di Alfonso Maffini e Valeria Mastrocchio
INTRODUZIONE
Possono le immagini di album e singoli musicali essere specchio nitido dell’evoluzione della figura femminile?
Può una copertina veicolare aspetti intrinseci e desideri, paure, mode, turbamenti e speranze delle donne già proposti più o meno fedelmente da altri media come televisione, cinema e fotografia?
Ponendosi queste domande Alfonso Maffini scava in oltre sessant’anni di storia per cercare una risposta e lo fa analizzando oltre seimila copertine di dischi, intervistando alcune protagoniste del mondo della canzone italiana e internazionale, viaggiando per fiere e mercatini.
Il lavoro nasce inizialmente come tesi di laurea DAMS in Storia Contemporanea all’Università di Bologna, quindi si sviluppa, arricchendosi di contenuti, in un saggio pubblicato nel 2015 da Edizioni Fantigrafica di Cremona.
Per giungere a una platea più vasta ed eterogenea, l’autore coadiuvato dalla moglie Valeria Mastrocchio, alias Olga del Volga, ha dato vita in tempi recenti al programma online Donne in Copertina, una fiction di 52 puntate a carattere interattivo dove tra momenti di cultura alta e altri più spensierati, la storia della donna dal dopoguerra ad oggi è raccontata con quella spontanea apparente semplicità in grado di risvegliare ricordi sopiti negli spettatori così da imprimersi facilmente nella loro memoria.
Come è stato strutturato il programma?
Gli autori hanno optato per una formula che ricalca le classiche trasmissioni televisive e per farlo hanno iniziato introducendo in un televisore vintage occasionali annunciatrici e annunciatori in grado di porgere educatamente e con buona dose di simpatica improvvisazione il programma agli spettatori.
Un programma che, dipanatosi in numerose puntate, ha raccontato al pubblico con professionale leggerezza l’evolversi della storia femminile attraverso copertine discografiche di cantanti italiane e internazionali.
Essendo la copertina fonte primaria della ricerca storica, gli autori hanno affrontato parallelamente l’origine del supporto in vinile e la nascita della custodia che inizialmente ha avuto funzione puramente protettiva e quasi immediatamente è divenuta il mezzo per attrarre l’attenzione degli acquirenti oltre che importante specchio dei tempi e dei mutamenti.
LA STORIA DELLA COPERTINA
Prima dell’invenzione dei video musicali sono le copertine a rendere la musica “visibile” e i dischi, soprattutto i long playing, offrono uno spazio quadrato in cui fotografi, grafici e pittori possono far parlare la musica attraverso l’immagine di copertina.[1]
La nascita della Cover Art si deve a un giovane grafico, Alex Steinweiss, che per primo si accorge delle potenzialità comunicative e commerciali delle copertine dei dischi, fino ad allora soltanto anonime buste di protezione.
Steinweiss nel 1939 crea la prima cover illustrata di sempre per il 78 giri Smash Song Hits di Rodgers and Hart.
Da allora la copertina illustrata diventa la naturale confezione dei prodotti musicali soprattutto con l’introduzione della stampa su vinile.[2]
Il disco in vinile è ufficialmente introdotto nel 1948 negli Stati Uniti come evoluzione dei precedenti dischi 78 giri. Un altro formato che nasce in questi anni è il 45 giri, dalle ridotte dimensioni di 7 pollici, che può contenere solo uno o due brani per ogni faccia del disco.[3]
Con l’avvento di nuove tecnologie i supporti musicali hanno subito radicali trasformazioni passando dal compact disc (CD) al formato MP3 riducendo drasticamente lo spazio riservato alla copertina fin quasi a farla scomparire.
Parallelamente alle mutazioni musicali riscontrare dal secondo dopoguerra ad oggi abbiamo i cambiamenti avvenuti nel variegato pianeta femminile che l’autore ha suddiviso in decenni affiancandoli alle copertine dei dischi delle cantanti.
ANNI CINQUANTA: CLASSE IN COPERTINA
Gli anni Cinquanta vivono un’effervescenza musicale con la nascita del rock, fenomeno che nel mondo influisce sui costumi dei giovani in modo determinante.
Dall’analisi svolta sulle cover delle cantanti degli anni Cinquanta è possibile notare che la donna non rispecchia il fermento in atto nella società, ma mostra, attraverso il suo ritratto in copertina, l’immagine pacata e rassicurante della figlia, moglie, madre, fidanzata o sorella tanto cara ai sostenitori della famiglia tradizionale.
Sembra che la copertina voglia, in generale, veicolare un senso di serenità, di continuità e gioia, concedendosi ai tempi moderni solo a un livello puramente estetico.
