RE-CUPERARE EMPATIC@MENTE BELLEZZA, INCLUSIONE E SOSTENIBILITA’

Di Vincenza Merlino e Silvia Mazzeo

Abstract

C’è stato già un tempo in cui l’umanità, progettando il suo sviluppo nell’ottica di migliorare le proprie condizioni di vita, tenendo in considerazione il valore del capitale naturale del territorio come patrimonio da salvaguardare e l’ottimizzazione delle risorse a disposizione per averne cura, ha generato modelli di autosostenibilità ambientale.

C’è stato già un tempo in cui l’uomo ha saputo fondare la sua idea di espansione di comunità umana sulla Terra sulla conservazione della bellezza dei luoghi e sull’inclusione di tutte le culture per renderli tali quali principi guida per una convivenza, tra uomini e tra esseri umani e Natura, rispettosa di un concetto di ambiente entro cui: la specie homo sapiens sa che la Natura è oikos, luogo in cui può esercitare la sua eccezionalità in senso costruttivo e non distruttivo.

Ri-ciclare e ri-generare i termini in cui, questo passato e già sostenibile “patrimonio culturale” può essere re-cuperato e non meramente consumato, è l’obiettivo che, insieme ad altri obiettivi, Diculther ha perseguito e continua a perseguire, nell’ambito delle iniziative formative presentate e realizzate quest’anno e da realizzare ancora negli anni che verranno.

Nel con-dividere questo obiettivo, in piena sintonia con l’iniziativa N.E.B. (New Eurpean Bauhaus), in questo contributo, proponiamo un percorso formativo interdisciplinare ed esperienziale di educazione al valore estetico, etico ed emozionale della bellezza.

Amplificato nella sua portata educativa dall’utilizzo del digitale sull’ambiente, il percorso vuole perseguire l’obiettivo di stimolare la creatività degli studenti al fine di agevolare la loro presa in carico di questa eredità culturale affinché, diventandone titolari, possano assicurare un futuro a questo passato e garantire anche alle generazioni future la possibilità di continuare a lasciarsi affascinare dalla bellezza che questo patrimonio veicola. Proprio quella bellezza che, come intesa dal NEB, facendosi portatrice dei valori di inclusione e di sostenibilità, può continuare a consentirci di mantenerci capaci di sviluppare, quei legami emotivi, identificativi ed empatici che hanno la forza di generare l’adozione spontanea di comportamenti sostenibili.

Keywords: etica della bellezza, inclusione delle culture, sostenibilità integrata, digitale sull’ambiente

Dallo storytelling dell’autodistruzione all’imperativo di salvare l’umanità realizzandola in armonia con l’ambiente, passando per il re-cupero dell’impronta eco-logica del bello e del buono dell’uomo sul pianeta          

An ethic is important because what people do depends on what they believe in. (IUN, UNEP, WWF, 1991).

Nel solco dell’errore epistemologico del paradigma meccanicistico di stampo cartesiano (Cartesio, 1995) che ha alimentato quell’ ignorante cultura dominante (Bateson, 1984) entro cui più l’uomo ha controllato l’ambiente in cui vive più si è irrobustita la sua convinzione di poterlo dominare (Bateson, 1972), i contorni della superficie terrestre sono stati riconfigurati determinando l’emergere di una nuova mappa: quella dell’impronta umana sul pianeta (Sanderson, 2002).

Quest’ultima, dandoci il benvenuto nell’Antropocene (Crutzen, 2005), attribuisce alla specie homo sapiens un significativo ruolo nelle grandi perturbazioni ambientali paragonabili a una forza geologica comparabile a quelle che hanno giocato, a loro volta, un ruolo determinante nei mutamenti dell’evoluzione stessa del pianeta Terra, negli ultimi tre miliardi e mezzo di anni di presenza della vita sullo stesso.

Questi dati, ormai ampiamente accolti nell’ambito delle hard science, nell’essere diffusi alla comunità tutta, con l’intento di sollecitare un’inversione di marcia verso l’assunzione di comportamenti più sostenibili, più adatti a queste evidenze scientifiche, hanno generato una sorta di storytelling di stampo allarmistico il cui nucleo essenziale, presentato prevalentemente come un problema fisico piuttosto che solo etico, prendendo a prestito le parole di Mercalli (2020), suona più o meno così:

Non ci sono finalismi o personificazioni romantiche, ma principi di azione e reazione, conservazione della massa e dell’energia, interazioni e retroazioni complesse tra attori viventi e non viventi. Compiute determinate azioni, superati certi limiti (una sorta di hybris verso le grandezze fisiche), arriveranno delle conseguenze sgradevoli, tipo la sesta estinzione di massa!

