responsabili.
Il XXI secolo, caratterizzato dal pieno avvento digitale, con il compiersi della Terza Rivoluzione Industriale, è stato, ed è ad oggi, per l’umanità intera, il periodo della continua e inesorabile trasformazione che modifica, inevitabilmente, anche approcci, comportamenti, prassi nella vita individuale e collettiva. Il nuovo millennio ha conosciuto l’interconnessione transnazionale tra popoli e mercati grazie alla condivisione massiccia di dati e informazioni che i nuovi mezzi di comunicazione hanno consentito. Le molteplici risorse del web hanno fatto sì che il sapere umano conoscesse, quasi all’improvviso, una duplice implementazione: quantitativa, con il moltiplicarsi di dati e informazioni disponibili; temporale, per l’ottimizzazione dei tempi di ricezione degli stessi.
Il tutto è avvenuto con una rapidità estrema, che non ha eguali, ad oggi, nella storia dell’umanità. Nel 1993 la rete Internet era usata solo all’interno delle comunità scientifiche e da istituzioni governative, con i primi browser che, di fatto, diedero origine all’era del world wide web. Solo nel 1995 la stessa cominciò ad avere una certa diffusione fuori da questi primi ambiti con una tecnologia che, ai tempi, era agli albori rispetto ad oggi: esistevano pochi computer portatili, mentre smartphone e tablet non erano ancora stati neppure immaginati. Nel giro di circa trent’anni la Terza Rivoluzione Industriale si è compiuta e “il minimo battito d’ali di una farfalla è in grado di provocare un uragano dall’altra parte del mondo”. Tutto è a portata di “click”, in una dimensione dello spazio e del tempo che non sono più quelle che, convenzionalmente, l’uomo ha fatto proprie fino ad un certo momento con la conseguenza che si è venuta a configurare una dimensione nuova dell’identità personale di ciascuno di noi.
Il mondo della scuola ha conosciuto un coinvolgimento intimo e particolarmente penetrante nell’affermazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione; non sono semplicemente cambiati i modi tradizionali dell’apprendimento, ma vi è stato, ancor di più, un cambio di paradigma nella considerazione dell’intero processo, con conseguente ripensamento dei contesti intesi a supportarlo. Le stesse dimensioni di partecipazione, condivisione, collaborazione che caratterizzano il mondo del web sono entrate a far parte integrante del mondo della scuola, marcando in modo stringente anche gli ambienti educativi e di apprendimento. L’interazione con sé stessi in termini di riflessione, interpretazione, metacognizione, collegamenti alla propria esperienza, uso di proprie metafore, decisioni…non perde significato, e neppure importanza, ma ne assume, a maggior ragione, grazie alle potenzialità di partecipazione, condivisione, collaborazione che la rete offre. L’attuale ambiente educativo e di apprendimento si arricchisce, quindi, di una nuova dimensione sociale in cui lo studente opera con strumenti diversi, in quanto membro di una comunità nuova e diversa rispetto al passato, poiché oltre alla dimensione fisica, è accompagnata anche dalla dimensione virtuale. I diari personalizzati possono convivere o essere sostituiti dai blog personali, i wiki possono anche essere spazi privati di gestione di contenuti, Delicious o Symbaloo possono essere, per l’alunno o lo studente 2.0, archivi di bookmark personali, mentre Flitcher e Youtube potrebbero essere archivi multimediali…
Vi sono autori come Cacciamani, Cesareni, Ligorio, che parlano dei nuovi ambienti di apprendimento come laboratori di costruzione del sapere perché “Lo studente può collaborare con gli altri per creare nuovi prodotti e nuovi servizi o per trovare insieme soluzioni originali a dati problemi. Tutto ciò ha profonde implicazioni sui modi di apprendere”. Gli studenti possono condividere interessi e aspirazioni, possono archiviare, inserire annotazioni, ampliare la condivisione oltre i tradizionali confini imposti dagli ambienti convenzionali. Ne scaturisce, dunque, anche una nuova pedagogia che potremmo definire 2.0 per l’uso imponente della rete Internet e delle nuove tecnologie e che si traduce in condivisione, partecipazione, costruzione di sapere e saperi, personalizzazione, produzione.
Queste esperienze che, nel quotidiano delle attività scolastiche, vengono compiute dai principali attori dell’educazione e dell’istruzione sono sempre più spesso, e a ragion veduta, al centro di quel dibattito che, nello scenario nazionale e internazionale, intende affrontare il complesso tema dei possibili futuri dell’educazione e delle sfide da affrontare in vista di competenze per una cittadinanza globale in una dimensione di autentico protagonismo nei processi di costruzione del sapere.
