Su gentile concessione dell’Associazione DiGenova https://digenova.org/
Le Poste Italiane hanno emesso un francobollo per celebrare le donne imprenditrici.
Viviamo in uno strano paese.
Siamo sempre stati una nazione fragile, debole, divisa. Ma, nei nostri secoli migliori, abbiamo generato una serie di possenti personalità, che hanno contribuito a forgiare la civiltà occidentale e quella del mondo intero (inutile che li menzioni, li conosciamo tutti).
Poi, a partire dalla Controriforma, ci siamo trasformati in un paese conformista, retrogrado, nemico del nuovo, fintamente egualitario, in cui nulla si muove, perché ogni mossa doveva essere decisa con “licenza de’ superiori”, e i superiori avevano interesse a non cambiare alcunché.
In questo contesto, chi ha voluto provare a costruire qualcosa di nuovo, istituire industrie, innovare la tecnologia, l’economia e lo stesso modo di vivere di questo paese ha sempre dovuto affrontare fortissime resistenze, al limite della prevaricazione e del boicottaggio. Ancora adesso, la figura dell’imprenditore è percepita da molti, eredi di quella storia e di quella società, come una figura ambigua e sfruttatrice, più un profittatore che un innovatore e un generatore di ricchezza (avete forse notato come, nei serial televisivi, quanti “cattivi” siano imprenditori, pronti al delitto pur di guadagnare? Tantissimi, fateci caso…).
E se poi l’imprenditore è una donna? Tutto quanto sopra detto viene moltiplicato al quadrato. Qui, l’oscurantismo si è scatenato. Si è passati dalle battute di spirito su “quelle che portano i pantaloni” alle lamentazioni ipocrite su “cosa accadrà a quei poveri bambini…”, e così via. Regimi infausti e totalitari, italiani e non, hanno cercato di costringere le donne in casa, lontani dalle professioni, nominati a forza “Angeli del focolare”. E ancora oggi, il mondo è pieno di regimi clericali e retrogradi che sparano alle donne che non vogliono indossare il velo…
Tutto questo non (non più) in Italia. Ma , anche qui, l’ascesa è stata lenta. Chi scrive ricorda, quando era un trentenne, l’alone di meraviglia e di straniamento, quasi fossero esseri giunti da un altro pianeta, che circondava le rare figure di donne a capo di grandi aziende come Marisa Bellisario e Cecilia Danieli. Ed erano gli anni 80. Del XX secolo, non del XIX.
Da un po’ di tempo però, da molto poco, le cose stanno cambiando. Piaccia o no (a molti no), l’ Italia fa parte del Mondo Occidentale. Militiamo nella Premier League. E, se vogliamo rimanere nella Premier League, dobbiamo adeguarci agli standard di efficienza e di comportamento che caratterizzano la Premier League. E l’utilizzo dell’enorme potenziale delle donne ne è una parte fondamentale.
In tutto l’Occidente, il movimento delle donne ha permeato la società, esercitando una spinta possente verso l’uguaglianza di diritti, e estendendosi anche al di fuori del mondo occidentale, evidenziando le contraddizioni di totalitarismi, oscurantismi e clericalismi assortiti. Ovunque, le donne stanno rivendicando i ruoli che la loro intelligenza, la loro volontà, il loro gusto della sfida riservano loro a buon diritto. E anche nel nostro paese, alla fine, la nostra asfittica società si è mossa: bisognava innovarsi o perire. In questo, a parere dello scrivente, un fattore tradizionale del nostro paese si è dimostrato per una volta un punto di forza: la famiglia e il capitalismo familiare. Il fatto che molte aziende fossero proprietà di una famiglia ha reso più semplice accettare che una donna assumesse le redini dell’azienda: dopo tutto, le donne in famiglia sono sempre state importanti…
Ma altre donne, invece, alla famiglia non devono nulla: sono venute su facendo la gavetta, confrontandosi con uomini che spesso, all’inizio, ridevano di loro, e che poi ne hanno dovuto riconoscere il valore, confrontandosi con i fatti e i risultati. Loro sono state le vere portatrici del nuovo.
E oggi, grazie a ciò che la nostra generazione ha fatto, le generazioni che ci seguono hanno, forse, maturato una mentalità diversa, in cui non si fanno, o si fanno meno, distinzioni di genere, permettendo così alle donne, pur tra residue resistenze e difficoltà, di esplicare appieno il loro potenziale.
Nel paese che l’Italia sta diventando, un paese in cui il Premier e il leader del principale partito di opposizione sono entrambi donne, vale la pena di fermarsi un attimo a celebrare il cammino fatto, riflettendo su quello ancora da fare. Questo, forse, può essere il significato di un francobollo: un piccolo marchio, un cippo chilometrico che marca una distanza percorsa su una lunga strada ancora da fare. Ma una strada che si farà. In Italia, ma anche in Iran, in Afghanistan, in Arabia Saudita. Ovunque ci siano spose bambine, donne schiave, ragazze sfruttate nei modi più innominabili. Ci vorrà del tempo, forse molto, ma la libertà e i diritti delle donne arriveranno anche lì. Ne sono certo.
Le donne sono in marcia contro la schiavitù e l’oppressione. E non si fermano.
Tremate.