Con questi termini che riflettono il paradigma della complessità (Morin, 2012), entro cui l’uomo è solo un filo di quella rete della vita da cui è prodotto e che contribuisce a produrre nella Terra considerata come sistema (Capra, 1997), la storia lunga del pianeta e la storia breve degli umani sono posizionate nello stesso diagramma temporale. 

Nella misura in cui però tale posizionamento non serve più a sottolineare l’insignificanza dell’umanità di fronte all’enormità della storia terrestre ma serve a caricare sulle spalle di questa stessa umanità il fardello di essere diventata una potenza geologica senza precedenti (Latour, 2019): come non lasciarsi vincere dal panico e rimanere inerti di fronte a questa carica non solo descrittiva ma anche prescrittiva della scienza che ci pone davanti alla triste realtà che l’Antropocene non è un’estensione smodata dell’antropocentrismo che ci trasforma in una sorta di Superman volante in costume rosso e blu (Latour, 2020) ma segna la fine dell’eccezionalismo umano che neanche la migliore efficienza tecnologica possibile potrà mai ripristinare (Catton, Dunlap;1980)?

Se infatti è vero che è impossibile comprendere quello che ci accade senza passare dalle hard science ed è impossibile comprenderlo rimanendo ancorati all’immagine che l’epistemologia meccanicistica ci restituisce di essa (Latour, 1995); ed è anche vero che la minaccia creata dall’origine antropica dello sconvolgimento climatico è il tassello di informazione meglio documentato e oggettivamente sviluppato (Latour, 2020), allora probabilmente far leva sul sentimento della paura per generare un’etica (Jonas, 1990; 2000), capace di farci reagire ai segnali di allarme, fallisce il suo tentativo perché per metterci in moto abbiamo bisogno di essere stimolati a farlo da un genere particolare di enunciati: quelli che stimolati da un’altra modalità di conoscenza in cui scienza e cultura, come indicato dall’iniziativa N.E.B. (EU, 2021), si fondono, sono capaci di toccare i nostri cuori e di emozionarci incoraggiandoci ad agire facendo leva su altri sentimenti per la cui comprensione dobbiamo passare necessariamente dalle scienze umane (Latour, 2013; 2020).

Questi enunciati, formulati in modo da riuscire a trasferire non solo la conoscenza del dato scientifico ma anche la comprensione della cifra etica che lo riguarda e che ci riguarda, con lo scopo di farci capire i termini in cui siamo attaccati e dipendiamo dalla Terra (Capra, 1997; Latour, 2022), prendendo a prestito le parole di Serres (1990), dovrebbero e potrebbero suonare più o meno così:

                                   Eppur la Terra si muove! Eppur la Terra si commuove!

Con questo tipo di enunciati che contemplano il ruolo affettivo dell’informazione (Zadra et al., 2011), se comprendere è apprendere qualcosa (Latour, 2020), possiamo allora comprendere che sì la Terra ha un movimento perché come ci ha insegnato Galilei: la Terra si muove! ma possiamo anche apprendere che la Terra si commuove perché ha un comportamento che è sensibile alle nostre azioni, ai nostri comportamenti (Latour, 2020) tanto quanto noi siamo sensibili ai suoi comportamenti e alle sue azioni che ci commuovono tutte le volte che un fiore nasce, una distesa d’erba cresce, un albero cambia i colori del suo fogliame, rimaniamo immersi dall’alba al tramonto nello studio di un solo metro quadrato di foresta pluviale! (Wilson, 1984).