Se vogliamo pensare ai possibili futuri di un’educazione globale che sia in grado di facilitare la convivenza e il confronto aperto fra i popoli e le culture, allora siamo di fronte all’urgenza di una riflessione aperta su temi molteplici e fra loro interconnessi che ci portano, innanzitutto, a chiederci che cosa i cittadini del mondo dovranno sapere, saper essere, saper fare. Considerato l’approccio UNESCO che comprende nel concetto di sostenibilità la dimensione sociale, economica, ambientale, sarà imprescindibile essere capaci di cogliere la visione delle sfide globali che afferma, al contempo, anche la coscienza individuale e collettiva di appartenere ad una cittadinanza unitaria, democratica, equa. Già questa sfida pone gli individui di fronte alla necessità di “mobilitare e utilizzare valori, attitudini, abilità, conoscenze e/o comprensioni critiche pertinenti per rispondere in modo appropriato ed efficace alle esigenze, alle sfide e alle opportunità che si presentano in situazioni democratiche e interculturali” (Consiglio d’Europa 2016). Inteso in questi termini, lo stesso concetto di cittadinanza si amplia al punto tale da comprendere in sé, la stessa dimensione valoriale che consente di superare la dualità tra identità e diversità, tanto da emancipare lo stesso concetto di identità dalla dimensione divisiva che lo ha caratterizzato fino ad oggi. In quest’ottica, la prospettiva dell’Associazione DiCulther, chiaramente presente nella Carta di Pietrelcina e ripresa nel Manifesto di Ventotene digitale, diventa autentica valenza metodologica, strutturale e di contesto per educare al, e con il Patrimonio culturale, che è elemento identitario per eccellenza, in vista di una dimensione autentica di cittadinanza globale.
La realtà che noi tutti siamo chiamati ad affrontare, oggi, come emerge chiaramente da quanto fin qui espresso, è caratterizzata da una complessità estrema, fatta di intrecci e punti di vista differenti, di dimensioni interconnesse fra di loro, in cui diventa imprescindibile l’esistenza di competenze che siano in grado di far coesistere le varie e diverse visioni del mondo, improntate su sistemi valoriali diversi. L’educazione e l’apprendimento, proposti in ambienti con valenza laboratoriale, potranno certamente concorrere a creare sistemi valoriali idonei a gestire incertezza e resilienza, a sintonizzarsi su problemi globali, in un continuo processo di confronto e coesistenza. È imprescindibile partire dalla consapevolezza che, in una realtà multiculturale e complessa, per vivere il futuro in modo aperto e consapevole, bisogna conoscere il passato, pena il rischio di sradicarsi anche dal presente. Compito degli educatori del XXI secolo non sarà tanto insegnare la complessità, quanto insegnare a vivere in un mondo complesso in cui la scuola, guardando ai futuri possibili e immaginabili, sappia aprirsi ad accogliere la diversità, a promuovere una cittadinanza multipla e plurale, sappia promuovere la capacità di rinegoziare i valori condivisi per dare valore alla relazione con l’altro, coltivando, già all’interno della classe, il seme della diversità. Già Dewey aveva orientato la riflessione educativa invitando la scuola a puntare a costruire le competenze di base che consentano all’individuo di imparare a imparare, ossia di continuare ad imparare lungo tutto l’arco della vita. Educare alla vita, come sosteneva Morin, per decifrare la complessità della società, superando la resistenza al cambiamento.
Vi sono già in atto, anche in alcune scuole italiane, esempi virtuosi di buone pratiche nell’ambito delle quali anche gli ambienti interni delle scuole hanno conosciuto un profondo ripensamento, per dare vita ad ambienti educativi e di apprendimento “al passo con i tempi”. Partendo dai princìpi compresi nel Manifesto per l’Innovazione elaborato dalle Avanguardie Educative, un progetto di ricerc-azione nato nell’ambito dell’INDIRE (Istituto Nazionale Documentazione Innovazione Ricerca Educativa), si è specificamente attenzionato l’orizzonte n.3, dei sette elaborati, che prevede la creazione di nuovi spazi per l’apprendimento in cui luogo fisico, tempo e didattica sono fortemente interconnessi tra di loro. Il concetto, sviluppato nell’ambito della “galleria delle idee” di Avanguardie Educative, è quello che una comunità scolastica 2.0 necessita di spazi sempre e comunque abitabili per lo svolgimento delle proprie attività che non sono meramente didattiche, ma sono educative in senso lato. È uno spazio di cui il virtuale fa parte integrante per consentire al discente di crescere ed esprimersi a pieno titolo con i suoi pari, con i docenti, con gli altri protagonisti della comunità educante di cui il giovane è protagonista assoluto. L’ambiente di educativo e di apprendimento diventa un “civic center” in grado di fare da volano alle esigenze della cittadinanza per dare impulso e sviluppo a istanze culturali, formative e sociali.