Si potrebbe affermare che i drammi dell’ultima guerra mondiale pur essendo ormai da alcuni anni alle spalle, non hanno cancellato il ricordo delle privazioni. La pace raggiunta sta portando un benessere sconosciuto da difendere con fermezza e ogni nuovo fermento potrebbe rompere il conquistato equilibrio. Le copertine si vestono allora di eleganza ed escludono dal loro mondo artificiale ogni contatto con la realtà.
Le fotografie ritraggono la cantante perlopiù in un interno o col viso scontornato su un fondo colorato. Assai meno frequenti sono le immagini in esterni, che invece domineranno la scena nel decennio successivo. Si ha l’impressione di aver di fronte una donna emancipata in quanto appagata dall’essere padrona di un mondo protetto dalla sua grazia e per questo lontano dal caos della vita che si svolge al di fuori.
Sulla quasi totalità delle copertine analizzate vi appare la cantante il cui viso è quasi sempre riconoscibile e questo è un elemento di continuità che perdura ancora oggi.
ANNI SESSANTA: TU MI FAI GIRAR COME FOSSI UNA BAMBOLA
Negli anni Sessanta il rock e la musica della Beat Generation diventano il nuovo modo di esprimersi dei giovani che s’identificano sempre più con i loro idoli. In particolare la musica rock assume nel decennio il ruolo di portavoce degli ideali e delle confusioni dei giovani e il film cult generazionale è Easy Rider, diretto da Dennis Hopper e dallo stesso interpretato insieme a Peter Fonda e Jack Nicholson.
In Italia i nuovi idoli sono Adriano Celentano e Mina, che viene allontanata per alcuni anni dalle scene per aver avuto un figlio da Corrado Pani, fuori dal matrimonio. Il fulcro della cultura beat è il locale romano Piper, che ha come musa Patty Pravo, da tutti conosciuta come “La ragazza del Piper”.
Nel 1964 Gigliola Cinquetti, che nasce e cresce con una nuova generazione, ancora si scusa con l’immaginario innamorato: “Non avrei nulla da dirti perché tu sai molte più cose di me”. Occorre aspettare la fine del decennio perché Patty Pravo si lamenti con lui cantando: “Tu mi butti giù, poi mi tiri su come fossi una bambola”.[4]
Tocca a Caterina Caselli manifestare apertamente la sua libertà di amare. In Nessuno mi può giudicare, il singolo del 1968, la cantante afferma: “Ognuno ha il diritto di vivere come può, per questo una cosa mi piace e quell’altra no. Se sono tornata a te, ti basta sapere che ho visto la differenza tra lui e te, ed ho scelto te”.
Anche Rita Pavone offre una visione femminile diversa dallo stereotipo e lo fa partendo dalla sua immagine prima ancora che dalle canzoni.
Gli anni Sessanta sono gli anni della sanguinosa guerra del Vietnam, ma sono anche anni di guerre generazionali tra gli adolescenti e i loro genitori. Questi ultimi si scagliano contro i giovani che ascoltano nuova musica, vestono nuovi abiti, portano i capelli lunghi, praticano l’amore libero e vogliono espandere la loro coscienza.
In America, da San Francisco, parte la rivoluzione psichedelica con gruppi che diverranno celebri in tutto il mondo come i The Grateful Dead e i The Jefferson Airplane con la cantante Grace Slick[5].
La musica del decennio, tra rock e beat, diventa bandiera dei sogni giovanili e ne trasforma il modo di esprimersi. I cantanti diventano degli idoli e a loro i ragazzi si ispirano.
L’analisi delle copertine dei dischi degli anni Sessanta mette in evidenza la forza e la voglia di volare delle nuove generazioni femminili. L’immagine generale che se ne ricava è assai diversa da quella riscontrata nella decade precedente, anche se moltissimi ritratti in copertina continuano a mostrare figure di donne rassicuranti, di eleganza classica e sorrisi da compagna ideale.
Il primo segno di questo desiderio di essere parte attiva nella storia è l’ingresso della natura nelle cover di 45 e 33 giri.
Molte cantanti infatti escono dallo studio protetto del fotografo e si calano nella realtà abbandonando gli atteggiamenti da diva e assumendo pose quasi da foto stereotipo di una vacanza.
I testi delle canzoni esaltano la ribellione femminile contro regole storiche e sistemi di pensiero che vogliono le donne nella veste di figlie modello prima e di angeli del focolare poi.
Negli anni Sessanta la copertina a sfondo sessuale, timidamente apparsa nel decennio precedente, diviene molto più esplicita e sul totale delle cover censite la categoria “Sesso” sfiora la quota del 6%.
Il boom economico che sta interessando l’America e i paesi della vecchia Europa porta un benessere mai sperimentato prima, ma insieme alla gioia di vivere mostra anche i suoi aspetti negativi e la solitudine è uno di questi.