Con questo tipo di enunciati che, seguendo l’ipotesi biofilia (Wilson, 1993), stimolano la tendenza innata degli esseri umani ad amare e a prendersi cura della  Natura e contribuiscono a generare uno stato di ben-essere psicofisico che ha la forza di dare vita a comportamenti e atteggiamenti spontaneamente  positivi verso la Natura: possiamo allora meglio comprendere che se le nostre azioni e i nostri comportamenti non invertono la rotta verso l’orizzonte della sostenibilità,  non è che la Terra si ribella, semplicemente cambia i suoi parametri in modo tale da non essere più adatta alla nostra vita e per cui possiamo meglio apprendere i termini in cui come esseri individuali e sociali, noi tutti incidiamo sui (e in definitiva dipendiamo dai) processi ciclici della Natura (Capra, 1997) e che pertanto tutto ciò che facciamo alla natura lo facciamo a noi stessi (Bateson, 1972).

In questi termini, questi enunciati: i) richiamando la dimensione estetica della Natura e proponendone come chiave di lettura lo stupore e l’identificazione; ii) stimolando l’armonizzazione tra emotività, percezione e cognizione; iii) contribuiscono a una maggiore e migliore comprensione e apprensione di quell’armonico nesso che, nell’ambito del paradigma della sostenibilità integrata, governa l’agire delle forze naturali ed entro cui:

a) la Natura può smettere di essere pensata come qualcosa da utilizzare per soddisfare i nostri bisogni per diventare qualcosa di cui avere cura perché dal suo ben-essere dipende anche il nostro;

b) il valore estetico della bellezza della Natura smette di veicolare solo la sensazione di piacere immediato per assurgere a valore etico che veicola il piacere mediato dalla cognizione e in quanto tale capace di orientare i nostri comportamenti in ottica di sostenibilità.

Insistendo, dunque, sulla comprensione della biunivocità tra essere umano e Natura e sull’apprensione (Kant, 1974) del concetto di difesa dell’abitabilità del pianeta (Latour, 2019, 2020), l’utilizzo di questi enunciati – pur rimanendo nell’ambito del paradigma della complessità di cui la scienza della sostenibilità si nutre (Bologna, 2008)- nella misura in cui tiene conto anche della complessità di cui quel nostro essere solo un filo della rete della vita è comunque intriso, della nostra multidimensionalità in cui sono inscritte coscienza antropologica, civica, ecologica e dialogica, rivolgendosi all’uomo intero (Morin, 2001b; 2002), ha il vantaggio di  esaltarne, la sua particolarità in senso costruttivo e non distruttivo (Morin, 2001a).

Facendo leva su questa particolarità – già connotata da Aristotele (2001; 2007) come quell’insieme di caratteristiche specie-specifiche quali l’immaginazione, la creatività e il linguaggio che contraddistinguono l’uomo per la sua eccezionalità costruttiva che lo rende capace di generare mondi altrimenti irrealizzabili – questi enunciati consentono, allora, di poter sostituire la minaccia dell’autodistruzione con l’imperativo di salvare l’umanità realizzandola in armonia con l’ambiente (Maturana, Davila, 2006).

La tangibilità di questo imperativo, facilmente riscontrabile nelle innumerevoli opere che, costruite dall’uomo nel rispetto dell’ambiente e disseminate nell’intero pianeta, ci lasciano agonizzanti di fronte alla bellezza a cui ci espongono, ha la forza di raccontare un’altra storia: quella di un’altra impronta umana sulla terra che, contraddistinta dalle modalità sostenibili attraverso cui arte, scienza e culture si sono fuse in armonia con la natura generando uno sviluppo degli insediamenti umani rispettoso dei limiti delle risorse a disposizione e includente la contaminazione delle culture del luogo per generarle e preservarle per lasciarle in eredità alle generazioni future, può configurarsi come la storia dell’impronta eco-logica del buono e del bello dell’uomo sul pianeta!

Questa storia, nell’ambito della quale gli esseri umani con la loro diversità culturale sono riconosciuti quali componenti integrali degli ecosistemi, è ritenuta oggi, dagli studi di Traditional Environmental Knowledge (TEK), un patrimonio culturale inestimabile, considerato di importanza equivalente a quello della conoscenza sistematica e scientifica per interpretare i sistemi naturali e le relazioni tra questi e l’evoluzione dei sistemi sociali umani (ICSU, 2002).

A questa storia che racconta dunque di come il valore estetico della bellezza e delle diversità delle culture che hanno contribuito a generarla possano tradursi in valori etici di sostenibilità e di inclusione capaci di promuovere l’emergere spontaneo di comportamenti sostenibili, la scienza della sostenibilità attribuisce una grande importanza anche in considerazione del fatto che essa racconta anche di modelli di governance ambientale realizzati con la più ampia partecipazione di tutti gli attori presenti sul territorio attraverso accurati processi di negoziazione e condivisione delle scelte (Borrini-Feyerabend et al., 2004).

