Diario pesarese di un’ insegnante maldestra o di un’autrice malconcia
di Elisabetta Betty L’Innocente
Abstract
The moment at least seemed extraordinarily fertile. She
rammed a little hole in the sand and covered it up, by way
of burying in the perfection of the moment. It was like a
drop of silver in which one dipped and illumined the
darkness of the past. […] And as she dipped into the blue
paint, she dipped too into the past there. […] She went on
tunnelling her way into her picture, into the past…
(Virginia Woolf, To the Lighthouse, Lighthouse, Mondadori)
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viaggio
sinestesia
ricordo
nostalgia
inquietudine
cinema
didattica
casa
maestri
Pesaro, 23 Giugno 2022
https://www.pesarofilmfest.it/en/program/1078-partire-dal-bambino?fromsearch=1
C’è il festival di Pesaro in corso. E’ estate, fa molto caldo ed io per vicissitudini ed inquietudini varie mi sento un poco come il Kaspar Hauser di Davide Manuli. Del resto, però sono nel posto giusto, a nessuno importerà se arrivo spaesata o stralunata; basta che arrivi. Alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro sono a casa, o forse a scuola. E’ la 58° edizione. Se potessi osare, userei il termine heimat.
Quest’anno sono a Pesaro-temporaneamente- senza Claudio Romano, senza film su premonizioni apocalittiche, senza rancori, sono al Festival per il centenario del Maestro Mario Lodi. Vedrò al cinema l’episodio Partire dal bambino diretto da Vittorio De Seta. Uno dei quattro episodi dello sceneggiato RAI Quando la scuola cambia del 1978. Se sono al Festival devo ringraziare il direttore Pedro Armocida, illuminato e- senza che mi imbarchi in pleonastiche piaggerie- sensibile maestro assieme all’amico- regista raffinato- Mauro Santini. Pesaro mi rende gentile e grata perciò non posso che pensare a parole colme di gentilezza e gratitudine. Lungo questo cammino incontro Pamela Giorgi (INDIRE) che porta sullo schermo, dopo il film di De Seta, un ritratto animato, sensibile e pieno di grazia, su Mario Lodi. Pamela Giorgi sembra arrivare nel contingente attraverso una capsula del tempo. Un tempo distopico che pare onirico. E’ una donna acuta, una ricercatrice instancabile, attenta e minuziosa delle piccole cose. Finalmente incontro Carlo Ridolfi, l’anima della Rete di Cooperazione Educativa. Ho come la sensazione di conoscere Carlo da sempre. Se dovessi scrivere una sceneggiatura fantascientifica, sarebbe un viaggiatore del tempo. Pacioso, posato, come il protagonista del film di fantascienza; un misterioso viaggiatore che viene da un tempo lontano. Ci siamo conosciuti virtualmente ed è stato uno degli incontri più belli di sempre. Il cinema e Mario Lodi ci hanno fatto incontrare ed è grazie a lui se ho potuto partecipare, quest’anno, alla scrittura corale del libro: Mario Lodi albero maestro, edito da Franco Angeli.
https://retedicooperazioneeducativa.org/
Arrivo a Pesaro, sono e l’ho già detto, trafelata. Ritrovo gli amici di sempre, i volti a me noti che mi fanno sentire a casa, sebbene in teoria io una casa vera forse non l’ho mai avuta. In virtù del mio nomadismo abitativo, ho sempre avuto dentro quel senso di spaesamento che mi ha fatto amare Rodari. Ecco perché il posto che sento accogliente, non precario, né posticcio, per me è casa. A ‘casa Pesaro’, ritrovo e riscopro sempre una parte nuova di me e ne lascio andare un’altra. Forse io amplifico le cose, le sensazioni, le dilato fino al parossismo ma così percepisco le cose medesime. O troppo o niente. Ebbene, arrivo e ritrovo, ho detto e mi sono poi persa nei miei stessi bizantinismi.
Lungo la via che porta in hotel conosco di persona Francesco Tonucci.