Se da un lato la ribellione e la trasgressione sono quasi un segno distintivo generazionale, dall’altro abbiamo artiste che, come contraltare, rimarcano la loro fedeltà allo stereotipo della brava e innocente ragazza della porta accanto, tutta acqua e sapone e buoni sentimenti.
In Italia l’esempio è Gigliola Cinquetti le cui prime canzoni rivelano l’anima virginale della protagonista e in Non ho l’età, brano col quale vince il Festival di Sanremo del 1964 e l’Eurofestival dello stesso anno, rassicura i benpensanti dell’epoca cantando: “Lascia che io viva un amore romantico, nell’attesa che venga quel giorno, ma ora no, non ho l’età, non ho l’età per amarti, non ho l’età per uscire sola con te”.
ANNI SETTANTA: AMAZZONI IN COPERTINA
Con l’inizio del decennio esplode la musica Pop in Italia con numerosi concerti di gruppi stranieri e importanti formazioni di complessi nostrani. Si assiste al successo di personaggi del calibro di David Bowie, Roxy Music e Alice Cooper, primo artista maschile a usare un nome femminile. Cooper sconvolge l’America con show grondanti orrore e sangue nei quali sbeffeggia i miti americani più radicati, dalla corsa al denaro al sesso vissuto in maniera alienante.[6]
Negli anni ‘70 c’è la voglia di cambiare il mondo, ma come dimenticare l’aspetto folkloristico del periodo? L’eskimo, la barba lunga, le gonne a fiori, gli zoccoli, il libretto di Mao, Che Guevara, il femminismo duro, il poco valore all’ostentazione economica. Tutti elementi riproposti non solo all’interno della cultura giovanile, ma anche nella moda, nella pubblicità e nell’arte. Lo scenario musicale è un mix nel quale convivono glam-rock e punk che portano a contaminazioni di vario tipo.[7]
La musica italiana vede una commistione di canzonette d’evasione e canti di denuncia sociale. È l’epoca dei cantautori come della disco-dance e si assiste al boom delle discoteche. I
Grazie alle discoteche, moderna versione anni ‘70 del Juke-box solo più grande e che suona a un volume maggiore, la gente balla di nuovo.
Il 1976 è l’anno in cui il genere invade il mondo con artisti veri come le Ritchie Family, Gloria Gaynor e Donna Summer, e artisti fittizi nati in studio di registrazione. Il film cult del periodo è Saturday night fever, che ha avuto il merito di rivelare un lato della notte ancora sconosciuto.
Come La dolce Vita aveva mostrato ai benpensanti di allora i degradi romani relativi a rapporti interpersonali considerati assolute scelleratezze, allo stesso modo La febbre del sabato sera, sempre in diretta, mostra ciò che accade di notte nelle discoteche.[8]
Gli anni ’70 sono anche il decennio della cultura e della musica punk e del fenomeno rock Suzi Quatro, grintosa bassista italo-americana in tute aderenti di pelle e una delle primissime leader di una band maschile.
Nelle cover dei dischi i semplici foto-ritratti delle prime produzioni lasciano progressivamente spazio a soggetti ben più complessi e ricchi di segnali da decodificare. Dagli anni ‘70 in particolare la sperimentazione fotografica nelle copertine esplode in mille forme ed è proprio la fotografia contemporanea a trasformare i musicisti in icone.[9]
Il decennio dà il via alla chirurgia estetica, e il tema viene affrontato nel 1979 per la prima volta in ambito musicale con Splendido Splendente, l’ironico testo scritto dalla cantautrice veneta Rettore.
Lo stesso anno la senese Gianna Nannini con America infrange l’esistente tabù della masturbazione. Sulla copertina del disco campeggia la Statua della Libertà americana, ma al posto della fiaccola regge un vibratore a stelle e strisce. Le copertine musicali femminili degli anni Settanta come uno specchio riflettono i molteplici aspetti sociali che attraversano questa complessa decade.
Il movimento femminista scuote il mondo avviando una lenta trasformazione epocale. La musica diviene uno strumento per lanciare messaggi, per urlare la propria rabbia e la disapprovazione verso una società tendenzialmente costruita a misura d’uomo.
ANNI OTTANTA: REGINE DELLA SCENA
L’immagine per ogni cantante è sempre stata importante e gli anni ottanta amplificano questa tendenza. Le case discografiche si appoggiano a curatori d’immagine che creano look ricercati e a volte eccessivi per i loro artisti.