Gli scenari internazionali: OCSE e UNESCO
L’OCSE ha posto l’accento in modo significato sull’importanza che l’ambiente educativo e di apprendimento gioca nella qualità della formazione dei giovani cittadini europei. Partendo dalla natura particolarmente complessa che caratterizza i processi didattico-educativi odierni soprattutto, ma non solo, in seguito alle conseguenze determinate dalla pandemia da Sars-Cov2, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico ha elaborato il Programma di Valutazione degli Apprendimenti (LEEP – Learning Environments Evaluation Programme), con il quale si intende indagare come gli ambienti di apprendimento possano determinare un incremento di qualità nei processi didattico-educativi, nell’approccio pedagogico messo in campo nelle e dalle scuole, nei programmi di studio, ma anche nelle organizzazioni e nella valutazione intesa come momento di miglioramento del sistema-scuola e di ogni suo elemento, materiale e immateriale. Non a caso, il LEEP promuove strumenti e analisi finalizzati a far comprendere come “gli investimenti sugli ambienti di apprendimento, compresi gli spazi educativi e le diverse tecnologie, si traducono in migliori risultati di apprendimento, salute, socialità e benessere, nonché in un uso più efficiente delle risorse educative”. (OCSE 2017)
È evidente come nel framework del LEEP efficacia, efficienza e adeguatezza siano le parole chiave per far riferimento ad ambienti educativi in cui i risultati programmati vengano conseguiti in modo adeguato rispetto agli obiettivi programmati, al minor costo possibile e con la predisposizione dei requisiti maggiormente atti a incidere in modo positivo sull’apprendimento degli studenti, in contesti sociali, demografici, politici in divenire.
Anche l’UNESCO, ente morale dell’ONU che annovera tra i propri campi di applicazione l’educazione, ha emanato, nel 2019, la Raccomandazione sulle Risorse Educative Aperte, un documento in cui invita i governi e le istituzioni educative a favorire politiche che possano facilitare lo sviluppo delle Risorse Educative Aperte – Open Education Resources (OER) – e l’Educazione Aperta – Open Education (OE) -. Il momento particolarmente critico che l’umanità ha vissuto e sta ancora vivendo a causa della pandemia da SarsCov2, ha determinato l’esigenza, nelle organizzazioni internazionali quali l’UNESCO, di elaborare specifici piani di intervento e di azione per il raggiungimento dell’Obiettivo n. 4 dell’Agenda 2030, ovvero “fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti”, princìpi che sono alla base dell’Educazione aperta che “mira ad aumentare l’accesso all’istruzione, l’efficacia e l’equità attraverso la promozione della partecipazione e della co-creazione della conoscenza, in particolare da parte di gruppi emarginati e tradizionalmente sotto-rappresentati”.
È stato condotto uno studio particolarmente interessante sul tema, “Open Education as a game changer – stories from the pandemic”, finalizzato a rilevare le iniziative positive messe in campo e i cambiamenti generati nell’istruzione a seguito della chiusura delle scuole per la pandemia. Matteo Uggeri, corresponsabile dello studio, ha evidenziato due casi interessanti per l’Italia, ovvero un’iniziativa del Politecnico di Milano e il progetto “Didattica della vicinanza” della città di Torino. Apertura, condivisione, solidarietà sono emersi come elementi vincenti nei casi studiati, al fine di creare istituzioni e infrastrutture più resilienti nell’adattamento alla didattica a distanza.
Nonostante le evidenti ricadute positive, sull’intero processo di apprendimento, derivanti dall’utilizzo di princìpi e metodi dell’Educazione aperta, compreso il ripensamento degli ambienti di riferimento, molti istituti di istruzione e formazione, così come molti governi, non hanno ancora una politica chiara sul tema, per cui si evidenzia la mancanza, quasi totale, di piani di intervento strategico e, di conseguenza, di azioni esecutive.
La Raccomandazione UNESCO non si rivolge esclusivamente a governi e operatori delle scuole e delle università, ma a chiunque svolga una funzione educativa, inclusi “insegnanti, educatori, studenti, enti governativi, genitori”. Nascimbeni sostiene che l’open educator è “colui che rimuove tutti gli ostacoli all’apprendimento. Con questo intendiamo sia le barriere all’accesso, come per esempio lo stato socioeconomico degli studenti o le loro difficoltà di apprendimento, ma anche i limiti più sottili legati alle attitudini e alle preferenze degli studenti”.