Al recupero di questa storia, la Convenzione internazionale sulla Biodiversità (1992), ha dedicato protocolli internazionali per consentire la tutela e la condivisione delle risorse biologiche delle varie nazioni indirizzandole specificatamente verso la conoscenza tradizionale e promuovendo l’equa condivisione dei benefici che da tale conoscenza può derivare soprattutto nel campo dell’uso sostenibile delle risorse e nella loro gestione (Berkes, 2002).

Alle modalità con cui, questa storia, attraverso l’utilizzo del digitale sull’ambiente (Floridi, 2020a), può essere re-cuperata dai giovani affinché si facciano custodi e non predatori di questo già sostenibile passato patrimonio culturale, è dedicato l’obiettivo educativo della nostra proposta formativa, come di seguito dettagliato.

Dal valore estetico ed etico al valore emotivo della bellezza del territorio passando per il digitale sull’ambiente

Le emozioni informano l’individuo sul mondo proprio in base a valutazioni etiche che riguardano i suoi progetti personali, al fine di realizzare la vita buona. Esiste dunque un’intelligenza emotiva, senza la quale la mera razionalità risulterebbe incompleta. (Nussbaum, 1993)

Quanto finora argomentato esplicita i termini in cui, seguendo l’ipotesi biofilia (Wilson, 1993) e, in accordo con l’iniziativa N.E.B, è possibile attualizzare una trasformazione del valore estetico della bellezza e dell’inclusione delle culture per realizzarlo in valori etici al fine di:

i) sviluppare nuove consapevolezze sulle connessioni tra le credenze e le conoscenze che fondano un sistema culturale e gli effetti delle stesse sulle azioni umane nei confronti della specificità di ogni contesto entro cui queste azioni determinano prassi comportamentali;

ii) promuovere l’emergere spontaneo di comportamenti sostenibili, per vivere in armonia con l’ambiente.

In questa prospettiva, per perseguire l’obiettivo della nostra proposta formativa, come sopra specificato, utilizzare la concettualizzazione del digitale sull’ambiente (Floridi, 2020a) secondo cui il digitale essendo veicolo di cui anche il sapere scientifico si serve e per cui avendo una grande forza epistemologica ci consente di raccogliere ed elaborare una quantità maggiore di dati per conoscere meglio ciò che avviene e prendere, di conseguenza, decisioni migliori, può contribuire a:

  1. agevolare l’accesso, la fruibilità e la condivisione delle informazioni stimolando, anche il senso critico degli studenti;
  • implementare le “competenze per la sostenibilità” con lo scopo di: i) permettere agli studenti di pensare in modo olistico e mettere in discussione le visioni del mondo alla base del nostro attuale sistema economico (Greencomp, 2022: Area di competenza 1;2); ii) integrare le conoscenze per fornire un contributo alle prassi e alle conoscenze professionali e fornire supporto ad altri nella tutela dell’ambiente (DigComp 2.2, 2022: Area di competenza 4.3);
  • incrementare l’esercizio della natura già ibrida dei processi di apprendimento in/outdoor (Mortari, 1994; Capra 2005; Malvasi, 2008) sfruttando la fluidità della componente digitale per arricchire maggiormente l’interconnessione tra le dimensioni formal, non formal e informal dell’educazione (EU, 2012) e ridurre il confine che, nell’ambito della progettazione didattica, ha distinto concettualmente gli spazi fisici di apprendimento da quelli virtuali (Trentin, 2016, 2017);
  •  stimolare la co-creazione di forme di narrazione includenti la logica del visual storytelling (Ojala, 2013; NDI, 2013) geolocalizzato che, fornendo prospettive immersive e aumentate con cui poter osservare il proprio territorio: se da un lato rafforza il potere narrativo del territorio, dall’altro lato, fondandosi su modalità di apprendimento social learning (Gersie, 1992), in cui ognuno è chiamato a discutere dei propri valori, abitudini e norme (momento definito di decostruzione), ad ascoltare ciò che altri attori hanno da dire (confronto) e costruire rinnovati punti di vista a portata di mano sulla questione affrontata (ricostruzione), genera opportunità nuove di ri-pensare spazialmente l’ambiente in connessione con le culture che lo hanno generato.