Nel nuovo decennio la spettacolarizzazione del corpo e la sua esuberanza patinata sono all’origine dei tableaux fotografici della coppia di artisti Pierre et Gilles, artefici dai primi anni ‘80 di copertine dove il kitsch si fonde a una sessualità ambigua. Uomini effeminati o donne mascolinizzate esibiscono l’aspetto scintillante della réclame o sono immersi in un’atmosfera fittizia di paradisi celestiali e zuccherosi dove fiori e uccelli mostrano tutta la loro aria artificiale. La televisione è il mezzo più diretto ed efficace per promuovere la musica degli artisti, al contrario, il non poter accedere ai programmi più seguiti dal pubblico limita il successo di un disco.
Bellezza, guadagno, eleganza, eccesso, lusso, autonomia, fascino, tonicità, sono tutti aggettivi che descrivono l’atmosfera di generale euforia che contraddistingue gli anni Ottanta.
I giovani conquistano un’indipendenza sconosciuta e i più intraprendenti vanno a vivere da soli dando vita alla figura del “single”, di colui che abbandona la casa paterna senza necessariamente doversi sposare.
La moda, il cinema, la letteratura, la televisione e lo stile di vita in generale risentono di questo desiderio di bellezza, successo e libertà apparentemente alla portata di tutti.
L’esteriorità acquista sempre più importanza, la bella presenza diventa quasi un requisito obbligatorio e l’apparenza diviene un biglietto da visita sempre più importante.
Gli anni Ottanta esaltano la fisicità e la bellezza del corpo.
Nascono palestre dove praticare aerobica e culturismo, luoghi che entrano a far parte del vivere di molti giovani e meno giovani influenzati in questo dal grande interesse mostrato sia dal cinema che dalla musica.
Un bel corpo diventa strumento di seduzione e di donne seducenti e provocanti è ricco il panorama musicale del periodo.
La donna degli anni Ottanta è ormai libera di spaziare in quei campi che sono sempre stati dell’uomo, lo fa suonando il rock, parlando di sesso, trasformandosi in manager aziendale adottando alcuni comportamenti maschili, quali la durezza e un abbigliamento incolore ravvivato però da alcuni accessori di classe. Sono donne che vivono una libertà inimmaginabile per le generazioni precedenti e la grinta diventa una caratteristica di molte cantanti del periodo.
Sono sempre le copertine dei dischi a confermare queste tendenze.
Gli anni Ottanta segnano l’ingresso di Madonna in campo musicale e la sua presenza si dimostra subito travolgente. Madonna è trasgressiva già nel nome che adotta e lo è perché affronta temi tabù portandoli al grande pubblico della Pop music.
ANNI NOVANTA: DANCE, DANCE, DANCE
Il successo della dance è uno degli eventi più significativi del decennio musicale.
Il successo della musica dance è strettamente legato alla radiodiffusione, con programmi radiofonici dedicati esclusivamente al genere ballabile.
Le emittenti italiane che dedicano maggior spazio al genere sono Radio Deejay, Radio 105 e Radio Italia Network. Uno dei programmi radiofonici di maggior successo è il Deejay Time dell’emittente Radio Deejay.[10]
Per il resto, all’inizio degli anni novanta, il mondo della musica è dominato da artisti commerciali pop, rock e hair metal. MTV al contempo concentra l’attenzione più sull’immagine e lo stile che sulla musica stessa.
Dopo l’abbuffata degli anni Ottanta, fatta di ricerca spasmodica di bellezza, successi, apparenza e desiderio di divertimento, gli anni Novanta mostrano, a livello di copertine musicali, un aspetto più intimo, malinconico e a volte angosciato del pianeta femminile.
Un’attrice simbolo di questi anni è Sharon Stone, e i suoi film del periodo sembrano evidenziare tutti questi aspetti.
In Basic Instinct del 1992, Sharon interpreta l’ambigua e complessa Catherine Tramell, una scrittrice e psicologa bisessuale, una donna indecifrabile, pericolosa e oscura, nonostante la luminosa bellezza. Tutto il film descrive donne tormentate, aggressive, ambigue, sicure e contemporaneamente insicure di sé.
Calano le immagini con dive fascinose e sfuma gradualmente l’interesse verso il fitness. Al loro posto subentrano cover con donne che emergono dal buio grazie a uno spiraglio di luce che le illumina solo parzialmente, forse a significare la difficoltà che esiste nel manifestare apertamente la propria identità e di conseguenza nell’essere compresi in quella che è la propria essenza.
Il sesso è sempre un potente motore propulsore dell’industria discografica e negli anni Novanta assume connotati più torbidi, entra in scena il feticismo, il sadomaso, il sesso fine a sé stesso e Madonna ne è regina indiscussa.
ANNI DUEMILA: VIRTUALITÀ, SESSO E METAMORFOSI IN COPERTINA
Una forte crisi è vissuta dall’industria discografica. La pratica del download via Internet, non sempre legale, sta rendendo la musica sempre più “virtuale” e invisibile come “prodotto” in quanto progressivamente si ridimensiona l’importanza del supporto fisico e quindi anche del suo packaging.