L’idea che processi top down non possano dispiegare effetti duraturi, sostenibili, efficaci, efficienti emerge anche nel campo dell’eduzione del terzo millennio. “Titolarità e appropriazione culturale” necessitano di movimenti bottom up in cui si riconosca pienamente che gli oggetti e i luoghi, gli spazi e la memoria, le relazioni con il passato, nel presente e per il futuro, non hanno importanza di per sé considerati, ma solo in riferimento alle Persone che, individualmente e collettivamente, percepiscono e riconoscono agli elementi di cui sopra, il valore di elemento culturale. La Convenzione di Faro ha consegnato all’umanità un messaggio molto importante in tal senso che deve conoscere la sua prima declinazione negli ambienti di istruzione e di educazione, autentiche palestre di formazione di cittadini, attivi e responsabili che sappiano riconoscere nel sincretismo, nell’incrocio e nella contaminazione, gli elementi chiave del pieno successo della persona.
Il nuovo progetto per l’ambiente, l’economia, la cultura che l’Europa ha voluto creare, partendo dall’omonima celebre scuola di arte e design tedesca, nata agli inizi del secolo scorso, ha come obiettivo fondante quello di coniugare accessibilità, sostenibilità, design. Il New European Bauhaus (NEB) vuole essere, infatti, la scintilla da cui divampa il fuoco del cambiamento, non solo e non tanto in campo economico ed ambientale, quanto in un’ottica generale di paradigma culturale, con un chiaro invito a cambiare prospettiva, per guardare alle sfide del futuro come opportunità e poter trovare insieme soluzioni innovative a problemi molto complessi, nell’ambito dei quali il pilastro sociale è elemento comune e determinante. La parola chiave, anche in ambito di istruzione e di educazione non può che essere co-creazione intesa come collaborazione tra cittadini, progettisti, esperti, imprese, istituzioni, scuola, università, comunità educante, in senso lato e comprensivo.
Quali scenari possibili per il futuro delle educazioni? Nel solco tracciato dall’UNESCO e dagli altri organismi internazionali chiamati in causa, in totale compartecipazione con la vision e la mission del NEB, la svolta in campo formativo può venire, anche sulla scorta dell’eredità pedagogica e culturale delle scuole di pensiero che si rifanno all’attivismo e hanno matrice costruttivista (e che hanno preannunciato istanze oggi innegabili), solo lasciando la visione prettamente antropocentrica per ri-scoprire, nel valore della condivisione, della partecipazione, della solidarietà, della diversità, la svolta per un’Europa bella, sostenibile, inclusiva.
La rivisitazione degli ambienti educativi e di apprendimento, in vista della piena e totale possibilità di espressione, umana e culturale, di tutti e ciascuno degli attori del processo di formazione, rappresenta un tassello di primaria importanza nella composizione del mosaico della cittadinanza globale.
BIBLIOGRAFIA
- Montessori, M. “La scoperta del bambino”, Ed Garzanti, 2017
- Malaguzzi, L. “I cento linguaggi dei bambini”, Gandini, Forman Edwards, 1993
- Lancisi, M. “La scuola di don Lorenzo Milani. Una lezione per i genitori, gli insegnanti e gli studenti”, Polistampa, 1997
- Ligorio, M.B. Cacciamani S., Cesareni, D. “Didattica blended: Teorie, metodi, esperienze”, Mondadori Università, 2022
- Biondi, G., Borri, S. Tosi, S. (a cura di) “Dall’aula all’ambiente di apprendimento”, Altraedizioni, 2016
- Laici, C.(2014). Cl@ssi 2.0 e oltre. In «Scuola Italiana Moderna», [ZOOM: Nuove tecnologie, processi di innovazione didattica e percorsi formativi per i docenti], 122 (3), Editrice La Scuola, Brescia
- Nascimbeni, F. “Open Education. OER, MOOC e pratiche didattiche verso l’inclusione digitale educativa”, 2020, https://series.francoangeli.it/index.php/oa/catalog/book/57
SITOGRAFIA
- https://www.edscuola.it/archivio/norme/circolari/cm098_99.html
- https://www.oecd.org/education/effective-learning-environments/OECD-School-User-Survey-Italian.pdf
- https://www.google.it/books/edition/Autonomia_e_empowerment_L_educazione_e_l/V_Zht6RIqbcC?hl=it&gbpv=1&dq=riorganizzazione+strategica+dei+saperi+nelle+scuole&pg=PA97&printsec=frontcover
- https://unesdoc.unesco.org/ark:/48223/pf0000368124