Francesco Tonucci, sì. La persona a cui devo tantissimo in termini di formazione.
https://www.francescotonucci.it/francesco/biografia
Parlo, mangio, bevo uno spritz, guardo De Seta, scherzo, insieme a Tonucci. Un vero e proprio compagno di avventura. Porto un affanno nel cuore ma davanti ho proprio un monumento della pedagogia. C’è Tonucci. Tutto quello che vorrei chiedergli mi sembra irrisorio, inadatto, futile. Lui è gentile, ci racconta gli aneddoti durante il set del desetiano Diario di un maestro. Quest’uomo ha fatto la storia. Che fortuna ho avuto? Che fortuna ho nell’essere a Pesaro, di nuovo? Da giovane avevo quasi la smania di mostrare i film che scrivevo, di andare ai festival, ma ora, invece, ho piacere di andare al festival per costruire qualcosa che riguardi i nuovi sguardi, per imparare qualcosa in più sui giovani autori, per capire dove va il cinema indipendente ed intercettarlo per portarlo a scuola. In fondo, il cinema degli sguardi giovani, è quello che mi interessa di più. Cosa sarà del cinema che verrà, questo conta davvero per me.
A Pesaro però conosco anche Anna D’Auria. Finalmente. Una donna alta, fiera e molto affabile. Si parla di cinema, si ride, si conversa sulla scuola, sulla pedagogia.
Due giorni a Pesaro sembrano lunghissimi. Eppure sto già per tornare indietro e, come sempre, non voglio tornare. Comunque sono in stazione. Saluto Pamela che, come il personaggio di un anime dello studio Ghibli, vola librandosi fino a Firenze. Mi sembra di vedere anche i suoi canetti che la accompagnano; leggeri si librano tutti nel cielo terso di una vivida estate.
Io ed Anna attendiamo lo stesso treno che ci porta fino ad Ancona, poi da lì ci separiamo.
Anna riceve un messaggio. Piange e mi abbraccia. Le arriva il messaggio del suo pensionamento. Sembra la scena di un film francese. Anche io mi commuovo. Empatizzo perché mi travolge un’onda energetica come in un’animazione di Dragon Ball Zeta. Mi arriva dritta e feroce la sua Kamehameha. E’ un’esperienza cosmica, completamente sinestetica.
Non amplifico anzi semplifico e cerco un nome alle sensazioni e alle suggestioni di quel momento.
Davanti a me ho una donna forte, energica, che ha vissuto e vive il Movimento di Cooperazione Educativa. La sua è una storia nota e necessaria.
Il treno attraversa le filari stanche, le cicale friggono al sole prepotente di fine giugno e dai finestrini delle vetture, sembriamo cadere nel mare. Poi risaliamo come un sottomarino in una colorata lettura pop up. Arriviamo fino al cielo e poi di nuovo ci lanciamo tra le fronde e le filari.
Una rincorsa di verde e d’azzurro inghiotte le nostre parole.
Anna inizia una nuova parte della sua vita, ora che è più giovane e vigorosa di quando ha iniziato. Mi racconta di quando, negli anni ’80, scoprì di aver vinto il concorso pubblico come maestra alla scuola primaria. Lo scopre di domenica perché glielo comunica un’amica e deve cercare il giornale nell’unico bar del paese. Gli anni ‘80 e l’Italia nei bar, nelle pubblicità bislacche alla TV. Nei manifesti elettorali, sui poster accesi con i vermut ammiccanti nei bicchieri quadrati, vicino a telefoni di bachelite; quelli non bianchi. Quelli con le rotelle, con le rondelle, con i lucchetti, a gettoni. Con quello comunicano la notizia ad Anna. Il suo inizio. E davanti a me, alla stazione di Pesaro, mentre attendiamo il regionale che ci riporta ad Ancona, scrolla la chat e legge la notizia del suo nuovo inizio. In mezzo, tra quei due dispositivi, uno analogico ed uno digitale, corre la storia della scuola, dell’individuo, del cinema. In mezzo scorrono le nostre vite e questo incontro fortunato. E questo mio racconto sconclusionato.
Lascio Anna, lascio Pesaro, Tonucci, Mario Lodi, De Seta, Carlo, Pamela, Vanessa Roghi sublimata allo schermo, lascio Mauro e Pedro. Lascio dunque di nuovo Pesaro ed anche io inizio qualcosa di nuovo che senza Pesaro, senza il cinema e senza la scuola non avrei saputo immaginare.
Ci vediamo a Pesaro nel 2023