Dilaga infatti il fenomeno della pirateria on-line: musica, film, DVD e applicativi software, vengono scambiati illegalmente tra computer connessi alla rete Internet a mezzo di programmi di file sharing.
Paradossalmente, tuttavia, proprio con il download digitale si sta riscoprendo il valore del “singolo”, il brano “ariete” delegato a trascinare l’album nella contesa del mercato discografico.[11]
Il 2000 vede il revival degli anni Ottanta mentre entra in crisi il teen pop delle boy band, del precedente decennio.
Nonostante il declino del compact disc, che dal 2000 vede una fase calante, surclassato dal nuovo formato MP3, si assiste a una rinascita del disco in vinile il quale, considerato ormai morto al pari di altri supporti analogici, ottiene un notevole incremento delle vendite.
Ogni nuovo decennio presenta aspetti sconosciuti rispetto alle altre rivelandosi nella sua originalità, segno questo di una continua evoluzione del rapporto che la donna ha con la sua immagine e con la società in cui vive.
A livello visivo, le copertine presentano donne dai molteplici aspetti.
In particolare si assiste alla presenza di un universo femminile fortemente emancipato con guerriere, urlatrici e cantanti dall’aggressività evidente.
La rincorsa spasmodica all’eterna giovinezza può adottare come stratagemma quello di trasformare il corpo biologico in un corpo Post-Human, lontano da confronti col reale e da regole imposte da madre natura. Si ricorre così ad interventi estremi di chirurgia estetica che invece di ridurre imperfezioni modellano nuovi canoni di bellezza, con labbra gonfie, zigomi innaturali, pelle liscia e “trasparente come un uovo di serpente”, come Rettore aveva anticipato già nel 1979 in Splendido Spendente.
Negli anni Duemila le copertine degli album musicali si spingono oltre e si fanno foriere di un futuro non inverosimile promuovendo donne cibernetiche e solo parzialmente umane.
Senza necessariamente dover ricorrere a innesti artificiali, le cantanti di oggi si affidano sempre più al ritocco fotografico e come farfalle subiscono metamorfosi continue.
Tutto questo porta alla divulgazione d’immagini che di umano hanno solo l’apparenza e in pratica sono simulate, fatte unicamente di bit.
La fonte dell’eterna giovinezza esercita da sempre un fascino irresistibile e a questa fonte, anche se virtuale molte cantanti che hanno superato i cinquant’anni si abbeverano avidamente per consegnarsi al loro pubblico come donne sulle quali il tempo non ha lasciato i suoi graffi, ma solo carezze.
Se negli anni Novanta le glorie della canzone avevano vissuto un periodo d’ombra scavalcate da giovani promesse, spesso non mantenute, oggi si assiste a un loro ritorno sulle scene, quasi non fosse passato un giorno dall’ultima loro apparizione. Il potersi trasformare in donne Post-Human permette alle dive storiche una rinnovata competizione ad armi impari con le più giovani e meno esperte concorrenti.
La prima ad accorgersi, forse inconsapevolmente, del potenziale legato all’immagine virtuale e illusoria è stata Mina quando nel 1978 decide di allontanarsi per sempre dalle scene facendo della sua voce l’icona che rende visibile quel che si nasconde.
A cominciare dal nome, Mina dimostra una personalità esplosiva capace di rovesciare la moda femminile, le regole sociali e quelle del business discografico.[12]
Il suo voler fare di testa propria la induce a negarsi al banchetto collettivo e al rito cannibalistico del mondo dello spettacolo rifiutando il coinvolgimento fisico del palcoscenico e della televisione che allora, grazie alle prime emittenti private, stava avviando un’irreversibile rivoluzione massmediologica.[13]
Da questo momento la cantante riscrive la sua immagine in un’osmosi di classicità e kitsch creativo che la trasfigura di continuo consegnandola all’immaginario collettivo contemporaneo come una donna eternamente quarantenne.
Il suo volto si muta in mille altri volti e i suoi occhi diventano il segno di riconoscimento.
Oggi è difficile prevedere il futuro e ogni ipotesi può o meno trovare una conferma solo nell’attesa che gli eventi si dipanino dinanzi a noi, eterni spettatori e coprotagonisti della storia del mondo…
DONNE IN VIDEO: LA GENESI
Perché Alfonso Maffini e Valeria Mastrocchio hanno fortemente voluto tradurre in una serie-video le pagine di un saggio strutturalmente complesso come “Donne in Copertina”?
Una vera motivazione sembra inesistente, o almeno una motivazione di carattere concreto, di utilità personale: nessun ritorno economico, nessuna ricerca di applausi e gloria tangibile. Solo una mole di lavoro che si è protratta per nove mesi, un lavoro però altamente gratificante che ha permesso agli autori di proporre visivamente pagine e pagine del testo utilizzando il potente linguaggio mediatico unitamente a dialoghi improntati sulla semplicità e mai sulla banalità.