In questi termini, se, come posto in evidenza, ogni territorio possiede esempi di insediamenti che esprimono quella relazione biunivoca e di co-evoluzione tra esseri umani e ambiente, che trasuda così tanta bellezza da far emergere spontaneamente comportamenti sostenibili, allora, servirsi della concettualizzazione del digitale sull’ambiente come sopra definita, consente di poter co-costruire con gli studenti un percorso formativo che li conduce a rendere tangibili sul proprio territorio i termini in cui le modalità attraverso cui bellezza, inclusione e sostenibilità possono configurarsi come:

  • principi etici non negoziabili per preservare il patrimonio culturale che ogni territorio possiede come modello di autosostenibilità (Magnaghi, 2012), e, in quanto tale, esempio di bene comune che può ispirare processi di re-identificazione capaci di instillare il desiderio di prendersene cura;
  • principi prescrittivi capaci di de-colonizzare quell’immaginario collettivo che le hard sciences hanno contribuito a costituire come catastrofista e sostituirlo ri-utilizzando il patrimonio culturale passato;
  • principi emotivi (Nussbaum, 2001) capaci di innescare processi di ri-valutazione e di ri-contestuallizazione di valori di prossimità e appartenenza in grado di modificare il contesto concettuale ed emozionale di quel luogo, o il punto di vista secondo cui esso può essere ri-vissuto così da mutarne completamente il senso e poter raccontare un’altra storia: quella che, re-cuperando l’impronta ecologica del bello e del buono dell’umanità sul pianeta, può ancora stimolare, in chi la ascolta, l’adozione spontanea di comportamenti sostenibili.

Nel co-costruire, insieme agli studenti, questo percorso, la metodologia didattica che proponiamo di utilizzare per attualizzarlo, prende a prestito i principi e le dimensioni contemplate nell’ambito dell’Artway of thinking (Thiene, Mantovani,1993)e sviluppate dalle autrici per attivare processi co-creativi di insegnamento/apprendimento, confluiti nel diagramma di co-creazione della Co-creation Methodology (https://www.artway.info/cocreation-methodology#diagram) .

Seguendo questa metodologia e la concettualizzazione del digitale sull’ambiente, per perseguire l’obiettivo educativo che anima il nostro percorso formativo, proponiamo lo svolgimento delle seguenti attività:

1. Introduzione all’obiettivo e Condivisione del diagramma di co-creazione dell’Artway of thinking

1.1 Presentazione dell’obiettivo

Partendo dal tema dell’importanza del re-cupero dell’impronta eco-logica del bello e dell’uomo sul territorio così come esplicitata nei paragrafi precedenti, docenti ed esperti formatori propongono agli studenti di individuare nel proprio territorio un esempio di luogo che può esprimere quella bellezza generata da quell’unità di paesaggio fusa con l’armonia delle forme e dei materiali utilizzati per costituirlo nel rispetto della naturalità delle caratteristiche ambientali circostanti e che, potendo rappresentare, di conseguenza, un esempio virtuoso di sostenibilità integrata, può divenire oggetto di indagine.

1.2 Condivisione del diagramma di co-creazione.

Proponendo la rappresentazione grafica del flusso metodologico proposto dall’ Artway of thinking:

A) vengono illustrati ai partecipanti, i 5 principi che lo animano (1. la creatività è una energia disponibile in ogni individuo consapevole; 2. ogni creazione è il riflesso del suo (co-)creatore/(co-)creatrice; 3. l’atto creativo consapevole contribuisce alla crescita; 4. la co-creazione è un processo di risveglio 5, un’azione è sostenibile quando sono in equilibrio risorse, limiti e potenzialità del sistema Sé-Ambiente);

B) si invitano gli studenti  a focalizzare l’attenzione, in particolare, su alcune caratteristiche che il quadro teorico della co-creation methodology contempla quali: interrelazione Sé-Gruppo-Ambiente; visioni sull’essere umano (filosofiche, antropologiche, psicologiche); creatività come capacità innata, affinché possano sentirsi stimolati nel riflettere sulle modalità attraverso cui il processo creativo può configurarsi sia come incubatore di crescita personale e collettiva, sia come generatore di innovazione sostenibile e integrata all’ambiente seguendo lo schema individuo – società – ecosistema.

