di Angelina De Salvo, giornalista, Responsabile dell’Ufficio Stampa del Segretariato Regionale del Ministero della Cultura per la Calabria.
La ratifica della Convenzione di Faro da parte dell’Italia è un momento significativo per il nostro ordinamento, perché riconosce finalmente il patrimonio culturale come elemento significativo per lo sviluppo civile e la qualità della vita e introduce il diritto al patrimonio culturale. Ancora più significativo perché capovolge il concetto di patrimonio culturale e del suo valore per la comunità, con una nuova prospettiva dal basso che coinvolge la comunità e allarga le forme di tutela e valorizzazione.
“Chiunque, da solo o collettivamente, ha diritto a trarre beneficio dall’eredità culturale e a contribuire al suo arricchimento”. È questo un diritto tra i diritti che appartengono all’umanità. E queste sono le significative parole dell’articolo 4 della Convenzione. Ultima tra le convenzioni internazionali che hanno per oggetto la cultura nel senso più umano, sviluppa una visione nuova che vede l’uomo custode della sua eredità culturale incrocia mirabilmente la nostra Costituzione, che è tra le poche ad avere tra i suoi principi fondamentali la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale, all’ art. 9 infatti: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. E animati da questa nuova bella e alta responsabilità morale verso i beni comuni a Reggio Calabria è in corso un esempio di cittadinanza attiva che parte dal basso e che ha attivato sul territorio azioni di recupero e pulizia di beni culturali, come per esempio il recupero e il riuso della scalinata storica di via Giudecca nel cuore dell’antico quartiere ebraico. Potere ri-vivere un’area che ha una forte valenza architettonica e sociale, storica e ambientale come le scalinate storiche di Reggio Calabria è un’opportunità per continuare sulla strada della crescita civile, sociale e anche economica della città, per proporre l’anima del Mediterraneo.
Ed ecco che noi cittadini attivi abbiamo contribuito a rendere fruibile anche altri beni comuni risignificandoli attraverso la condivisione di attività di recupero e di attività culturali, oltre le scalinate di via Giudecca anche piazza San Marco, le pareti del Parco Botteghelle, piazza Canonico e l’area verde di via Reggio Campi. L’accessibilità e la fruizione di questi luoghi passa anche attraverso il recupero della memoria, dei ricordi e delle storie di vita vissuta. Cittadini stanchi di vedere abbandonati all’incuria e resi impraticabili bellissimi luoghi comuni si dedicano con le proprie risorse al loro recupero e restituzione attuando inconsapevolmente la Convenzione di Faro. E questo dimostra che la Convenzione nasce da una necessità civica e da una consapevolezza condivisa che permette di riconoscere che oggetti e luoghi non sono importanti per il patrimonio in quanto tali. Al contrario, sono importanti in virtù di ciò che le persone attribuiscono loro, delle qualità e dei valori che rappresentano e del modo in cui queste qualità e questi valori possono essere compresi e trasmessi ad altre persone, alla comunità. In questa prospettiva il recupero dei luoghi pubblici da parte di cittadini volontari a Reggio Calabria ha una significativa rilevanza civica, perché dimostra la sensibilità civile dei volontari che hanno restituito al territorio beni culturali con il loro lavoro e con le loro risorse.
La Convenzione di Faro è entrata anche nelle scuole di Reggio Calabria e la scuola è uscita per la Convenzione di Faro. Infatti, dentro questo nuovo quadro normativo ho avviato un’idea progettuale con l’Istituto Comprensivo Carducci da Feltre di Reggio Calabria, in un binomio imprescindibile di teoria e pratica. La scuola esce dal proprio perimetro per realizzare un processo di identificazione, studio, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione del patrimonio culturale. Le ragazze e i ragazzi hanno avviato così il necessario passaggio tra il “dire” e il “fare”, tra la teoria e la pratica e sono passati, nonostante il difficile periodo della pandemia, dal banco all’aiuola, dalla cattedra alla piazza, dalle aule ai vicoli del quartiere, rimboccandosi le maniche e sporcandosi le mani, armati di rastrelli, palette, attrezzi da giardinaggio, guanti, fotocamere, pennelli e colori. La cura dell’area urbana più prossima alla scuola è un abbraccio che si è allargato agli abitanti del quartiere e della città per essere il cambiamento che vogliamo vedere.
Senza dimenticare che la partecipazione attiva e diretta della comunità alla tutela dei beni culturali è prevista nella nostra Costituzione anche dal principio di sussidiarietà orizzontale definito nell’art. 118: “Stato, regioni, Città metropolitane, Province e comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singolo e associarti, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. È il cosiddetto principio di sussidiarietà orizzontale che consente ai privati di svolgere attività legate alla funzione amministrativa che hanno ampi margini di azione per sopperire alla crisi dello stato sociale/welfare state.
“Ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere” come scriveva Sartre. Ed è in questo assoluto il diritto inalienabile di ognuno di noi all’eredità culturale, alla nostra identità.