La natura professionale di Maffini e Mastrocchio è quella di insegnanti ed è forse questo imprinting ad aver acceso la scintilla che li ha spinti a creare un programma destinato a un pubblico il più eterogeneo possibile, sia per cultura quanto per età.
Vivendo in una società oculocentrica, per avvicinare lo spettatore ai non sempre facili argomenti trattati e coinvolgerlo, Alfonso e Valeria hanno scelto di giocare sul colore, sulle immagini, su brevi inserti video e su musiche capaci di accendere ricordi sopiti, e questo partendo dalla sigla di apertura.
È proprio la sigla a fungere da biglietto da visita dell’intera programmazione.
Le note di Donatella, il brano in chiave ska cantato nel 1981 da Rettore (una delle cantanti intervistate da Maffini), fanno da colonna sonora a una serie di pianeti tappezzati con alcune tra le copertine presenti nelle tavole a colori del volume trasmettendo immediatamente un vivace senso di energia.
Consci del fatto che il libro è letto con sempre meno attenzione e il saggio è considerato un testo di nicchia dalla massa, nel programma video di breve durata gli autori hanno intravisto la possibilità di abbattere la barriera che spesso divide il creatore dal potenziale fruitore.
Per questo si è cercato di rendere ogni puntata briosa, ma non superficiale; dinamica, veloce e sintetica quanto basta per non annoiare. In pratica dimensionata su un pubblico sempre più avvezzo a navigare frettolosamente in Internet per avere informazioni “mordi e fuggi” attraverso i motori di ricerca, Google in primis, e incline a cambi repentini con il semplice tocco di un tasto di telefonini, tablet e computer.
Per fidelizzare lo spettatore virtuale Alfonso e Valeria hanno messo in atto uno stratagemma decisamente coinvolgente: rendere interattivo il format attraverso una gara tra copertine che il pubblico ha potuto votare mandando semplicemente un messaggio agli autori o comunicando la scelta direttamente su Youtube, il canale sul quale è visionabile tutta la serie, unitamente a commenti ed esegesi personali spesso di vivo interesse e a volte di natura diametralmente opposta a quella proposta dai conduttori.
La finalità principe è stata divulgare conoscenza, rendere familiare la storia della donna e della società in generale a partire dal secondo dopoguerra, una storia complessa, incredibile e a volte imprevedibile, che ha modificato e addirittura stravolto il vivere comune e i rapporti tra i sessi.
Partendo da una “puntata pilota” per spiegare cosa il pubblico avrebbe visto nelle puntate successive, i due autori hanno diviso i restanti capitoli in decenni, evidenziandone affinità e differenze.
STRUTTURA DELLE PUNTATE
Ogni video inizia con una presentatrice o un presentatore (in alcuni casi addirittura due), che dallo schermo di un vecchio televisore annuncia simpaticamente il programma del giorno. Per gli anni Cinquanta, Sessanta e parte degli anni Settanta l’annuncio è rigorosamente in bianco e nero, proprio come in bianco e nero erano le trasmissioni nazionali dell’epoca.
Annunciatrici e annunciatori, tutti amici dilettanti non abituati a telecamere, copioni e un pizzico di improvvisazione, si sono prestati con entusiasmo nonostante un comprensibile timore, e mettendosi coraggiosamente in gioco hanno dimostrato in alcuni casi doti inimmaginabili.
Le categorie professionali di appartenenza sono eterogenee e la carrellata comprende la presidente dell’Unicef di Piacenza, numerose docenti di scuole dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, dirigenti scolastiche, sommelier, pensionati, imprenditori, albergatori, medici, una parrucchiera (che nella presentazione pettina in diretta l’autore), dipendenti comunali, rappresentanti del movimento LGBTQ, casalinghe, studenti, infermiere e Gigliana Gilian, famosa cantante di liscio, intervistata da Maffini e tra le cantanti protagoniste del volume.
Dopo la sigla ufficiale che riprende la copertina del saggio, appaiono i padroni di casa Alfonso Maffini e Olga del Volga, ovvero l’alter ego video di Valeria Mastrocchio, un personaggio nato per caso in ambiente lontano dal web e qui calata nei panni di saggia dispensatrice di “pillole d’arte e di vita” in versione cultural-light.
I due anfitrioni giocano immediatamente le carte dell’intrattenimento. Adottano scenografie accattivanti, spesso accompagnate da innesti filmici, indossano abiti sgargianti, occhiali variopinti, parrucche incredibili generalmente in linea con il periodo oggetto della puntata così come gli accessori dei quali si circondano: un soprammobile vintage, un telefono anni Ottanta, una radio anni Settanta o una Barbie da collezione anni Novanta.