2. Workshop inform@tivo: geolocalizzare e georeferenziare

2.1 Impariamo a Geolocalizzare:

Viene distribuito agli studenti del materiale cartografico e fotografico del territorio di riferimento (foto storiche, mappe in rilievo, immagini panoramiche riprese dall’alto, ecc.) e viene chiesto loro di connotare il luogo individuato nell’attività precedente come oggetto di indagine in termini di genius loci.

Come genius loci, l’oggetto di indagine, rappresentando quell’insieme indefinibile di contaminazione tra natura e culture, scienza e tecnologia, un esempio quindi di insediamento umano capace di veicolare i principi della sostenibilità integrata, può semplificare la sua geolocalizzazione.

Per geolocalizzare, si invitano gli studenti ad utilizzare EARTH di Google (https://earth.google.com/) che, oltre ad attivare delle animazioni del pianeta, consente anche di simulare delle zoomate avanti e indietro da satellite conducendo alla scoperta di quei genius loci che, visualizzati con questa prospettiva immersiva non possono che farsi paesaggio emotivo.

2.2 Impariamo a Georeferenziare:

Individuato come genius loci, l’oggetto di indagine, potendo essere inteso come quel luogo che custodisce anche quel sapere collettivo che la comunità locale detiene quale insieme di saperi impliciti che ineriscono risorse culturali, paesaggistiche, storiche e ambientali, può semplificare anche la georeferenziazione.

Per georeferenziare, gli studenti sono guidati dall’esperto animatore digitale all’utilizzo di UMAP di openstreetmap (https://umap.openstreetmap.fr/it/) per tracciare su mappa quei saperi impliciti che, traducibili in layer ambientali, possono costituire un bagaglio di conoscenze inestimabile sull’uso sostenibile delle risorse e della loro gestione da custodire e condividere per assicurare un futuro a questo passato e già sostenibile patrimonio culturale che può diventare un punto di partenza e di ispirazione al fine di agevolare la  sostituzione delle credenze che accompagnano un sistema culturale centrato sul principio della crescita infinita entro cui l’uomo esercita la sua forza distruttiva, con quelle che caratterizzano i principi di sostenibilità entro cui l’uomo esercita la sua forza costruttiva sull’ambiente progettando il suo sviluppo, nell’ottica di migliorare le proprie condizioni di vita e tenendo in considerazione i limiti fisici del territorio che lo ospita e l’ottimizzazione delle risorse a disposizione per averne cura.

3. Percorsi laboratoriali di in e outdoor Education

3.1 Sulla scorta della geolocalizzazione:

seguendo la logica opensource (https://opensource.com/), gli studenti vengono divisi in gruppi e sollecitati ad utilizzare il web per selezionare i siti che promuovono l’immagine del genius loci individuato e i documenti storici disponibili online di modo da poter raccogliere informazioni utili da tradurre in materiale multimediale (testi, video) per generare un quadro d’insieme delle risorse culturali, paesaggistiche, storiche, ambientali che contraddistinguono il genius loci individuato come tale (indoor education).

Stimolando, in questo modo un senso di appartenenza al contenuto a cui accedono e da cui apprendono, in questa fase i ragazzi osserveranno i contorni del genius loci attraverso le immagini satellitari già disponibili per individuarne la posizione ai fini di iscriverla entro i limiti di un’area percorribile non solo idealmente ma dove è possibile recarsi anche fisicamente (outdoor education).

Lo spazio educativo outdoor così identificato verrà raggiunto dagli studenti che, accompagnati da guide esperte, vivranno un’esperienza formativa esplorativa, percettiva e sensoriale volta a stimolare un senso di appartenenza capace di generare lo sviluppo di quell’identità di luogo e di attaccamento affettivo che stimola la messa in atto di comportamenti protettivi verso il luogo stesso (Stedman, 2002).

3.2 Sulla scorta della georeferenziazione:

seguendo la logica opendata, (https://www.dati.gov.it/view-dataset), gli studenti vengono sollecitati ad utilizzare i propri dispositivi mobili personali (basta un device con connessione) per esplorare singolarmente quei layer ambientali, quegli aspetti specie- specifici dei modelli di gestione delle risorse e di utilizzo sostenibile delle risorse che il genius loci custodisce quale patrimonio culturale inestimabile.

Ogni studente, guidato nella raccolta dei dati dagli esperti, si occuperà di selezionare, quindi, informazioni su un singolo aspetto del genius loci (storia del luogo, particolarità del luogo, cultura e abitudini del luogo, modalità di gestione delle risorse del territorio ecc.) al fine di raccogliere dati utili da condividere e aggregare successivamente in gruppo per la co-creazione di una mappa personalizzata.

4. My Maps in Earth di google e Visual Storytelling geolocalizzato

4.1 Co-creazione di una mappa personalizzata con Mymaps di google:

Sotto la guida dagli esperti e dei mentor, gli studenti utilizzeranno Mymaps (https://www.google.com/intl/it/maps/about/mymaps/) per creare una mappa personalizzata associando alla geolocalizzazione del genius loci le informazioni che hanno selezionato ed elaborato in formati multimediali (testi, video, foto).

Generando così un percorso originale includente i livelli informativi diversificati che la georeferenziazione ha consentito di approfondire per indicare le specificità del genius loci individuato, la mappa personalizzata, consentirà di arricchire le dinamiche di navigazione con cui condividere le conoscenze e le consapevolezze ambientali acquisite da poter utilizzare ai fini della produzione della presentazione finale del percorso formativo al pubblico.

4.2 Present@zione condivisa del percorso formativo: Visual Storytelling geolocalizzato in Videospot

Gli studenti, guidati dagli esperti, saranno invitati ad importare la mappa personalizzata in Earth di google per co-creare un videospot di presentazione del percorso formativo utilizzando la logica del visual storytelling geolocalizzato che tra realtà virtuale aumentata e immersiva, amplificando il coinvolgimento emotivo,  l’attivazione della memoria visiva e sensoriale che trasformerà l’esperienza percettiva che la visualizzazione  interattiva  sollecita nel mondo virtuale in esperienza che diviene progressivamente interiorizzata come naturale (Jensen 1998; Tomei, 2006; Kwastek, 2013), consentirà:

i) agli studenti, che daranno voce alla traccia sonora che accompagnerà le immagini del videospot, di sperimentare in prima persona il senso di poter essere quel filo particolare della rete della vita e il significato di poterne esercitare quella forza costruttiva e non distruttiva essendo stati capaci di raccontare un’altra storia sull’impronta eco-logica dell’uomo;

ii) al pubblico in ascolto di emozionarsi allo sguardo di nuove prospettive che, arricchite di nuovi punti di vista e di nuovi stimoli con cui poter osservare il patrimonio culturale del proprio territorio,  hanno la forza di richiamare a quell’affiliazione emotiva (Wohwill, 1976) che, provocata dall’empatia (Hinds, 2008) è capace di suscitare quei sentimenti di cura che alimentano il desiderio di assumere comportamenti sostenibili (Wilson, 2000) a favore della sua conservazione e con esso la consapevolezza di poter agire (Kaplan et. al., 1983) affinché le condizioni di abitabilità dell’intero pianeta possano essere mantenute e preservate.

Conclusioni

L’educazione al futuro torni ad essere un’educazione a desiderare il mondo e non a temerlo.

(Benasayagh, Schmit, 2004)

Nella difficoltà tutta contemporanea di tracciare una linea di confine tra reale/virtuale, di distinguere, di conseguenza, le esperienze vissute offline da quelle che prendono vita on-line, se è diventato ormai inutile riflettere su questo fenomeno utilizzando le categorie concettuali degli apocalittici e degli integrati di echiana memoria (Eco, 1997), è certamente più utile adottare, piuttosto, la categoria concettuale dell’onlife per comprendere che: viviamo ormai nella dimensione di un’infosfera sempre più sincronizzata, delocalizzata e correlata in cui diventa urgente condurre l’indagine sulle sfide poste dalle tecnologie digitali avviando riflessioni a più ampio raggio che riguardano le modalità attraverso le quali il loro utilizzo può essere considerato come una straordinaria opportunità per migliorare la nostra esperienza di vita e amplificare il nostro impegno per la sostenibilità (Floridi, 2015;2017;2020).