Dopo i convenevoli iniziali farciti da una serie di slogan inventati ad hoc per essere memorizzati, ci si addentra nelle tematiche del decennio con una visione a trecentosessanta gradi per poi focalizzarsi sui principali eventi storici accaduti, i film più significativi, i libri, i testi delle canzoni e soprattutto l’evoluzione della donna, i traguardi e le conquiste ottenute all’interno della società.
A metà programma la regia passa virtualmente la linea al presentatore/presentatrice di inizio puntata che annuncia la copertina più votata dal pubblico e quindi vincitrice tra le due in gara nel precedente episodio invitando lo spettatore a proseguire nella visione della nuova imminente sfida.
L’annuncio della cover vincente ha un tono plateale indispensabile per generare la giusta suspense e tra gli escamotage preferiti c’è un rullo di tamburi che accompagna lo sventolio di una busta bianca nella quale sbirciare il nome.
L’intera realizzazione è stata gestita a livello casalingo, senza mezzi dispendiosi, solo con tanta fantasia, impegno, costante ricerca e attenzione nella scrittura del copione.
Le ambientazioni sono state tra le più disparate. A parte le scenografie ottenute con l’utilizzo del chroma key che ha permesso la creazione di fantasiosi background, le riprese hanno avuto luogo in soffitte, portici, cucine, salotti, cantine, case, giardini e aziende.
Tutte le registrazioni sono state effettuate in presa diretta e mai modificate in fase di montaggio. Ogni errore, ogni parola storpiata, ogni dimenticanza o improvvisazione del momento, ogni imprevisto (un oggetto che cade, la parrucca che si sposta, il microfono che improvvisamente si blocca, la sirena di un’ambulanza) sono stati documentati e non cancellati proprio per dare al programma un sapore di verità, di sincerità, di intrattenimento alla mano, leggero, ma al contempo serio ed onesto.
In pratica, come in ambito cinematografico, è stata “buona la prima”.
Sempre nell’ottica di intrattenere lo spettatore, anche quello più distratto o esigente, gli autori si sono calati in siparietti comici come la parodia delle Gemelle Kessler nel loro Da-da-un-pa o interpretando con scarsa disinvoltura il Ballo del Qua Qua reso celebre da Romina Power e il famosissimo Tuca Tuca di Raffaella Carrà.
E sempre a proposito di Raffaella Carrà, in alcune puntate dedicate agli anni Ottanta è stato riproposto il celebre gioco dei fagioli, ovvero il conteggio dei legumi contenuti in un grande vaso trasparente, invitando anche in questo caso il pubblico a votare su Youtube, Facebook o Whatsapp.
Dopo soli quattro episodi il numero dei legumi è stato indovinato e il vincitore è venuto sul set per ritirare il premio in palio, ovvero una copia del libro “Donne in Copertina”.
In totale le puntate sono state 52, così suddivise: una prima puntata pilota, 50 puntate di programma vero e proprio, un’ultima puntata riassuntiva nella quale sono state mostrate tutte le copertine vincitrici e ringraziati, presentandoli in un frammento della loro performance, gli annunciatori e le annunciatrici che con la loro simpatia hanno contribuito a rendere il format ancora più originale.
CONSIDERAZIONI FINALI
Allo stato attuale il programma ha ottenuto 34.155 visualizzazioni.
Particolarmente gradita dagli utenti è stato l’apparato scenografico, soprattutto il look adottato dai due anfitrioni. Un look, come già accennato, curato nei minimi dettagli e attinente al periodo preso in considerazione. Alfonso e Valeria/Olga si sono calati tra gli altri nei panni di samurai e geisha, di pop star, senza tetto, pistoleri del Far West, esponenti del Neo Surrealismo, figli dei fiori, strega e stregone, pirati e ad ogni stile hanno corrisposto accessori di scena, bigiotteria, cappelli, occhiali stranissimi e soprattutto parrucche tra le più disparate e colorate, da quella in stile Nicoletta Orsomando, a quella Pippi Calzelunghe, dal modello Flinstones a quello Barbie, da Beatrice Cori a Rita Haiworth, dalla capigliatura estrosa della Regina di Cuori a quella color turchese di Mariko Mori.
La decisione di dar vita a una serie in formato web è l’esito finale di una passione dell’autore che affonda le proprie radici nell’adolescenza, quando investiva i pochi risparmi per acquistare i suoi dischi preferiti, tutti dotati di copertine eleganti, intriganti, spesso concettuali e sempre, in un modo o nell’altro “parlanti” e, col senno attuale, vero specchio dei tempi e dei mutamenti.