In questa prospettiva, seguendo ancora le riflessioni di Floridi (2017), le tecnologie digitali vanno considerate, allora, come forze ambientali che influiscono su:

i) la nostra auto-concezione (chi siamo);

ii) le nostre interazioni reciproche (come socializziamo);

iii) la nostra concezione della realtà (la nostra metafisica);

iv) le nostre interazioni con la realtà (la nostra agency).

Avendo fatto nostre queste considerazioni, la proposta formativa che abbiamo presentato, dispiegando i termini in cui l’utilizzo del digitale sull’ambiente può amplificare la portata educativa di percorsi formativi che, come il nostro, sono finalizzati a sollecitare la creatività dei giovani per abbreviare i tempi di risposta al cambiamento dei nostri comportamenti in favore della sostenibilità integrata (Meadows, et al., 2004), può essere allora anche letta come una delle modalità formative attraverso cui è possibile educare alla flessibilità e alla creatività del pensiero per ri-strutturare le credenze radicate nei sistemi sociali.

Considerando, infine, che  nell’ambito di questi processi di ri-strutturazione, il fine ultimo è quello di dover imparare a ri-considerare i termini in cui l’uomo è Natura e, per cui, il capitale naturale ha un valore che compendia simbolicamente l’importanza dei processi e delle funzioni degli elementi della natura per la società umana (Ekins et al., 2003), allora ci piace pensare che questa nostra proposta formativa, possa fornire anche un contributo per ri-considerare anche i termini in cui, il valore da attribuire ai nostri giovani studenti non è più da intendere come capitale umano monetizzabile in quanto dotato di mente istruita e braccia qualificate ma da comprendere come risorsa umana creatrice di valore.

Se poi, considerati come tali, i nostri giovani studenti possono scoprire e sperimentare personalmente il senso e il significato di poter essere quel filo particolare della rete della vita, allora sì che la sostenibilità come educazione al futuro potrà cominciare ad essere interpretata, sovvertendo lo storytelling catastrofista, come una meravigliosa opportunità: quella di poter scongiurare la sesta estinzione di massa (Steffen, 2005), proprio attraverso l’esercizio di quella titolarità culturale acquista.

Quest’ultima, consentendo, come argomentato, di attualizzare la trasformazione dell’insieme delle conoscenze e delle rappresentazioni che orientano i comportamenti umani, nascendo dalla condivisione di un percorso empatico all’interno del quale ognuno può lasciare la sua buona e bella traccia, può continuare, dunque, ad ispirare le generazioni future a desiderare un mondo in cui sono ancora la bellezza, l’inclusione e la sostenibilità i valori e i principi che, ri-definendo la nostra natura umana nella relazione bi-univoca con la Natura, possono continuare ad arricchire i luoghi, le pratiche di convivenza, le nostre esperienze di vita in armonia con l’ambiente.

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Vincenza Merlino, Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, Dipartimento di scienze umane, sociali e della salute (vincenza.merlino@unicas.it)

Silvia Mazzeo, Docente di Scuola Primaria, Animatrice digitale (silvia.mazzeo@posta.istruzione.it)

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Bibliografia

1. Aristotele, (2001). L’Anima. Bompiani, Milano.

2. Aristotele, (2007). Politica. Laterza, Bari.

3. Bateson, G. (1972). Steps to an ecology of mind. Collected essays in anthropology, psychiatry, evolution, and epistemology. Jason Aronson Inc. Northvale, New Jersey, London.

4. Bateson, G. (1984), Mente e natura. Un’unità necessaria. Adelphi, Milano.

5. Benasayagh, M., Schmit, G. (2004). L’epoca delle passioni tristi. Feltrinelli, Milano.

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Strumenti e risorse digitali 

Earth Google https://earth.google.com/

MyMaps https://www.google.com/intl/it/maps/about/mymaps/

OpenSource https://opensource.com/

Opendata https://www.dati.gov.it/view-dataset

Umap https://umap.openstreetmap.fr/it/

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L’Articolo è tratto dal volume collettaneo “Culture Digitali. Relazioni, Empatia. Paradigmi della nuova rivoluzione industriale. Ed. STAMEN ISBN 97912810452993.

Si ringrazia l’Editore STAMEN per la gentile concessione alla pubblicazione nella Rivista “Culture Digitali” ISSN 2785-308X.