Questa giovanile passione si è autoalimentata nel tempo e, grazie alla lungimiranza e al sostegno della professoressa Daniela Calanca, sua docente in Storia Contemporanea all’Alma Mater di Bologna, si è concretizzata in una tesi e successivamente, con approfondimenti e nuove interviste, in un saggio.
Un libro però, perché venga letto, va fatto conoscere attraverso incontri pubblici con investimento notevole di tempo, di cavilli burocratici da affrontare, spostamenti, costi e stress che non sempre corrispondono alla partecipazione auspicata.
L’incontro con l’autore è generalmente serale, festivo e prefestivo e richiede un impegno da parte del pubblico per un luogo, un giorno e un’ora stabilita e spesso luogo, giorno e ora si accavallano con impegni precedentemente assunti, con la stanchezza o con la dimenticanza.
Per evitare questi “incidenti di percorso”, Alfonso e Valeria hanno scelto la formula dei video divulgati sui canali social di Facebook e Youtube e promossi attraverso i contatti di Whatsapp con l’invito a divulgare i link ad amici, parenti e conoscenti.
I video hanno così raggiunto un’utenza assai maggiore di quella che una serie massiccia di classiche presentazioni avrebbe consentito: la comodità della loro fruizione, assolvibile in qualsiasi momento di qualunque giornata, durante una pausa lavorativa, seduti comodamente sulla poltrona del salotto o sdraiati sul letto è risultata vincente.
Ma perché Alfonso Maffini e Valeria Mastrocchio hanno speso mesi per confezionare 52 puntate di una serie online senza scopo di lucro?
Semplicemente per il piacere della divulgazione culturale, per condividere quanto studiato con impegno e sacrificio, per regalare quelle preziose “pillole d’arte e di vita” apprese tra i banchi universitari altrimenti destinate all’obsolescenza, al deperimento e all’inevitabile dimenticanza anche da parte dell’autore stesso.
In conclusione possiamo affermare che “Donne in Copertina” formato video ha saputo smuovere l’interesse di molti utenti che fedelmente hanno seguito le puntate a cadenza mediamente settimanale mostrando una crescente attrazione per una storia sociale, soprattutto femminile, affrontata attraverso musica, film, moda, fotografia, letteratura, cronaca rosa, politica, legami familiari e soprattutto le copertine dei dischi.
Gli utenti hanno apertamente dimostrato il loro apprezzamento al programma e si sono divertiti con gli slogan che i due conduttori regolarmente hanno ripetuto nel corso delle puntate. Slogan che hanno saputo imprimersi nella memoria come un tormentone (Votate! Votate! Votate e con noi sempre restate; rimantriamo con il mantra dei mantra; la gara di chi impara, la tenzone in web-visione, curiose curiosità, regia magia…).
In numerosi, e ben oltre le aspettative, hanno partecipato alla conta dei fagioli, votato le copertine proposte e commentato le loro scelte con spiegazioni altamente concettuali, proprio come accade osservando dettagliatamente un’opera d’arte.
Il considerevole riscontro nei commenti alla proposta web ha dimostrato come una formula semplice nelle spiegazioni, ma intrisa di concetti arricchiti da accattivanti ambientazioni e ridondanti accessori scenografici sia stata interiorizzata e approfondita, permettendo così agli autori quella condivisione culturale gratuita che è lo spirito e l’essenza del programma.
Grazie ai ripetuti inviti di Valeria e Alfonso a calarsi nei panni di critici d’arte, i video-spettatori sono stati stimolati ad esporre con coraggio pubblicamente le proprie opinioni senza il timore di essere giudicati, convinti del fatto che ognuno può avere un’interpretazione personale ed empatica nei confronti di un’opera, sia questa un film o una canzone, un dipinto, una scultura o la copertina di un disco.
[1]A. Gaudino, XX secolo LP cover, Electa, Milano 2004 pp. 7-9
[2] Ivi, p. 184
[3] [http://www.it.wikipedia.org/wiki/Disco_in_vinile#I_dischi_in_vinile]
[4] M. Boneschi, Santa Pazienza, Mondadori, Milano1998, p. 370
[5] M. Ochs, 1000 Record covers, Taschen, Koln 2005, pp. 6-7
[6] D. Salvatori, Pop Story 8, Arcana, Roma 2012, p. 21
[7] Ivi, p. 19
[8] Ivi, p. 16
[9] C. D’Onofrio, 45 Art – L’Arte a 45 giri, Giunti, Milano 2012 p. 154
[10] [http://www.it.wikipedia.org/wiki/Musica_dance#Gli_anni_novanta]
[11] C. D’Onofrio, op. cit., pp. 12-13
[12] R. Padovano, Mina – I mille volti di una voce, Mondadori, Milano 1998, p. 185
[13] Ivi, p. 15